Diritti del creditore pignoratizio di far suoi i frutti
Normalmente delle cose fruttifere date in pegno (come dell'immobile dato in anticresi : art. 1970 codice attuale ; articoli 188 e 1895 cod. del 1865) intendono le parti che il creditore faccia suoi i frutti civili o naturali imputandoli prima agli interessi e poi al capitale Prima agli interessi e poi al capitale, ovvio essendo diritto del creditore che ogni pagamento sia imputato prima a spese ed interessi (che è il debito almeno psicologicamente più pesante) piuttosto che al capitale : art. 1194. Dato in pegno ad es : un autoveicolo od un'imbarcazione, che non sono cose normalmente fruttifere (è normalmente fruttifera solo se noleggiata a terzi) solo un patto espresso o tacito può consentire al creditore di usare o dare in fitto il pegno, accreditandone il netto ricavo al debitore.
Quando invece il pegno è di cose normalmente fruttifere, trattandosi di contratto di durata (di regoli di più breve durata in materia commerciale che nella civile) già prima ancora dell'art. 2791 si riteneva autorizzato senz'altro il creditore ad appropriarsi dei frutti del pegno. Lo si argomentava dall'obbligo del debitore di imputare a frutti ed interessi ciò che paga, e non ad estinzione del capitale : lo si argomentava dal doversi imputare ad interessi gli interessi del credito dato in pegno ; lo si argomentava dal pegno tacito che è non solo per il debito di capitale ma anche pel debito d'interessi ; lo si argomentava dall'anticresi che garantisce prima gl'interessi e poi il capitale ; lo si argomentava dall'obbligo del creditore di esigere gli interessi del credito datogli in pegno: articoli 1256, 1886, 1888, 1891 cod. civ. del 1865 ; art. 457 cod. com. Queste disposizioni dicono che i frutti naturali o civili della cosa, sono normalmente destinati al servizio degli interessi, frutti della cosa data in pegno e debito d'interessi verso il creditore pignoratizio dovendo normalmente bilanciarsi e chiudere in pareggio, non è verosimile che le parti abbiano inteso privare il creditore del godimento dei frutti la cui maturazione deve coincidere con le scadenze del debito d'interessi.
Del resto non v'è contratto in cui il debitore non cerchi di far coincidere la scadenza del debito colla scadenza di suoi crediti o colla maturazione di frutti civili o naturali su cui fa affidamento per pagare. Il periodo del raccolto è data di scadenza di debiti : come le cambiali scadevano in fiera quando non ancora avevano raggiunto lo sviluppo ed il giro d'af fari che oggi hanno quelle colossali fiere di danaro, di crediti e di titoli che sono la stanze di compensazione ed í plearings per í pagamenti internazionali.
Eccezionalmente qualche statuto (ad es. art. 66 Monte di pietà di Milano) nelle sovvenzioni su pegno di titoli di credito consente che al debitore si rilascino le cedole sei titoli non hanno subito deprezzamento : concessione che si spiega perchè di regola la sovvenzione si fa per importo notevolmente inferiore al valore di stima.
Diritto del c. p. di far sue le estrazioni di titoli soggetti ad estrazioni per premi
Quando l'art. 2791 autorizza il creditore pignoratizio a far suoi i frutti imputandoli prima alle spese ed interessi e poi al capitale, autorizza anche il creditore a far suo tutto ciò che può ricavarsi dalla cosa, ad es. il premio sorteggiato per un buono del tesoro dato in pegno. Non pare possibile negarlo perché le parti intendono separare il pegno, attribuirlo con privilegio a garanzia del creditore pignoratizio : e comunque il premio non sia frutto (specie quando supera notevolmente il capitale medesimo ; ed anzi ne è un multiplo) è incontestabile la volontà delle parti di attribuire al creditore pignoratizio anche il premio, comunque ingente, nei limiti beninteso del debito. Infatti se il creditore pignoratizio consente ad avere in pegno un buono del tesoro avente diritto a premio, evidentemente è presente anche l'alea favorevole dell'estrazione : alea che ha un suo valore di mercato, costituito da quel punto, da quei centesimi o siano pure frazioni di centesimo di cui il corso di mercato o la quotazione di borsa d'un titolo con diritto a premio supera un titolo uguale ma non avente diritto a premio. Se questa speranza vale sia pure una frazione di centesimo, questa speranza è stata favorevolmente valutata dal c. p. che non deve essere deluso nella sua legittima aspettativa : né si fa un torto al debitore che non può pretendere di sottrarre al c. p. un germe affidatogli, e che ha prodotto un frutto cosi raro.
Credo che la questione sia oggi testualmente risoluta dagli articoli 1533 e 1550 pei quali nella vendita di titoli soggetti a estrazione per premi o rimborsi i diritti e gli oneri derivanti dall'estrazione spettano al compratore se la conclusione della vendita è anteriore al giorno stabilito per l’inizio dell’estrazione: e nel riporto (ove in sostanza il riportato è un compratore a termine) spettano al riportato. Gli articoli 1513 e 1550 attribuiscono dunque il premio all’avente causa, sempre che il suo acquisto sia anteriore al giorno stabilito per l’estrazione: l’acquirente – dicono gli artt. 1513 e 1550 – acquista il titolo cum omni causa. Nessun dubbio che il c.p. è avente causa del debitore: ed a favore del c.p. non può non applicarsi il principio generale scritto negli artt. 1533 e 1550.