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Articolo 797 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Garanzia per evizione

Dispositivo dell'art. 797 Codice Civile

Il donante è tenuto a garanzia verso il donatario, per l'evizione che questi può soffrire delle cose donate, nei casi seguenti:

  1. 1) se ha espressamente promesso la garanzia(1);
  2. 2) se l'evizione dipende dal dolo o dal fatto personale di lui(2);
  3. 3) se si tratta di donazione che impone oneri al donatario [793 c.c.], o di donazione rimuneratoria [770 c.c.], nei quali casi la garanzia è dovuta fino alla concorrenza dell'ammontare degli oneri o dell'entità delle prestazioni ricevute dal donante.

Note

(1) La garanzia deve essere stata espressamente prevista, anche in un atto separato rispetto alla donazione, e non può essere desunta implicitamente.
(2) Per dolo si intende la consapevolezza in capo al donante circa l'altruità del bene.
Per fatto personale, invece, si intende un comportamento doloso del donante che faccia venir meno gli effetti dell'atto di liberalità (es. l'alienazione del bene donato prima che il donatario abbia trascritto l'atto in suo favore).

Ratio Legis

Trattandosi di atto di liberalità, la responsabilità del donante per l'ipotesi in cui si verifichi l'evizione è molto ristretta rispetto alle altre ipotesi di trasferimento del bene (cfr. art. 1483 del c.c.).

Spiegazione dell'art. 797 Codice Civile

Un principio generale dei contratti traslativi è quello per cui la garanzia che il venditore deve al compratore ha due oggetti: il primo riguarda il pacifico possesso della cosa venduta; il secondo riflette i vizi o i difetti occulti della medesima. All’efficacia generale di tale principio è posta una deroga per la donazione. Già nel diritto romano il donante non era tenuto a garantire al donatario il pacifico possesso della cosa donata, e così stabilisce anche il codice attuale, ripetendo la norma di quello precedente.
La ragione di questa differenza fra contratto traslativo oneroso e contratto traslativo a titolo gratuito è la seguente: nel primo vi è uno scambio di prestazione e controprestazione, cioè vi è un equilibrio, perlomeno soggettivo, di prestazioni; invece nel secondo il vantaggio è tutto dalla parte del donatario. Se il pacifico possesso della cosa da parte del compratore viene ad essere turbato, l’equilibrio è rotto e l’azione di garanzia tende appunto a ristabilirlo; per le donazioni, invece, questo non occorre, mancando in esse ogni corrispettivo.
Al principio generale dell’irresponsabilità del donante per evizione il codice apporta tassative eccezioni, le quali, peraltro, costituiscono applicazione di principi generali. Infatti, nel caso di cui al n. 1, il donante è tenuto alla garanzia ex pacto; la sua responsabilità, perciò, non deriva dalla legge, ma dalla stessa volontà dell’obbligato. Nel caso previsto al n. 2 l’obbligo deriva ex delicto (come nel caso in cui il donante abbia donato quale propria cosa quella che sapeva aliena), oppure dal fatto personale del donante (se, per esempio, il donante, prima che il donatario abbia trascritto, alieni o doni la stessa cosa ad altri); anche qui la causa della responsabilità del donante dipende da una sua attività (delitto o quasi delitto) in applicazione del principio che ognuno è garante per il fatto proprio. Eccezione non è l’obbligo della garanzia imposta dal n. 3 nell’ipotesi di una donazione modale; il che si comprende se si considera che il fondamento suo va riposto nella necessità di impedire che il donatario, oltre l’aggravio per l’adempimento dell’onere, sopporti anche una perdita, qualora si verifichi l’evizione. Per la donazione remuneratoria, poi, la garanzia imposta al donante si comprende per il fatto che la donazione rappresenta quasi un corrispettivo della prestazione o del servizio reso dal donatario. Questo rilievo ci dà ragione del perché, quando sia ammessa, la garanzia è dovuta fino alla concorrenza dell'ammontare degli oneri o dell’entità delle prestazioni o servigi ricevuti dal donante.
Escludendosi che il donante sia tenuto di regola a garanzia verso il donatario per l'evizione, si esclude, implicitamente, che il donatario possa aver azione contro il donante per il rimborso dei miglioramenti eseguiti sulle cose donate delle quali resti evitto: egli l’avrà verso il rivendicante o chi esercita l’azione ipotecaria, che altrimenti riceverebbero un indebito arricchimento.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

381 Nel nuovo testo (art. 797 del c.c.) ho soppresso il n. 3 della precedente formulazione, inutile ripetizione del secondo comma dell'art. 168 e del primo comma dell'art. 180.

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Anonimo chiede
giovedģ 19/10/2017 - Piemonte
“Scrivo in merito ad un illecito edilizio fatto da V.M. nel 1998 e che la stessa persona trasferendo l'immobile attraverso atto notarile di donazione nel 2004 al fratello G.M. , fa una falsa dichiarazione in merito alla non necessità di sanatoria dell'immobile, invece l'immobile aveva bisogno di sanatoria (il fratello donatario era a conoscenza dell'illecito edilizio nel momento dell'accettazione della donazione). Purtroppo Ho accettato ed ereditato attraverso testamento del donatario nel 2014, questo immobile di cui non sapevo e non mi fu detto nulla dell’illecito edilizio e quindi della necessità di una sanatoria e abitabilità… ne sono venuto a conoscenza oggettivamente solo nel 2015 attraverso l’accesso agli atti e la visione dei progetti urbanistici depositati da V.M. nel 1998 ma anche attraverso una aggressione verbale offensiva fatta nel 2015 dalla figlia di V.M. di cui conservo la registrazione audio e dove all’interno mi viene urlato… < ti blocco la vendita, perché l’immobile non ha abitabilità e perché l’immobile e difforme da quello depositato in comune>… la stessa signora V.M. nel 2016 mi fa arrivare attraverso esposto sopralluogo della polizia urbanistica comunale, la quale constata gli illeciti edilizi.
Successivamente mi sono attivato attraverso la risistemazione progettuale del mio geometra per una richiesta di sanatoria, ottenuta il 27 maggio 2017 e una richiesta di abitabilità presentata il 02 agosto 2017. Tutto questo ha avuto dei costi per me ( parcella del geometra, bolli e sanzione amministrativa).
Tenendo presente che i reati delle false dichiarazioni e dell'illecito edilizio sono prescritti e Potendo dimostrare oggettivamente come già sopra indicato, che ne sono venuto a conoscenza di tutto questo solo nel 2015.

LA MIA DOMANDA E' LA SEGUENTE:
1 ? - Posso chiedere un risarcimento danni nei confronti V.M. per non avere potuto dal 2015 ne vendere o affittare l’immobile?
2 ? - Vicenda contornata e preceduta da tre denunce (archiviate dal P.M. di Bg) fatte una alla signora V.M. e ai due figli maschi per intimidazioni, minacce e offese alla mia persona. Questo potrebbe rientrare ed aggiungersi assieme al punto 1, come eventuale risarcimento morale?
PS. La denuncia da me fatta nel 2016 al figlio e alla signora V.M. era per intimidazioni telefoniche e per un installazione abusiva di un scarico di condizionatore davanti all’ingresso del mio immobile del pianerottolo condominiale, che sono riuscito a far togliere solo attraverso l’intervento di un legale , sostenendo altre spese di cui non sono stato risarcito, ma potrebbero rientrare anche queste nella mia domanda del punto 1 ?.
In attesa di una cortese e gradito parere legale alla presente richiesta, un cordiale saluto di buon lavoro.”
Consulenza legale i 26/10/2017
Gli abusi edilizi realizzati sull’immobile oggetto del quesito, da quel che è noto, erano sanabili ed, infatti, sono stati tutti regolarizzati.
In questi casi, per i quali è possibile regolarizzare la posizione urbanistica dell’immobile, facendosi carico di determinati adempimenti e pagamenti, si parla di evizione cd. limitativa (art. 1489 c.c.), poiché il bene è gravato da oneri e diritti reali o personali - non apparenti - che ne diminuiscono il godimento, oneri, che però non minano quantitativamente l’acquisto del diritto di proprietà (evizione strictu sensu).

E proprio con riguardo all’evizione cd. limitativa, l’art. 1489 c.c. garantisce all’acquirente dell’immobile gravato da oneri o diritti di godimento altrui, che non ne abbia avuto conoscenza prima, il diritto di domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo.

Con riguardo alla mancanza di certificato di abitabilità, invece, addirittura la giurisprudenza di legittimità ha sancito che ricorre un’ipotesi di vendita aliud pro alio, ovverosia la vendita di un bene diverso da quello pattuito: la dichiarazione di abitabilità costituisce un requisito fondamentale dell’immobile venduto o promesso in vendita, perché solo così l’immobile può «assolvere una determinata funzione economico sociale e quindi a soddisfare in concreto i bisogni che hanno indotto l’acquirente ad effettuare l’acquisto» (Cass. n. 2294/2017).

Dunque nel caso mancasse il certificato di abitabilità, l’acquirente potrà richiedere l’adempimento o la risoluzione contrattuale, ed a norma dell’art. 1453cc c.c., potrà altresì proporre anche l’azione di risarcimento del danno per inadempimento.

Tuttavia nel caso specifico non si tratta di una compravendita ma di una donazione, la cui causa è gratuita e dunque la disciplina che attiene all’evizione, ai vizi della cosa compravenduta o alla vendita aliud pro alio, non possono trovare diretta applicazione dal momento che al diminuito valore del bene non corrisponde una controprestazione - il pagamento del corrispettivo –che renderebbe plausibili tali rimedi.

In particolare, con riguardo alla garanzia per evizione, in base a quanto previsto dall’art. 797c.c. il donante è tenuto “verso il donatario, per l'evizione che questi può soffrire delle cose donate, nei casi seguenti: 1) se ha espressamente promesso la garanzia;2) se l'evizione dipende dal dolo o dal fatto personale di lui; [omissis]”.

Dunque occorrerebbe analizzare il contratto di donazione per verificare se espressamente è ivi prevista la garanzia. Oppure verificare se il donante ha agito con dolo, da intendersi ivi quale consapevolezza di donare un immobile onerando il donatario degli oneri o dei diritti di terzi che sul medesimo gravano.
In ogni caso, la responsabilità è del suo dante causa, il donante G.M. e non certo dell’originario proprietario V.M., e quindi l’azione per il risarcimento del danno non è imputabile a quest’ultimo e può essere promossa solo nei confronti di G.M. .

Invero qualora fosse erede del G.M., potrebbe sì agire per sentir dichiarare la responsabilità del V.M. e quindi il diritto ad essere risarcito del danno quale successore del de cuius in tutti i rapporti giuridici facenti capo al medesimo, ma la domanda sarebbe comunque rigettata perché prescritta e perché G.M. era consapevole degli abusi edilizi.

Va da sé che dunque che anche gli ulteriori fatti non possono rientrare nella vicenda innanzi descritta.
Tuttavia ogni comportamento illecito, in base al disposto di cui all’art.2043 c.c., che abbia generato un danno può essere fonte di responsabilità per chi lo ha commesso. Dunque se riesce a provare il danno subìto a seguito dell’installazione del condizionatore, ovvero il danno patito a causa delle intimidazioni telefoniche della sig.ra V.M., potrà esperire autonoma domanda per sentirla condannare al risarcimento.