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Articolo 774 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Capacità di donare

Dispositivo dell'art. 774 Codice Civile

Non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni(1) [2, 394, 424, 427 c.c.]. È tuttavia valida la donazione fatta dal minore e dall'inabilitato [776, 785 c.c.] nel loro contratto di matrimonio a norma degli articoli 165 e 166(2).

Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato autorizzato all'esercizio di una impresa commerciale(3)[397, 2195 c.c.].

Note

(1) Solo chi è capace di agire, può validamente disporre per donazione. Sono, di conseguenza, esclusi gli interdetti, gli inabilitati e i minori, anche se emancipati e autorizzati all'esercizio dell'impresa.
(2) Si tratta delle donazioni tra fidanzati o tra coniugi contenute in una convenzione matrimoniale (v. art. 159 del c.c.), della comunione convenzionale (v. art. 210 del c.c.), dell'atto di costituzione di fondo patrimoniale (v. art. 167 del c.c.) e dell'atto di separazione dei beni (v. art. 215 del c.c.).
(3) Per i minori emancipati la possibilità di compiere donazioni è riconosciuta esclusivamente nell'ambito di una convenzione matrimoniale.

Ratio Legis

Posto che la donazione può comportare in capo al donante un enorme sacrificio economico, si ritiene preferibile limitare la possibilità di compiere tale atto solo in favore dei soggetti che hanno la capacità di agire.

Brocardi

Cuius est donandi, eidem et vendendi et concedendi ius est
Habilis ad nuptias habilis ad pacta nuptialia

Spiegazione dell'art. 774 Codice Civile

Una volta affermata la natura contrattuale della donazione non si poteva, senza un’evidente contraddizione, identificare la capacità di far donazione con quella di far testamento, come stabiliva l’art. #1052# del codice precedente. Si spiega, così, la norma dell’articolo in esame, la quale risponde al principio comune in materia contrattuale che la capacità è la regola, l’incapacità l’eccezione.
Per la donazione è richiesta la piena capacità di disporre dei propri beni, il che si comprende riflettendo sull’effetto dispositivo dell’atto di liberalità. Pertanto non possono donare: il minore, gli interdetti per infermità di mente e quelli legali, gli inabilitati. Si tratta, in questi casi, di incapacità personali (salvo il caso dell’interdetto per causa di pena, per il quale si pone un divieto giustificato da un principio di ordine pubblico): pertanto, la donazione fatta da un incapace è annullabile e può essere convalidata solo quando il donante diviene capace o da chi lo rappresenta o lo assiste.
Un’eccezione all’incapacità a donare è posta dall’art. 774 nei riguardi del minore e dell'inabilitato, ai quali è riconosciuta la capacità di donare nel contratto di matrimonio. In tal modo si stabilisce, come già nell’art. #1336# del vecchio codice del 1865, un’estensione della capacità del minore e dell’inabilitato dai rapporti personali di famiglia ai rapporti patrimoniali familiari; è, in sostanza, la stessa capacità che, abilitando alla celebrazione del matrimonio, abilita anche alle convenzioni matrimoniali, secondo il noto brocardo: habilis ad nuptias, habilis ad pacta nuptialia. La validità di una tale donazione, quasi accessoria al contratto di matrimonio ed a questo subordinata nello scopo e negli effetti, è condizionata, da un lato, all’osservanza delle norme sostanziali e formali per essa dettate nel libro I e, dall’altra, al fatto che deve trattarsi del matrimonio dell'incapace; in tal senso inducono a ritenere, oltre un’ovvia considerazione, anche il termine “loro” che si legge nell'articolo in esame, il quale esclude che l’incapace possa donare sia in occasione del suo matrimonio a favore di persona che non sia l’altro sposo o della prole nascitura, sia in occasione di matrimonio altrui.
L’eccezione appena considerala riflette solo i minori e gli inabilitati; ne sono eccettuati gli interdetti per infermità di mente (per i quali, in verità, non si pone neppure la relativa questione, poiché ad essi è vietato contrarre matrimonio) e gli interdetti legali, anche se abilitati a contrarre matrimonio, poiché il codice penale applica all’interdizione legale, per ciò che concerne la disponibilità, l’amministrazione dei beni e la rappresentanza degli atti ad essi relativi, le norme della legge civile sull'interdizione giudiziale.
Vi è, poi, un'ulteriore eccezione, quella relativa al minore emancipato che sia commerciante: il comma 2 espressamente prevede che anche questo soggetto possa donare. La maggior parte della dottrina, infatti, ritiene che la donazione possa, per le sue circostanze e finalità particolari, essere considerata un atto di commercio (e può aver tale carattere, ad esempio, nel caso in cui sia fatta a scopo di pubblicità o per acquisire clientela), e dunque essa è consentita anche al minore autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale.
L’art. 774 non parla della capacità a donare delle persone giuridiche, il che significa che per queste vige la regola generale della capacità; il che non sembra dubbio. Anzi, vi è tutta una categoria di enti il cui scopo principale è appunto quello di fare delle donazioni, sia a titolo di carità che di premio alle virtù, di incoraggiamento alle ricerche, alle scienze, ecc. Devono, però, ritenersi sempre salve, nei confronti delle persone giuridiche, le norme abilitative contenute, a tal fine, in leggi speciali. Il precisare, poi, i limiti entro cui le persone giuridiche possono fare donazione è problema che trova la sua soluzione non in precetti generali di legge, ma nelle norme che i singoli enti pongono nell’atto costitutivo o nello statuto per disciplinare in concreto le attività che i loro organi direttivi devono svolgere.
In quale momento deve richiedersi la capacità a donare? In quello in cui la donazione è fatta o nell’altro in cui è accettata? La questione si risolve tenendo presenti le regole che disciplinano la formazione di un contratto: poiché la capacità del proponente deve esistere nel momento in cui dichiara la sua volontà all’altra parte e persistere anche quando egli riceve notizia della volontà di quest’ultima, si deve concludere che se i due momenti - proposta ed accettazione della donazione - non sono contestuali, la capacità del donante, che deve esistere nel primo momento, deve persistere anche in quello in cui egli viene a conoscenza dell’accettazione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 774 Codice Civile

Cass. civ. n. 6079/2020

L'amministrazione di sostegno si configura come cd. sostitutiva o mista, laddove presenta caratteristiche affini alla tutela, poiché l'amministrato, pur non essendo tecnicamente incapace di compiere atti giuridici, non è comunque in grado di determinarsi autonomamente in difetto di un intervento, appunto sostitutivo ovvero di ausilio attivo, dell'amministratore; viene, invece, definita amministrazione puramente di assistenza quando si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l'ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione. Ne discende che, nel caso dell'amministrazione di mera assistenza, il beneficiato è pienamente capace di disporre del suo patrimonio, anche per testamento e con disposizione in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti, amministratore e beneficiato, sussistano vincoli di parentela di qualsiasi genere, o di coniugio, ovvero una stabile condizione di convivenza. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 20/02/2017)

Cass. civ. n. 12460/2018

In tema di amministrazione di sostegno, il giudice tutelare può prevedere d'ufficio, ex artt. 405, comma 5, nn. 3 e 4, e 407, comma 4, c.c., sia con il provvedimento di nomina dell'amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà. Infatti - esclusa la possibilità di estendere in via analogica l'incapacità di testare, prevista per l'interdetto dall'articolo 591, comma 2, c.c., al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, ed escluso che il combinato disposto degli articoli 774, comma 1 e 411, commi 2 e 3, c.c., non consenta di limitare la capacità di donare del beneficiario - la previsione di tali incapacità può risultare strumento di protezione particolarmente efficace per sottrarre il beneficiario a potenziali pressioni e condizionamenti da parte di terzi, rispondendo tale interpretazione alla volontà del legislatore che, con l'introduzione dell'amministrazione di sostegno, ha voluto realizzare un istituto duttile, e capace di assicurare risposte diversificate e personalizzate in relazione alle differenti esigenze di protezione.

Cass. civ. n. 18449/2015

La capacità giuridica delle società, in mancanza di specifiche limitazione stabilite dalla legge, è generale, sicché possono porre in essere qualsiasi atto o rapporto giuridico, inclusa la donazione, ancorché esuli od ecceda od, anche, tradisca lo scopo lucrativo perseguito, dovendosi ritenere che l'oggetto sociale costituisca solamente un limite al potere deliberativo e rappresentativo degli organi societari, la cui violazione non determina la nullità dell'atto, né la sua inefficacia, ma, eventualmente, la responsabilità degli amministratori che lo hanno compiuto.

Cass. civ. n. 4728/2008

Il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno «spossessamento attenuato» in quanto conserva, oltre ovviamente alla proprietà (come nel fallimento), l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all'esecuzione del concordato. In particolare, nel concordato con cessione dei beni, la legittimazione a disporne viene attribuita al commissario liquidatore, che agisce in una veste generalmente qualificata come di mandatario dei creditori, mentre il debitore in ogni caso mantiene (oltre che la proprietà dei beni) la legittimazione processuale, mancando nel concordato una previsione analoga a quella dettata dall'art. 43 legge fall. per il fallimento. Ne consegue che, come il debitore è parte in senso sostanziale di tutti gli atti che concernano il suo patrimonio, così lo rimane anche per i rapporti tributari, che pertanto a lui fanno direttamente capo, e sui quali è legittimato processualmente a interloquire. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, rilevando che nel giudizio di primo grado, aperto su ricorso presentato da liquidatore, legittimato in quanto agente nella veste qualificata di mandatario dei creditori, non era stato integrato il contraddittorio nei confronti del debitore).

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