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Articolo 215 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Separazione dei beni

Dispositivo dell'art. 215 Codice Civile

(1)I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio.

Note

(1) L'articolo è stato così sostituito dall'art. 83 della L. 19 maggio 1975 n. 151.

Brocardi

Separatio bonorum

Spiegazione dell'art. 215 Codice Civile

Il regime di separazione operava ipso iure al momento del matrimonio, sino alla riforma del 1975. Ora si attua mediante dichiarazione dei coniugi, che non ha valore negoziale essendone gli effetti predeterminati dalla legge, anche nell'atto di celebrazione del matrimonio (civile o concordatario) ex art. 162 del c.c..
Le parti possono accedere a tale tipo di regime patrimoniale attraverso una convenzione, ma anche in forza di legge per effetto del provvedimento che determina lo scioglimento della comunione, quali la dichiarazione di assenza, la separazione (tanto giudiziale quanto consensuale) dei coniugi, e la dichiarazione di fallimento.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 215 Codice Civile

Cass. civ. n. 17175/2020

I coniugi in regime di comunione legale, al fine di effettuare l'acquisto anche di un solo bene in regime di separazione, sono tenuti a stipulare previamente una convenzione matrimoniale derogatoria del loro regime ordinario, ai sensi dell'art. 162 c.c., sottoponendola alla specifica pubblicità per essa prevista, non essendo, per converso, sufficiente una esplicita indicazione contenuta nell'atto di acquisto, posto che questo non viene sottoposto alla pubblicità delle convenzioni matrimoniali, unico strumento che conferisce certezza in ordine al tipo di regime patrimoniale cui sono sottoposti gli atti stipulati dai coniugi.

Cass. civ. n. 4031/1985

Con riguardo all'acquisto di un bene immobile, effettuato da uno dei coniugi, a suo nome, prima della riforma del diritto di famiglia introdotta dalla L. 19 maggio 1975, n. 151, il diritto di comproprietà dell'altro coniuge, per quota uguale, può essere riconosciuto qualora risulti la ricorrenza di una comunione universale dei beni, secondo la previsione degli allora vigenti artt. 215, 230 c.c., tenuto conto che la costituzione di tale comunione, riconducibile anche ad un'intesa tacita dei coniugi medesimi, implica ipso iure la caduta in comproprietà dei successivi acquisti effettuati dal singolo compartecipe, con la sola esclusione di quelli espressamente contemplati dall'art. 217 (vecchio testo) c.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 215 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

V. S. chiede
giovedì 25/07/2024
“Desidero sapere, dettagliatamente, se la moglie può richiedere parte di una vincita milionaria, vinta dal marito, essendo la coppia in "regime di separazione dei beni".
Colgo l'occasione per inviarvi cordiali saluti”
Consulenza legale i 27/07/2024
Come sappiamo, il regime patrimoniale legale della famiglia, ovvero quello che si instaura in automatico per effetto del matrimonio, è rappresentato dalla comunione dei beni, per effetto della quale - e con le eccezioni stabilite dalla legge - i beni acquistati dai coniugi durante il matrimonio si considerano di proprietà comune.
In alternativa alla comunione legale, però, i coniugi possono scegliere, al momento delle nozze o successivamente, il diverso regime della separazione dei beni.
Quest’ultimo, ai sensi dell’art. 215 c.c., comporta che ciascun coniuge conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio.
Tale regola vale per tutti gli acquisti compiuti in costanza del rapporto matrimoniale e, quindi, non vi è motivo per non estenderla alle vincite di gioco, che rimangono di proprietà del coniuge che le ha ottenute, ovviamente con denaro proprio e non anche della moglie o del marito.

E. P. chiede
venerdì 15/09/2023
“Buongiorno,
sono coniugata in regime di comunione dei beni, stavo valutando di fare la separazione dei beni e vorrei sapere se il cambio di regime ha effetti sulla reversibilità della pensione. Ossia in caso di morte di uno dei coniugi l'altro ha diritto di percepire la reversibilità della pensione anche in regine di separazione dei beni?”
Consulenza legale i 20/09/2023
La separazione dei beni è uno dei regimi patrimoniali della famiglia, previsti dal codice civile.
Ora, il regime patrimoniale “legale”, che si applica se i coniugi non manifestano una diversa volontà, è quello della comunione dei beni, ovvero della comproprietà dei beni acquistati durante il matrimonio.
Scegliendo, invece, il regime della separazione dei beni (com’è noto, la scelta può essere effettuata anche in un momento successivo al matrimonio), i coniugi decidono di comune accordo che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio (così dispone l’art. 215 c.c.).
Tale scelta, tuttavia, non ha alcuna conseguenza sulla spettanza della pensione di reversibilità in caso di morte di uno dei coniugi; tra l’altro, basti pensare che la reversibilità spetta anche al coniuge separato e, in presenza di taluni presupposti, al coniuge divorziato.

N. M. chiede
venerdì 25/03/2022 - Toscana
“Sono sposata in separazione dei beni e ho due bambini gemelli di 3 anni.
Ogni mese ho spese per circa il 100% del mio stipendio tra benzina, beni primari per i bambini e spesa alimentare.
Lavoro a tempo pieno (da 30 a 36 ore a sett.). Curo la casa da sola al 100%.
Quando non lavoro mi occupo dei bambini da sola.
Mio marito paga le bollette, qualche acquisto sporadico dei bambini, mi solleva dall'accudimento dei figli poche ore al mese di domenica.
Il mio reddito non basta a coprire le spese così come sono impostate e, occupandomi da sola dei figli, non ho la possibilità materiale di avere un altra occupazione per aumentare le mie entrate.
Chiedo se e quali richieste posso avanzare a mio marito per avere maggiore contributo economico. Lui lavora come dipendente presso ditta della sua famiglia (genitori e fratelli), per cui ha stipendio da operaio e disponibilità da imprenditore.

Inoltre stiamo per cambiare casa , immobile di proprietà dei suoceri. Avrei valutato di comprare mobili per circa 20.000 euro, come posso gestire la cosa per avere un eventuale rimborso in caso di separazione?”
Consulenza legale i 31/03/2022
Ai sensi dell’art. 143 c.c., “con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri”: tra tali diritti/doveri vi è anche quello alla contribuzione ai bisogni della famiglia, cui “entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo”.
In presenza di figli, inoltre, l’art. 147 c.c. impone ai coniugi non solo di mantenere i figli, ma altresì di occuparsi della loro istruzione ed educazione nonché di assisterli moralmente, “nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”.
Ci preme sottolineare tale aspetto perché, stando a quanto riferito nel quesito, il marito, oltre a fornire alla famiglia un apporto economico inadeguato (pur avendo la possibilità di contribuire in misura maggiore), non sarebbe molto presente neppure nella gestione domestica e nella cura dei figli.
I diritti e doveri endofamiliari, invece, non sono esclusivamente di natura economica: lo stesso art. 143 c.c. obbliga i coniugi alla reciproca assistenza morale e materiale e alla collaborazione nell'interesse della famiglia.
Pertanto, appare chiaro che, nel nostro caso, eventuali richieste, rivolte al marito, di un maggiore impegno, sia sul piano economico che della collaborazione familiare e dell’accudimento dei figli, risulterebbero pienamente giustificate.
Naturalmente non è possibile quantificare in questa sede le maggiori richieste economiche, poiché occorrerebbe conoscere nel dettaglio sia i redditi di ciascuno che l’ammontare delle spese effettivamente sostenute. Il consiglio è naturalmente di tentare la strada di un accordo tra le parti, salvo rivolgersi ad un legale qualora il coniuge persista nel proprio atteggiamento scarsamente collaborativo.
Ricordiamo, inoltre, che, rispetto agli obblighi nei confronti della prole, ai sensi dell'art. 316 bis c.c. “i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo”.
La norma prevede anche che, in caso di inadempimento di uno dei genitori, il presidente del tribunale possa ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore.
Quanto all’acquisto dei mobili per la nuova casa, va ricordato che, se il regime patrimoniale della famiglia è quello della separazione dei beni, ciascuno dei coniugi conserva la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio (art. 215 c.c.). Naturalmente, è necessario conservare la documentazione che ne provi l’acquisto.
Bisogna anche tenere presente che, in caso di separazione, il giudice adotterà un provvedimento di assegnazione della casa familiare, ovvero stabilirà a quale dei coniugi spetti il godimento della stessa (a prescindere dal titolo di proprietà), sulla base del criterio prioritario dell’interesse dei figli. L’assegnazione della casa familiare comprende, di regola, anche i mobili e gli arredi, che quindi non potranno essere asportati dal coniuge proprietario. Data la situazione descritta nel quesito, tuttavia, appare improbabile che la casa familiare possa essere assegnata al marito.