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Articolo 529 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Obblighi del curatore

Dispositivo dell'art. 529 Codice Civile

(1)Il curatore è tenuto a procedere all'inventario dell'eredità [769 c.p.c.](2), a esercitarne e promuoverne le ragioni, a rispondere alle istanze proposte contro la medesima(3), ad amministrarla, a depositare presso le casse postali o presso un istituto di credito designato dal tribunale il danaro che si trova nell'eredità o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili, e, da ultimo, a rendere conto della propria amministrazione [531 c.c., 263, 782 c.p.c.](4).

Note

(1) L'articolo è stato così modificato ai sensi dell'art. 144, D. Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado).
(2) L'inventario va redatto in conformità alle disposizioni degli articoli 769 ss. del c.p.c. al fine di determinare l'esatto ammontare del patrimonio ereditario al momento della nomina e per stabilire, al cessare dell'incarico, la sussistenza di eventuali responsabilità del curatore.
(3) Il curatore ha la legittimazione attiva e passiva dell'eredità. Rientra tra i suoi compiti quello di rappresentare in giudizio le ragioni dell'eredità. Le sentenze pronunciate nei suoi confronti hanno efficacia di giudicato anche nei confronti dell'erede.
(4) Al termine del suo incarico, il curatore deve procedere con il rendiconto. Il giudice può fissare a tal fine un termine e può revocare e sostituire il curatore.

Ratio Legis

Il curatore ha il compito di tutelare le ragioni dell'eredità nel tempo che intercorre tra l'apertura della successione e l'accettazione dell'eredità. L'articolo in commento stabilisce quali siano gli obblighi del curatore, assicurando agli interessati i necessari strumenti di controllo sull'operato di questi.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

256 Mi è sembrato necessario integrare le disposizioni dell'art. 529 del c.c., relative agli obblighi del curatore, con delle norme sul pagamento dei debiti ereditari. A tal fine ho stabilito nell'art. 530 del c.c. che il curatore provvede a pagare i creatori e i legatari man mano che si presentano, sempre però previa autorizzazione del pretore; ma, se vi è opposizione da parte di creditori o legatari, si procede a una liquidazione dell'eredità con le stesse regole stabilite per la liquidazione dell'eredità beneficiata. L'analogia delle situazioni nell'ipotesi dell'eredità giacente e in quella dell'eredità accettata con beneficio d'inventario, dal punto di vista dei creditori ereditari, giustifica pienamente che si adottino i medesimi criteri per il pagamento dei debiti ereditari. S'intende, però, che la liquidazione iniziata dal curatore si interrompe, se il chiamato accetta puramente e semplicemente, e che sarà continuata dall'erede, se il chiamato invece accetta col beneficio d'inventario. Per ragioni di coordinamento col n. 4 dell'art. 372, infine, ho disposto che il denaro esistente nell'eredità sia depositato presso casse postali o presso altri istituti di credito designati dal pretore.

Massime relative all'art. 529 Codice Civile

Cass. civ. n. 39/2015

Il curatore dell'eredità giacente, pur non essendo rappresentante del chiamato all'eredità, è legittimato attivamente e passivamente, ai sensi dell'art. 529 cod. civ., in tutte le cause che riguardano l'eredità medesima.

Cass. civ. n. 16428/2009

Il curatore dell'eredità giacente, pur non essendo rappresentante del chiamato all'eredità, è legittimato sia attivamente che passivamente in tutte le cause che riguardano l'eredità, anche quando sia venuta meno la situazione di giacenza, per l'adempimento degli obblighi che attengono al periodo di gestione dell'eredità. Non può quindi considerarsi inesistente la notifica al curatore del ricorso per cassazione proposto dall'Agenzia dell'Entrate in un giudizio avente ad oggetto l'adempimento di obblighi di natura fiscale sorti durante il periodo di giacenza, anche se, dopo la pronuncia della sentenza di appello, sia intervenuta l'accettazione dell'eredità da parte dell'erede.

Cass. civ. n. 5334/2004

Poichè, ai sensi dell'art. 529 c.c., il Curatore dell'eredità giacente, seppure non è un rappresentante in senso proprio del chiamato all'eredità, è legittimato sia attivamente che passivamente in tutte le cause che riguardano l'eredità e il cui svolgimento rientra negli scopi che la sua attività è destinata a realizzare in rapporto agli interessi che ne rappresentano il presupposto, costituisce valido atto interruttivo del decorso della prescrizione l'atto di citazione notificato – in una controversia relativa a diritti ereditari – al Curatore dell'eredità giacente.

Cass. civ. n. 7076/1990

Il curatore dell'eredità giacente è legittimato a subentrare nei rapporti processuali pendenti, a tutela dell'eredità, fino al momento in cui il chiamato all'eredità, che non è nel possesso dei beni ereditari, dichiari di accettarla, e senza che l'efficacia retroattiva di detta accettazione incida sulla legittimazione ad causam esercitata medio tempore dal curatore.

Cass. civ. n. 727/1969

Il curatore dell'eredità giacente dispone di poteri originari e autonomi, che sono più ampi di quelli conferiti al semplice chiamato alla eredità, e che non incontrano se non quei limiti che sono espressamente stabiliti dalla legge o che risultano indirettamente dagli scopi che la sua attività è destinata a realizzare in rapporto agli interessi che ne costituiscono il presupposto. Il curatore dell'eredità giacente può pertanto esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari.

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Consulenze legali
relative all'articolo 529 Codice Civile

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Anonimo chiede
giovedì 30/01/2025
“Spett.le Brocardi.it.

Parere in materia di diritto ereditario.

In premessa:
“Mario”: padre di Carlo e nonno di Roberto
“Carlo”: figlio di Mario e padre di Roberto
“Roberto”: nipote di Mario e figlio di Carlo.

Il de cuius “Mario”, con testamento, ha legato in sostituzione di legittima il diritto di abitazione di un appartamento e il diretto d’uso del pertinente garage (diritti reali perpetui) al figlio “Carlo”, il quale era convivente in tale appartamento con il defunto padre “Mario”.

Il beneficio dei suddetti diritti reali si estendeva, come da testamento, anche in relazione agli arredi e quant’altro (beni mobili) presente nell’abitazione, seppure indicati in modo generico.
Inoltre, con lo stesso testamento, “Mario” ha contestualmente assegnato la nuda proprietà dei suddetti immobili al nipote Roberto nonché figlio di “Carlo”.

Carlo muore, e al momento del decesso risiedeva nell’immobile di cui era beneficiario dei suddetti diritti di abitazione (appartamento) e d’uso (garage).
Di conseguenza, il nipote Roberto, dal moneto della morte del padre Carlo, diveniva automaticamente pieno proprietario dei due suddetti immobili.

Roberto, che risiede in altra città, ha dichiarato la rinuncia all’eredità del padre Carlo, il quale viveva da solo e il cui patrimonio consisteva di soli debiti.

In sede di rinuncia all’eredità, Roberto ha ulteriormente dichiarato, come ritenuto di fatto, di non essere in possesso dei beni ereditari del defunto padre Carlo.

Un creditore del defunto padre Carlo, ha chiesto al Tribunale competente la nomina di un Curatore dell’eredità giacente, istanza accolta dal Tribunale.

Come noto, il Curatore deve, in primo luogo, compiere l’inventario dei beni ereditari, che deve essere effettuato presso il domicilio della persona del cui patrimonio si tratta ,e deve comprendere (anche) tutto ciò che viene rinvenuto nella sua abitazione ed il rispettivo valore ex art. 775 comma 2 c.p.c.
L’art. 770 numero 1, c.p.c. prevede che quando all'inventario deve procedere un notaio, il cancelliere gli consegna, ritirandone ricevuta, per quanto qui interessa: - 1) le chiavi da lui custodite a norma dell'articolo 756 c.p.c.
Inoltre, il Curatore deve Verificare dell’effettiva sussistenza dei presupposti di legge per aprire un procedimento di eredità giacente, ovvero verificare la sussistenza o mento di un accettazione tacita dell’eredità.
In base a delle “linee guida in materia di curatela dell’eredità giacente” dal sito di un Tribunale, leggo che è considerata accettazione dell’eredità, anche il chiamato che abbia disposto di indumenti personali del defunto, (v. Cass. 15 maggio 1944, in Rep. Foro it., 1943-1945, c. 140).
Alla luce di quanto esposto, chiedo con quale diritto il Curatore può ottenere le chiavi per accedere all’abitazione del figlio e non del de cuius, al fine dell’ispezione per verbalizzare l’inventario dei beni mobili in esso contenuto al fine di ad aprire cassetti, armadi, scatole, valigie, ad esaminare documenti, dando un puntuale ed analitico riscontro di tutti i beni e documenti rinvenuti, badi bene, non sull’immobile di proprietà o in locazione del de cuius ma di proprietà del rinunciante all’eredità, figlio.
Ritengo che il giudice civile non può ordirne l’accesso coattivo per permettere l’ispezione a riguardo dell’esistenza di beni mobili ereditari da parte del curatore (richiedente) nell’abitazione del figlio.
Si chiede, se il Curatore possa in via presuntiva ritenere sussistente l’accettazione tacita del figlio poiché essendo il padre residente e domiciliato in tale abitazione, non può non sussistere la presenza di beni ereditari.
Analogamente, è come se il Custode volesse chiedere al locatore di avere le chiavi dell’abitazione dove risiedeva il de cuius per l’inventario, in un momento in cui il contratto di locazione fosse cessato a seguito della morte del locatario, e magari, nel corso della procedura, l’immobile fosse stato pure locato a terze persone.
Allo luce di quanto esposto si ritiene se sia superata la presunzione di possesso di beni mobili ereditari nell’abitazione del figlio utilizzata dal padre.

Inoltre, si chiede se il Curatore, al fine di soddisfare quanto richiesto dall’art. 2697 c.c. circa la prova della presunta accettazione tacita data dalla residenza e domicilio del padre propriamente nell’abitazione di proprietà del figlio, ha il diritto almeno a farsi aprire tale abitazione per ispezionarla a riguardo il compimento dell’inventario, e se il figlio può opporsi a tale richiesta ritenendola illegittima.

Si precisa tra l’altro che, la norma prevede la violazione dell’art. 485 c.p.c. per il possesso dei beni ereditari e non dei beni del defunto, che in tal caso sono definiti come beni donati in vita dal padre di modico valore (ex art. 783 c.c.) come abiti, suppellettili ecc.
In sostanza, la fattispecie è: “Io, padre cedo/dono a te figlio, i beni mobili lasciati nell’abitazione, a seguito della mia morte, affinché tu possa smaltirli a tue spese”.
In altri termini, il padre ha ceduto specificamente beni mobili (presenti nell’abitazione) di infimo valore, ritenendo che fosse più conveniente liberarsene senza ulteriori formalità piuttosto che smaltirli.
Per tali ragioni, il figlio ha ritenuto corretta la dichiarazione di rinuncia all’eredità, unitamente alla dichiarazione di non essere in possesso di beni ereditari, in quanto ha ritenuto per i motivi suddetti, che tali beni mobili presenti nell’abitazione non facessero parte dell’asse relitto.

In conclusione, al fine di superare qualsiasi incertezza, è comunque consigliata una scrittura privata con data certa, in cui il padre dichiara di donare i suoi beni mobili presenti nell’abitazione e nel garage dove è residente e domiciliato in forza dei suddetti diritti reali ?

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 03/02/2025
Il primo aspetto che occorre esaminare è quello della rinuncia all’eredità, istituto giuridico in relazione al quale ci si pone il dubbio se sia necessario o meno procedere alla redazione dell’inventario.


Secondo un primo orientamento, infatti, sarebbe possibile rinunciare all’eredità solo dopo aver redatto l’inventario dei beni ereditari.
In contrario ci si chiede a che titolo colui che ha intenzione di rinunciare ad un’eredità debba prima eseguire l’inventario, tenuto conto, peraltro, del fatto che l’art. 521 del c.c., nel disciplinare gli effetti della rinuncia all’eredità, non prevede alcuna formazione preventiva di inventario o altri specifici adempimenti.


Piuttosto, sembra più corretta la tesi secondo cui il fondamento della necessità dell’inventario, anche in caso di rinunzia all’eredità, debba individuarsi nel disposto di cui all’art. 485 del c.c., nella parte in cui è detto che il chiamato all’eredità, quando a qualsiasi titolo si trova nel possesso dei beni ereditari, deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità.
La ratio della norma appare più che evidente: impedire che il chiamato all’eredità possa appropriarsi dei beni di cui ha la disponibilità materiale in danno dei creditori dell’eredità, rischio che va evitato sia in caso di accettazione che di rinunzia all’eredità del chiamato possessore.


Affinché, poi, un soggetto possa qualificarsi come “in possesso dei beni ereditari” non hanno alcuna rilevanza né il tempo né il valore dei beni, con la conseguenza che, se l’inventario non è stato eseguito o completato nei termini, il chiamato si considera come erede puro e semplice e perde sia la facoltà di accettare l’eredità con beneficio di inventario che quella di rinunciare alla stessa (cfr. Cass. n. 5862/2014, n. 4845/2003, n. 7076/1995).


Nel caso in esame, sembra chiaro che il nipote Roberto non corra alcun rischio di trovarsi nella situazione di chiamato in possesso di beni ereditari, con la conseguenza che sullo stesso non potrà, al momento, farsi gravare alcun obbligo di redazione dell’inventario.
Pertanto, una sua rinuncia all’eredità, in mancanza di altri successibili ex lege, non può che determinare una situazione di giacenza dell’eredità del padre Carlo, per la quale troveranno applicazione le relative norme, dettate agli artt. 528 e ss. c.c.


In particolare, l’art. 529 c.c. prevede, tra gli obblighi del curatore, una volta nominato, quello di procedere all’inventario di eredità, per il quale il medesimo deve necessariamente avvalersi dell’opera del notaio o del cancelliere.


Secondo quanto disposto dall’art. 771 del c.p.c., il pubblico ufficiale incaricato di redigere l’inventario, prima di procedere alle relative operazioni, deve darne avviso ai soggetti indicati nella medesima norma e, in particolare, al coniuge superstite e agli eredi legittimi presunti.
In sede di redazione dell’inventario, occorrerà fotografare i beni caduti in successione nella loro integralità e il pubblico ufficiale redigente potrà anche ricevere le dichiarazioni di coloro che partecipano all’inventario, volte a contestare la titolarità di determinati beni rinvenuti nel patrimonio del defunto o nei locali inventariati, secondo quanto previsto dall’art. 775 del c.p.c..


Nella prassi i beni mobili di irrilevante valore vengono, in genere, esclusi dall’inventario, facendosi di essi soltanto una sommaria descrizione.
Si tenga presente che, se i presunti eredi legittimi (ai quali è stato fatto pervenire l’avviso di cui all’art. 771 c.p.c.) occultano, tacciono o celano beni ricompresi nel patrimonio del defunto al fine di evitarne il loro rinvenimento e, dunque, la relativa inventariazione, gli stessi rischiano di assumere ipso iure la posizione di eredi puri e semplici e, conseguentemente, di dover rispondere dei debiti ereditari ultra vires hereditatis (quindi, anche con beni del proprio patrimonio personale).


È chiaro, infatti, che sono necessariamente costoro che dovranno mettere a disposizione del pubblico ufficiale che redige l’inventario i beni da inventariare, consentendo l’accesso ai locali di proprietà del defunto o che il defunto abitava stabilmente al momento del decesso; agli stessi, peraltro, il pubblico ufficiale dovrà rivolgere l’invito a rendere la dichiarazione circa l’eventuale esistenza di altri beni da inventariare e dei luoghi in cui essi si trovano, ammonendoli delle conseguenze cui andranno incontro per il caso di dichiarazioni false o reticenti.


Da quanto fin qui detto, dunque, si deve dedurre quanto segue:
  1. è interesse dei presunti eredi legittimi, pur se rinunzianti, di consentire al curatore nominato di accedere presso l’immobile ove abitava il defunto al momento della sua morte per inventariare eventuali beni ivi presenti;
  2. se vi si rinvengono cianfrusaglie o, comunque, beni di irrilevante valore economico, di ciò si darà atto a verbale;
  3. in quella medesima sede le parti presenti (tra cui anche il chiamato rinunziante) potranno far constare che determinati beni ivi rinvenuti non appartenevano al defunto, esibendo a tal fine i relativi titoli (quale può essere una scrittura privata con data certa, da cui risulta che quei beni sono stati in precedenza donati dal de cuius ad altro soggetto).

In ogni caso, è anche interesse di chi ha deciso di rinunciare all’eredità di consentire al curatore di accedere nel luogo di ultima dimora del defunto onde redigere l’inventario dei beni ivi esistenti, poiché - in caso contrario - si rischierebbe di porre in essere un comportamento contrario alla volontà di rinuncia in precedenza manifestata, accedendo autonomamente all’abitazione e prendendo di fatto possesso di beni per i quali vige una presunzione di proprietà del defunto.

Infine, in mancanza di una disciplina specifica, si ritiene che il curatore, per accedere a quel luogo, possa avvalersi in via estensiva del disposto di cui all’art. 513 del c.p.c., ovvero chiedere espressamente al giudice delle successioni di essere autorizzato ad accedere in luogo appartenente ad un terzo (il nipote Roberto), ma dove si trovano beni del de cuius.


Francesco Z. chiede
domenica 12/10/2014 - Trentino-Alto Adige
“Volevo sapere se, tra gli obblighi del curatore dell'eredità giacente, c'è quella di presentare la dichiarazione dei redditi, per il periodo intercorrente tra la morte dei "decuius" intestatario di beni mobili e immobili e l'accertamento e la designazione degli aventi diritto all'eredità ?
grazie”
Consulenza legale i 15/10/2014
Il curatore dell'eredità giacente è colui che viene incaricato della gestione del complesso dei beni ereditari, sino a che non intervenga una accettazione da parte di un chiamato o l'eredità non sia devoluta allo Stato in mancanza di eredi.
Il curatore deve procedere a redigere l'inventario dei beni ed ha il compito di amministrarli sotto la vigilanza del tribunale del luogo di apertura della successione (artt. 529 c.c., 782 e 783 c.p.c.); provvede al pagamento, previa autorizzazione del tribunale, dei debiti ereditari e dei legati (art. 530 del c.c.).

Dal punto di vista fiscale, il curatore è obbligato:
- a presentare la dichiarazione di successione entro 12 mesi dalla nomina, ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. 346/1990; il termine decorre, per i curatori di eredità giacenti e per gli esecutori testamentari, dalla data, successiva a quella di apertura della successione, in cui hanno avuto notizia legale della loro nomina;
- a presentare, entro i termini ordinari, la dichiarazione dei redditi di cui all'art. 187 del T.U.I.R. (Testo Unico Imposte sui Redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), il quale prevede che se la giacenza dell'eredità si protrae oltre il periodo di imposta nel corso del quale si è aperta la successione, il reddito dei cespiti ereditari è determinato in via provvisoria secondo le disposizioni del titolo I, sezione I del T.U.I.R., se il chiamato all'eredità è persona fisica, o non è noto. Lo stesso articolo specifica poi che, dopo l'accettazione dell'eredità, il reddito di tali cespiti concorre a formare il reddito complessivo dell'erede per ciascun periodo di imposta, compreso quello in cui si è aperta la successione, e si procede alla liquidazione definitiva delle relative imposte.

L'art. 5 ter del decreto legislativo 22 luglio 1998, n. 322, introdotto dal d.lgs. 18 novembre 2005, n. 247, specifica al primo comma che i curatori di eredità giacenti e gli amministratori di eredità devolute sotto condizione sospensiva o in favore di nascituri non ancora concepiti, oltre alle dichiarazioni dei redditi di cui all'articolo 187 del testo unico delle imposte sui redditi, da presentare nei termini ordinari, relative al periodo d'imposta nel quale hanno assunto le rispettive funzioni ai periodi d'imposta successivi fino a quello anteriore al periodo d'imposta nel quale cessa la curatela o l'amministrazione, sono tenuti a presentare, entro 6 mesi dalla data di assunzione delle funzioni:
a) le dichiarazioni dei predetti redditi relative al periodo d'imposta nel quale si è aperta la successione, se anteriore a quello nel quale hanno assunto le funzioni, e agli altri periodi d'imposta già decorsi anteriormente a quest'ultimo;
b) la dichiarazione dei redditi posseduti nell'ultimo periodo d'imposta dal contribuente deceduto e, se il relativo termine non era scaduto alla data del decesso, quella dei redditi posseduti nel periodo d'imposta precedente.
Inoltre, al secondo comma dell'art. 5 ter, è stabilito che i curatori e gli amministratori devono:
a) adempiere per i periodi d'imposta sopra indicati, se nell'asse ereditario sono comprese aziende commerciali o agricole, gli obblighi contabili e quelli a carico dei sostituti d'imposta stabiliti nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;
b) presentare, entro 6 mesi dalla data di assunzione delle funzioni, le dichiarazioni di sostituto d'imposta relative ai pagamenti effettuati nei periodi d'imposta considerati nelle lettere a) e b) del comma 1 dell'art. 5 ter;
c) comunicare mediante raccomandata all'ufficio dell'Agenzia delle entrate, entro 60 giorni, l'assunzione e la cessazione delle funzioni; la comunicazione di cessazione deve contenere l'indicazione dei dati identificativi degli eredi e delle quote ereditarie di ciascuno di essi.