Cass. pen. n. 27170/2018
Il reato di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2621 cod. civ. si consuma nel luogo e nel momento in cui si riunisce l'assemblea ed il bilancio viene illustrato ai soci, sicché la competenza per territorio si determina in relazione a tale luogo, rimanendo irrilevante il luogo (ed il tempo) di deposito del bilancio presso la sede della società.
Cass. pen. n. 22474/2016
Ai fini della configurazione del reato di false comunicazioni sociali previsto dall'art. 2621 cod. civ., nel testo riformulato dalla legge 27 maggio 2015, n. 69, la falsità è rilevante se riguarda dati informativi essenziali ed ha la capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico.
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Il reato di false comunicazioni sociali, previsto dall'art. 2621 cod. civ., nel testo modificato dalla legge 27 maggio 2015, n. 69, è configurabile in relazione alla esposizione in bilancio di enunciati valutativi, se l'agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni.
Cass. pen. n. 6916/2016
In tema di false comunicazioni sociali, la nuova formulazione degli artt. 2621 e 2622 cod. civ., introdotta dalla L. 27 maggio 2015, n. 69, ha determinato - eliminando l'inciso "ancorché oggetto di valutazioni", ed inserendo il riferimento, quale oggetto anche della condotta omissiva, ai "fatti materiali non rispondenti al vero" - una successione di leggi con effetto abrogativo, peraltro limitato alle condotte di errata valutazione di una realtà effettivamente sussistente. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto escluse dall'effetto parzialmente abrogativo l'esposizione di crediti materialmente falsi perché indicati con un valore difforme dal dato reale e perché descritti come certi, laddove, invece, essi avevano natura solo potenziale in quanto oggetto di contenzioso).
Cass. pen. n. 3397/2013
La fattispecie di false comunicazioni sociali di cui agli artt. 2621 e 2622 c.c. individua le condotte penalmente rilevanti sia nell'esposizione dei fatti materiali che non rispondono ad una concreta o veritiera realtà sia nell'omissione di dati o di informazioni la cui comunicazione è prevista da disposizioni normative e tende a tutelare la veridicità, la chiarezza e la completezza delle informazioni relative all'esercizio dell'attività, in linea con la funzione attribuita al bilancio dai principi ispiratori della sua disciplina. (Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabili i gravi indizi di reato in relazione all'annotazione in bilancio, sotto voci non corrispondenti alla reale natura delle operazioni, di flussi in entrata di ingenti somme di denaro riconducibili all'emissione di fatture per operazioni inesistenti e a comportamenti finalizzati all'evasione fiscale).
Cass. pen. n. 3229/2013
In tema di false comunicazioni sociali, a seguito delle modifiche introdotte dal d.l.vo n. 61 del 2002 la punibilità è esclusa se la condotta incriminata non altera in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ovvero, in via alternativa, non determina una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al cinque per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'uno per cento, ferma restando ai fini della configurabilità del reato l'irrilevanza di valutazioni estimative che singolarmente considerate non differiscano in misura non superiore al dieci per cento rispetto a quella corretta.
Cass. pen. n. 18556/2011
La contravvenzione di false comunicazioni sociali e il delitto di truffa possono concorrere tra loro non sussistendo alcun rapporto di specialità tra le rispettive fattispecie.
Cass. pen. n. 15062/2011
I fatti di falso in bilancio seguiti dal fallimento della società non costituiscono un'ipotesi aggravata del reato di false comunicazioni sociali, ma integrano l'autonomo reato di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario, con la conseguenza che i termini di prescrizione iniziano a decorrere non dalla consumazione delle singole condotte presupposte ma dalla data della declaratoria del fallimento.
Cass. pen. n. 40823/2004
La nuova formulazione delle norme che prevedono i delitti di false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 c.c.) e di bancarotta fraudolenta impropria «da reato societario» (art. 223, comma 2 n. 1, R.D. n. 267 del 1942), operata, rispettivamente, dagli artt. 1 e 4 D.L.vo n. 61 del 2002, non ha comportato l'abolizione totale dei reati precedentemente contemplati, ma ha determinato una successione di leggi con effetto parzialmente abrogativo in relazione a quei fatti, commessi prima dell'entrata in vigore delle modifiche legislative, che non siano riconducibili alle nuove fattispecie criminose.
Cass. pen. n. 23449/2002
Il reato di false comunicazioni sociali di cui all'art. 2621 c.c., nella formulazione introdotta dal D.L.vo 11 aprile 2002 n. 61, non presenta differenze strutturali rispetto alla fattispecie descritta nella precedente formulazione della norma incriminatrice, identici essendo rimasti l'interesse protetto, l'indicazione dei soggetti attivi del reato e l'esigenza del dolo specifico, precedentemente espressa con la parola «fraudolentemente» ed attualmente con le parole «intenzione di ingannare i soci o il pubblico al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto» (dizione più puntuale e specifica rispetto al vecchio testo). Le differenze risultano quindi limitate alle soglie di punibilità, all'intensità della pena ed a vari elementi circostanziali del reato, per cui, essendovi continuità tra le due fattispecie, va applicata, per i fatti pregressi, quella più favorevole al reo, previa verifica che la concreta contestazione del fatto sia tale da integrare il reato anche nella sua nuova formulazione.
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Il reato previsto dall'art. 2621 c.c. (false comunicazioni sociali), come modificato dall'art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002 n. 61, si distingue da quello di cui all'art. 2622 stesso codice (false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori), atteso che, nel primo, sono punite le false comunicazioni dirette ai soci o al pubblico, nel secondo, quelle che provocano una diminuzione patrimoniale per i soci o i creditori. Ne consegue che, mentre l'art. 2621 c.c. prevede un reato di pericolo (a tutela della regolarità dei bilanci o delle altre comunicazioni sociali, in quanto interesse della generalità), l'art. 2622 introduce nell'ordinamento un reato di danno a tutela degli interessi di soci e creditori.
Cass. civ. n. 23449/2002
Il reato previsto dall'art. 2621 c.c. (false comunicazioni sociali), come modificato dall'art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002 n. 61, si distingue da quello di cui all'art. 2622 stesso codice (false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori), atteso che, nel primo, sono punite le false comunicazioni dirette ai soci o al pubblico, nel secondo, quelle che provocano una diminuzione patrimoniale per i soci o i creditori. Ne consegue che, mentre l'art. 2621 c.c. prevede un reato di pericolo (a tutela della regolarità dei bilanci o delle altre comunicazioni sociali, in quanto interesse della generalità), l'art. 2622 introduce nell'ordinamento un reato di danno a tutela degli interessi di soci e creditori.