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Articolo 2621 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

False comunicazioni sociali

Dispositivo dell'art. 2621 Codice Civile

Fuori dai casi previsti dall'art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi(1).

Note

(1) Articolo così sostituito, da ultimo, dall'art. 11, L. 27 maggio 2015, n. 69

Ratio Legis

Il reato previsto dalla presente norma si distingue da quello di cui all'art. 2622, in quanto nel primo sono punite le false comunicazioni dirette ai soci o al pubblico, nel secondo, quelle che provocano una diminuzione patrimoniale per i soci o i creditori.

Massime relative all'art. 2621 Codice Civile

Cass. pen. n. 27170/2018

Il reato di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2621 cod. civ. si consuma nel luogo e nel momento in cui si riunisce l'assemblea ed il bilancio viene illustrato ai soci, sicché la competenza per territorio si determina in relazione a tale luogo, rimanendo irrilevante il luogo (ed il tempo) di deposito del bilancio presso la sede della società.

Cass. pen. n. 22474/2016

Ai fini della configurazione del reato di false comunicazioni sociali previsto dall'art. 2621 cod. civ., nel testo riformulato dalla legge 27 maggio 2015, n. 69, la falsità è rilevante se riguarda dati informativi essenziali ed ha la capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico.

Il reato di false comunicazioni sociali, previsto dall'art. 2621 cod. civ., nel testo modificato dalla legge 27 maggio 2015, n. 69, è configurabile in relazione alla esposizione in bilancio di enunciati valutativi, se l'agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni.

Cass. pen. n. 6916/2016

In tema di false comunicazioni sociali, la nuova formulazione degli artt. 2621 e 2622 cod. civ., introdotta dalla L. 27 maggio 2015, n. 69, ha determinato - eliminando l'inciso "ancorché oggetto di valutazioni", ed inserendo il riferimento, quale oggetto anche della condotta omissiva, ai "fatti materiali non rispondenti al vero" - una successione di leggi con effetto abrogativo, peraltro limitato alle condotte di errata valutazione di una realtà effettivamente sussistente. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto escluse dall'effetto parzialmente abrogativo l'esposizione di crediti materialmente falsi perché indicati con un valore difforme dal dato reale e perché descritti come certi, laddove, invece, essi avevano natura solo potenziale in quanto oggetto di contenzioso).

Cass. pen. n. 3397/2013

La fattispecie di false comunicazioni sociali di cui agli artt. 2621 e 2622 c.c. individua le condotte penalmente rilevanti sia nell'esposizione dei fatti materiali che non rispondono ad una concreta o veritiera realtà sia nell'omissione di dati o di informazioni la cui comunicazione è prevista da disposizioni normative e tende a tutelare la veridicità, la chiarezza e la completezza delle informazioni relative all'esercizio dell'attività, in linea con la funzione attribuita al bilancio dai principi ispiratori della sua disciplina. (Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabili i gravi indizi di reato in relazione all'annotazione in bilancio, sotto voci non corrispondenti alla reale natura delle operazioni, di flussi in entrata di ingenti somme di denaro riconducibili all'emissione di fatture per operazioni inesistenti e a comportamenti finalizzati all'evasione fiscale).

Cass. pen. n. 3229/2013

In tema di false comunicazioni sociali, a seguito delle modifiche introdotte dal d.l.vo n. 61 del 2002 la punibilità è esclusa se la condotta incriminata non altera in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ovvero, in via alternativa, non determina una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al cinque per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'uno per cento, ferma restando ai fini della configurabilità del reato l'irrilevanza di valutazioni estimative che singolarmente considerate non differiscano in misura non superiore al dieci per cento rispetto a quella corretta.

Cass. pen. n. 18556/2011

La contravvenzione di false comunicazioni sociali e il delitto di truffa possono concorrere tra loro non sussistendo alcun rapporto di specialità tra le rispettive fattispecie.

Cass. pen. n. 15062/2011

I fatti di falso in bilancio seguiti dal fallimento della società non costituiscono un'ipotesi aggravata del reato di false comunicazioni sociali, ma integrano l'autonomo reato di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario, con la conseguenza che i termini di prescrizione iniziano a decorrere non dalla consumazione delle singole condotte presupposte ma dalla data della declaratoria del fallimento.

Cass. pen. n. 40823/2004

La nuova formulazione delle norme che prevedono i delitti di false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 c.c.) e di bancarotta fraudolenta impropria «da reato societario» (art. 223, comma 2 n. 1, R.D. n. 267 del 1942), operata, rispettivamente, dagli artt. 1 e 4 D.L.vo n. 61 del 2002, non ha comportato l'abolizione totale dei reati precedentemente contemplati, ma ha determinato una successione di leggi con effetto parzialmente abrogativo in relazione a quei fatti, commessi prima dell'entrata in vigore delle modifiche legislative, che non siano riconducibili alle nuove fattispecie criminose.

Cass. pen. n. 23449/2002

Il reato di false comunicazioni sociali di cui all'art. 2621 c.c., nella formulazione introdotta dal D.L.vo 11 aprile 2002 n. 61, non presenta differenze strutturali rispetto alla fattispecie descritta nella precedente formulazione della norma incriminatrice, identici essendo rimasti l'interesse protetto, l'indicazione dei soggetti attivi del reato e l'esigenza del dolo specifico, precedentemente espressa con la parola «fraudolentemente» ed attualmente con le parole «intenzione di ingannare i soci o il pubblico al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto» (dizione più puntuale e specifica rispetto al vecchio testo). Le differenze risultano quindi limitate alle soglie di punibilità, all'intensità della pena ed a vari elementi circostanziali del reato, per cui, essendovi continuità tra le due fattispecie, va applicata, per i fatti pregressi, quella più favorevole al reo, previa verifica che la concreta contestazione del fatto sia tale da integrare il reato anche nella sua nuova formulazione.

Il reato previsto dall'art. 2621 c.c. (false comunicazioni sociali), come modificato dall'art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002 n. 61, si distingue da quello di cui all'art. 2622 stesso codice (false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori), atteso che, nel primo, sono punite le false comunicazioni dirette ai soci o al pubblico, nel secondo, quelle che provocano una diminuzione patrimoniale per i soci o i creditori. Ne consegue che, mentre l'art. 2621 c.c. prevede un reato di pericolo (a tutela della regolarità dei bilanci o delle altre comunicazioni sociali, in quanto interesse della generalità), l'art. 2622 introduce nell'ordinamento un reato di danno a tutela degli interessi di soci e creditori.

Cass. civ. n. 23449/2002

Il reato previsto dall'art. 2621 c.c. (false comunicazioni sociali), come modificato dall'art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002 n. 61, si distingue da quello di cui all'art. 2622 stesso codice (false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori), atteso che, nel primo, sono punite le false comunicazioni dirette ai soci o al pubblico, nel secondo, quelle che provocano una diminuzione patrimoniale per i soci o i creditori. Ne consegue che, mentre l'art. 2621 c.c. prevede un reato di pericolo (a tutela della regolarità dei bilanci o delle altre comunicazioni sociali, in quanto interesse della generalità), l'art. 2622 introduce nell'ordinamento un reato di danno a tutela degli interessi di soci e creditori.

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Antonio L. chiede
martedì 20/04/2021 - Toscana
“Una persona non iscritta più al suo ex sindacato da oltre un anno, può presentare querela all' autorità giudiziaria chiedendo che si proceda in ordine a presunte irregolarità nei bilanci relativi al periodo in cui egli era iscritto al sindacato stesso?”
Consulenza legale i 23/04/2021
Prima di rispondere al quesito, occorre fare una precisazione.

Il diritto di “denunciare” un fatto all’autorità giudiziaria è riconosciuto a chiunque.

Ciò, tuttavia, non garantisce che il pubblico ministero debba tenere in considerazione la denuncia presentata.
Tale circostanza dipende dal regime di procedibilità del reato.

Se, infatti, si tratta di un reato procedibile solo a querela di parte, allora la denuncia (o, meglio, la querela ) potrà essere presentata solo dalla persona offesa dal reato. In rarissimi casi, la querela in questione potrà essere depositata anche dal danneggiato.

Se, invece, si tratta di un reato procedibile d’ufficio, allora chiunque potrà depositare una denuncia e quella denuncia dovrà essere presa in considerazione della Procura competente.

Chiarito questo, torniamo al caso di specie.

Il reato per cui si intende denunciare è il denominato “false comunicazioni sociali” ed è previsto dalle disposizioni di cui agli articoli 2621 e seguenti del codice civile.

Si tratta di un reato molto particolare e complesso da sviscerare dal punto di vista tecnico che soggiace a diversi regimi di procedibilità, a seconda che si tratti delle ipotesi di cui agli articoli 2621 c.c. e 2622 c.c. (in cui la procedibilità è d’ufficio) oppure che si tratti dell’ipotesi di cui all’art. 2621 bis c.c. in cui la procedibilità è a querela di parte.

A ciò si aggiunga che il reato in parola si riferisce solo alle società e il “sindacato” non è equiparabile ad una società.

Ciò detto, nel caso di specie va detto che l’appartenenza – o meno – al sindacato non incide affatto sulla possibilità di presentare una denuncia-querela, a tal fine rilevando solo la tipologia di procedibilità applicabile a quel particolare caso di false comunicazioni sociali e la qualifica rivestita dal soggetto denunciante.

A ciò si aggiunga l’ulteriore problema della probabile impossibilità di applicare la fattispecie penale in parola al sindacato.

In conclusione, nel caso che ci occupa, è indispensabile che si faccia riferimento ad un avvocato penalista il quale, analizzata preventivamente la natura del sindacato e l’astratta applicabilità del reato di false comunicazioni sociali:

- Individui il caso particolare di false comunicazioni sociali;
- La procedibilità dello stesso;
- In caso di procedibilità a querela, la possibilità per il querelante di presentare la predetta querela.