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Articolo 2263 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Ripartizione dei guadagni e delle perdite

Dispositivo dell'art. 2263 Codice Civile

Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti [2265, 2280, 2282]. Se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, esse si presumono eguali [1101].

La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo equità [2286, 2295, n. 7].

Se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite [2178, 2265, 2295, n. 8].

Ratio Legis

La norma assegna all'autonomia privata la facoltà di ripartire le quote di partecipazione agli utili e alle perdite in misura non proporzionale al valore del conferimento.

Brocardi

Aequum est, ut cuius participaverit lucrum, participet et damnum
Iniquissimum enim genus societatis est, ex qua quis damnum, non etiam lucrum, spectet
Sicuti lucrum, ita damnum quoque commune esse oportet, quod non culpa socii contingit

Spiegazione dell'art. 2263 Codice Civile

La norma stabilisce la presunzione per la quale, in assenza di diversa pattuizione inserita nel contratto sociale, la quota di partecipazione agli utili corrisponda alla quota di partecipazione al capitale. Per tale motivo, nel silenzio del contratto sociale, il socio ha il diritto a percepire gli utili in misura proporzionale al valore del proprio conferimento.
Ciò implica, tuttavia, che il contratto sociale possa assegnare al socio una quota di partecipazione agli utili e alle perdite non corrispondente alla propria quota di partecipazione al capitale, nel rispetto del divieto di patto leonino (v. art. 2265).

Laddove il contratto sociale manchi di quantificare il conferimento del socio, le quote di partecipazione agli utili si presumeranno uguali. La presunzione trova un’unica eccezione nel caso del socio d’opera, laddove la determinazione dovrà essere effettuata dal Tribunale, secondo equità.
Infine, la disposizione in esame prevede che la partecipazione alle perdite debba essere misurata in maniera analoga alla partecipazione agli utili, qualora il contratto sociale non disponga altrimenti.

Massime relative all'art. 2263 Codice Civile

Cass. civ. n. 1036/2009

Nelle società di persone (nella specie, società in nome collettivo), la responsabilità illimitata e solidale tra i soci è stabilita a favore dei terzi che vantino crediti nei confronti della società e non è applicabile alle obbligazioni della società nei confronti dei soci medesimi, conformemente alla regola generale secondo cui, nei rapporti interni, l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi: pertanto, nel giudizio intrapreso dagli eredi del socio per la liquidazione della quota spettante al "de cuius", la condanna dei soci superstiti va limitata alla loro quota interna di responsabilità, che può essere determinata dal giudice ai sensi dell'art. 2263 cod. civ., secondo il quale, salvo prova contraria, le quote si presumono uguali.

Cass. civ. n. 3980/2001

Il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite, stabilito dal secondo comma dell'art. 2263 c.c. per il socio che ha conferito la propria opera, vale anche all'atto dello scioglimento della società limitatamente al socio predetto per la determinazione della quota da liquidare a questo o ai suoi eredi. Pertanto, se nel contratto sociale sia riconosciuta, ai soci che conferiscono soltanto il loro lavoro, parità di diritti nella ripartizione dei guadagni e delle perdite, siffatto criterio deve seguirsi anche all'atto dello scioglimento del rapporto sociale nella liquidazione della quota al socio uscente. Se, viceversa, manchi una tale determinazione convenzionale, il valore della quota già spettante al socio conferente la propria opera, è, ai fini della sua liquidazione, fissato dal giudice secondo equità, assumendo a base la situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento.

Cass. civ. n. 3512/1998

L'illecito colposo di uno dei due soci di una società di fatto commesso nell'ambito dell'attività stessa e per il raggiungimento dei suoi scopi costituisce illecito della società ed impegna solidalmente e illimitatamente i suoi soci, con conseguente diritto di regresso del socio che abbia risarcito interamente il danno, nei confronti dell'altro socio nella misura di metà, in funzione della partecipazione paritaria sociale presunta di cui all'art. 2263 c.c.

Cass. civ. n. 8468/1995

La presunzione di eguale obbligo di conferimento del socio della società semplice e di eguale partecipazione del medesimo alla società, stabilita, in mancanza di patto contrario, dagli artt. 2253 e 2263 c.c., è esclusa per il socio d'opera la cui quota, in considerazione della particolare natura della prestazione d'opera, di per sé variabile, perché, tra l'altro, legata a fattori personali destinati a modificarsi nel tempo, deve essere determinata dal giudice, ai sensi dell'art. 2263 c.c., con un giudizio equitativo che sappia tener conto degli elementi che di volta in volta caratterizzano la fattispecie.

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Paolo S. chiede
giovedì 05/12/2019 - Liguria
“Il finanziamento socio va sempre postergato, e se alla fine la srl si scioglie il socio vedrà di rifarsi sull'eventuale ripartizione dell'attivo. Il mio questo riguarda invece una società di persone. Se un socio fa un finanziamento a una società di persone, e questa poi si scioglie e non residua nulla? Gli altri soci, sono illimitatamente responsabili, pro-quota, della restituzione del finanziamento al socio che ha erogato il prestito? Oppure lo sono tutti in solido indipendentemente dalle quote possedute nella società?”
Consulenza legale i 11/12/2019
Al fine di rispondere al quesito formulato, occorre distinguere il regime di responsabilità dei soci di società persone nei confronti dei terzi da quello della medesima società verso i soci.

Nel primo caso, sussiste, sostanzialmente, una responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci a prescindere dalla quota di partecipazione di ciascun socio, così come previsto dall’art. 2267 del c.c.: “I creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci”.

Dunque, esternamente, si può sostenere che ciascun socio risponderà per l’intero verso i creditori sociali, salvo poi esercitare il diritto di regresso verso gli altri soci, i quali saranno tenuti, in proporzione al conferimento versato ex art. 2263 del c.c., a ripetere al socio ciò che quest’ultimo ha pagato: “Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti. Se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, esse si presumono eguali”.

Nel secondo caso, invece, non può applicarsi il regime di responsabilità sopra richiamato, bensì quello che regola la responsabilità tra condebitori solidali nei rapporti interni.

Pertanto, ciascun condebitore risponderà solo per la propria quota in relazione all’obbligazione solidale.

Nel caso di specie, trattandosi di società di persone, per determinare la quota di responsabilità di ciascun socio, occorre richiamare l’art. 2263 c.c. poc’anzi citato, in forza del quale “le perdite si presumono proporzionali ai conferimenti”.

Alla luce di quanto esposto, e venendo alla risposta al quesito, per il debito maturato dalla società verso il socio finanziatore, gli altri soci saranno tenuti a rispondere pro quota (in proporzione al proprio conferimento) per tale debito e non per l’intero.

Tale interpretazione risulta avallata dalla giurisprudenza di legittimità: “Questa Corte ha infatti rilevato che la regola della solidarietà tra i soci è stabilita a favore dei terzi che vantino crediti nei confronti della società, e non è applicabile alle obbligazioni della società nei confronti dei soci medesimi, conformemente alla regola generale secondo cui nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi (Cass. 5.5.2004, n. 8531).
Ne deriva che la condanna dei soci va limitata alla loro quota interna di responsabilità, che peraltro può essere determinata da questa Corte, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto e stante il disposto dell'art. 2263 c.c. per cui, salvo prova contraria, le quote si presumono uguali. La condanna del C. e del L. va pertanto determinata nel 25% della quota del defunto Di.Sa., il cui valore è già stato determinato dal giudice di merito in L. 11 milioni, e quindi in L. 2.750.000, pari ad Euro 1420,26, oltre interessi dalla data della“ (Cass. civ. Sez. I, Sent. n. 1036 del 16 gennaio 2009).