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Articolo 1950 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Regresso contro il debitore principale

Dispositivo dell'art. 1950 Codice Civile

Il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore principale, benché questi non fosse consapevole della prestata fideiussione [1951].

Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatto dopo che ha denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui(1)

Il fideiussore inoltre ha diritto agli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento. Se il debito principale produceva interessi in misura superiore al saggio legale, il fideiussore ha diritto a questi fino al rimborso del capitale.

Se il debitore è incapace [1939], il regresso del fideiussore è ammesso solo nei limiti di ciò che sia stato rivolto a suo vantaggio.

Note

(1) Il riferimento è alle spese, ad esempio giudiziali, sostenute dal fideiussore per resistere a tali pretese: per ottenere il regresso relativamente a tali somme egli ha l'onere di denunciare le istanze al debitore. Inoltre, il regresso comprende anche i danni eventualmente patiti dal fideiussore a causa dell'inadempimento del debitore (1218 ss. c.c.).

Ratio Legis

Il diritto di regresso del fideiussore contro il debitore principale si giustifica in base al fatto che il primo ha estinto un suo debito. Esso comprende tutti gli esborsi fatti dal fideiussore a causa del debito (comma 2) ma anche gli interessi legali sulle somme corrisposte in quanto il legislatore presume che, se le somme fossero state investite in altro modo dal fideiussore, avrebbero prodotto interessi (comma 3).
Infine, in caso di debitore incapace, tale sua situazione riceve maggior tutela rispetto a quella del fideiussore (comma 4).

Brocardi

Beneficium cedendarum actionum

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

619 A proposito del regresso del fideiussore contro il debitore principale (articolo 727) deve notarsi che si è ammesso il diritto del fideiussore agli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento, anziché dal giorno della notifica di tale pagamento: la modifica è in relazione al principio del normale carattere corrispettivo degli interessi (articolo 17 di questo mio progetto).
Altra modifica concerne il diritto del fideiussore agli interessi in misura superiore al tasso legale, ove il debito principale produceva tali interessi.
La ragione di ciò sta nell'articolo 726, che fa subentrare fideiussore nei diritti che il creditore aveva contro il debitore; è tra questi diritti quello di percepire un interesse in misura ultralegale, se in tale misura lo aveva convenuto il debitore.
La Commissione reale aveva previsto pure l'obbligo del debitore di risarcire i danni, ma il principio è assorbito in quello generale per cui, in caso di inadempimento di una obbligazione, sono dovuti, oltre agli interessi, i maggiori danni, se ve ne siano.
Si è aggiunto un comma nuovo che trova la sua giustificazione nel capoverso del precedente articolo 715. Se al fideiussore si accordasse il regresso integrale e incondizionato contro il debitore incapace, si offrirebbe il mezzo per eludere indirettamente l'annullamento dell'obbligazione dell'incapace. E' giusto invece che il fideiussore abbia regresso solo nei limiti in cui l'incapace ha approfittato del negozio claudicante, e cioè nei limiti dell'arricchimento del debitore (cfr. anche articoli 85 e 302 di questo progetto).

Massime relative all'art. 1950 Codice Civile

Cass. civ. n. 13418/2022

Il fideiussore che effettui un pagamento nei confronti del creditore garantito, rivelatosi non dovuto per inesistenza del sottostante debito, può esercitare nei confronti del creditore l'azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., attesa la natura generale del rimedio e la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dallo spostamento patrimoniale e dalla mancanza di una legittima "causa solvendi", senza che sia a ciò di ostacolo l'esperibilità dell'azione di regresso nei confronti del debitore.

Cass. civ. n. 22382/2019

Nel concordato preventivo la proposta del debitore non può contenere una clausola che preveda l'estensione dell'effetto esdebitatorio del concordato anche ai fideiussori in caso di omologa del concordato, poiché l'art. 184, comma 1, l.fall., in deroga alla regola generale posta dall'art. 1301 c.c., assicura in ogni caso ai creditori la conservazione dell'azione per l'intero credito contro i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso.

Cass. civ. n. 21833/2018

L'accordo transattivo intervenuto tra creditore e terzo, che comporti l'estinzione dell'ipoteca posta a garanzia del credito, ha come conseguenza la liberazione del fideiussore per fatto del creditore, ai sensi dell'art. 1955 c.c., perché tale accordo integra un comportamento dal quale deriva un pregiudizio giuridico, non solo economico, sofferto dal fideiussore, che si concretizza nella perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c.

Cass. civ. n. 21833/2017

Il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico e non solo economico, come la perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c. o di regresso ex art. 1950 c.c.. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l’impiego da parte del creditore delle somme ricavate dalla liquidazione di titoli dell’obbligato principale costituiti in pegno, al fine di ridurre la sua esposizione debitoria, potesse costituire condotta idonea a determinare la liberazione dei fideiussori).

Cass. civ. n. 17413/2017

Il credito di regresso del fideiussore, che abbia pagato integralmente il creditore dopo la dichiarazione di fallimento del debitore principale, ha natura concorsuale, in quanto esclude dal concorso, con effetto surrogatorio, il credito estinto, mutuandone la concorsualità, senza violare, quindi, il principio di cristallizzazione della massa passiva. Ne consegue che il fideiussore "solvens" può esercitare il credito di regresso, nei limiti imposti dalle regole inderogabili del concorso, anche qualora non ne abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al passivo con riserva.

Cass. civ. n. 11144/2012

Il credito di regresso del fideiussore che abbia pagato integralmente il creditore dopo la dichiarazione di fallimento del debitore principale ha natura concorsuale, in quanto esclude dal concorso, con effetto surrogatorio, il credito estinto, mutuandone la concorsualità, senza violare, quindi, il principio di cristallizzazione della massa passiva. Ne consegue che il fideiussore "solvens" può esercitare il credito di regresso, nei limiti imposti dalle regole inderogabili del concorso, anche qualora non ne abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al passivo con riserva.

Cass. civ. n. 16078/2004

Il fideiussore che ha pagato il debito dopo il fallimento del debitore principale non può concorrere, nel fallimento, per gli interessi (e la rivalutazione monetaria) maturati dopo la dichiarazione del fallimento stesso, ancorché li abbia corrisposti al creditore, atteso che, ai sensi della generale disposizione di cui all'art. 55 legge fallim., la dichiarazione del fallimento sospende il corso degli interessi (salvo si tratti di credito garantito da privilegio, pegno o ipoteca), onde egli può esercitare soltanto l'azione di surroga nei diritti del creditore principale, non anche quella di regresso (che ha contenuto più ampio della prima, comprendendo, ai sensi dell'art. 1950 c.c., anche gli interessi e le spese).

Cass. civ. n. 2497/1993

L'art. 1950 terzo comma c.c., ove attribuisce, al fidejussore che abbia pagato il creditore ed agisca in regresso, gli stessi interessi ultralegali che produceva il debito principale, fa riferimento agli interessi convenzionali in corso al momento di detto pagamento, e, pertanto, ne implica la debenza in favore del fideiussore, sulla base del saggio in vigore a quella data e fino al momento del suo soddisfacimento, a prescindere dall'eventualità di una successiva variazione del saggio stesso in ipotesi di prosecuzione del rapporto principale (come nel caso di pattuizione correlata al mutevole parametro dei tassi bancari «su piazza»).

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Rosalia G. chiede
venerdì 09/06/2017 - Lombardia
“Sono comproprietaria, insieme alle mie due sorelle di un appartamento, dove vive mio padre insieme a mia sorella minore. Mio padre, alla morte della mamma, rinunciò alla sua porzione di eredita' in nostro favore ma non rinunciò al privilegio dell'art. 540 c.c..
Premetto che i rapporti con i miei familiari non sono buoni, questo dovuto al fatto che mio padre,dopo avermi chiesto la cortesia di fargli fare un prestito da una società dando in garanzia la mia busta paga, non sta pagando il debito.
La società mutuante mi ha imposto di pagare il debito piu' spese e io lo sto facendo.Quesito:posso richiedere che mia sorella,oggi maggiorenne e indipendente in quanto lavora,paghi l'affitto dell'appartamento a me e all'altra mia sorella?
Vorrei in questo modo recuperare in parte cio' che sto pagando per legge ma non per giustizia.
Inoltre se mio padre venisse a mancare come dovrei fare per riavere la parte che mi spetta dell'appartamento?”
Consulenza legale i 14/06/2017
Non esiste alcuna norma di legge che imponga alle due sorelle il pagamento dell’affitto a favore della terza sorella per sollevarla dal peso del pagamento del debito contratto dal padre: si potrebbe chiedere loro di farlo solo a titolo di mera cortesia o quale obbligo morale nei confronti della parente.

La sorella che ha prestato garanzia personale (“fideiussione”) ha il diritto di recuperare il proprio credito nei confronti del padre, a titolo di regresso.
Più precisamente, gli obbligati nei confronti della società mutuante sono due: il padre in via principale e la figlia quale garante in seconda battuta. Si tratta di obbligazione “solidale”, ovvero ciascuno dei due è obbligato per l’intera somma.
Spesso, nei contratti di garanzia, è previsto che il fideiussore non possa essere escusso (ovvero il creditore non possa rivolgersi a lui per il pagamento) se prima non lo sia stato il debitore principale. Nel caso di specie, però, non sappiamo se tale pattuizione esista o meno con la società che ha concesso il mutuo.
In ogni caso, il fideiussore che ha pagato “ha regresso contro il debitore principale” (art. 1950 cod. civ.), ovvero, in parole semplici, potrà chiedere al debitore principale il rimborso di quanto pagato in sua vece.

Ebbene, nel caso in esame, la figlia ha pagato al posto del padre e quindi ha diritto di regresso nei suoi confronti.
L’unico modo di “rivalersi”, in qualche modo, sulle sorelle sarebbe quello, in caso di morte del padre, di recuperare il proprio credito dall’eredità.
In materia di successioni, infatti, valgono due regole:
- i debiti del defunto passano in capo agli eredi (salvo che nel caso di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario) e si dividono tra essi;
- ai fini della determinazione della consistenza dell’eredità, si applica la regola del “relictum” più il “donatum” meno i debiti: il che significa che si prende il patrimonio ereditario al momento dell’apertura della successione, si aggiunge quanto è stato eventualmente donato in vita dal defunto agli eredi e si sottraggono i debiti.
Nel caso di specie, questo significa che i debiti andrebbero presi in considerazione come prima cosa e che l’eredità dovrebbe immediatamente, prima ancora di procedere al calcolo delle quote ereditarie, essere “ridotta” dai debiti.
Nella fattispecie che ci occupa, in definitiva, il credito che la sorella fideiubente (che ha prestato la fideiussione) avrebbe maturato nei confronti (prima del padre e poi) dell’eredità, andrebbe soddisfatto (pagato) per primo.
Solo una volta pagato questo debito, il residuo dell’eredità verrebbe poi suddiviso tra le tre sorelle secondo le regole delle successioni legittime (che operano in assenza di testamento), ovvero 1/3 ciascuna.

Per quanto riguarda la seconda domanda, nel momento in cui il padre venisse a mancare – se in effetti la sua quota della casa familiare è già stata ceduta, mentre era in vita, alle figlie - sotto il profilo formale nulla dovrebbe cambiare, nel senso che le figlie continuerebbero ad essere comproprietarie per un terzo della proprietà dell’immobile.

Il “recupero” – come è scritto nel quesito – materiale dell’appartamento da parte della sorella indebitata non sarà possibile se non con il consenso delle altre sorelle. La situazione di comproprietà dell’immobile, infatti, non consente ad uno dei titolari pro quota di godere del bene limitatamente ad una porzione fisica dello stesso né gli permette di escludere gli altri dall’uguale godimento del bene.

E’ pur vero, però, che la sorella che ha posto il quesito non è obbligata ad accettare/subire la permanenza della sorella minore nell’appartamento in via esclusiva.
Avrà il diritto, infatti, di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per chiedere lo scioglimento della comunione, promuovendo apposito giudizio finalizzato alla formazione delle quote ereditarie ed alla assegnazione delle porzioni del patrimonio ereditario.
Nel corso del giudizio, potrà provare a richiedere l’assegnazione per sé dell’intero immobile (ma in tal caso dovrà conguagliare in denaro il valore delle quote delle sorelle che le cedono la loro parte di appartamento), risultato che si ritiene, però, sarebbe difficile da ottenere, perché presupporrebbe il consenso delle sorelle.
Oppure l’immobile potrebbe essere assegnato per intero ad altra sorella (ed in tal caso sarà quest’ultima a dover “pagare” le quote che riceve dalle altre sorelle); oppure infine, se non sia possibile giungere ad una soluzione condivisa che consenta di mantenere l’immobile in famiglia, quest’ultimo sarà venduto ed il ricavato verrà diviso tra le sorelle in parti uguali.