Cass. civ. n. 20150/2022
In tema di contratto atipico di vitalizio alimentare, ove il beneficiario delle prestazioni assistenziali agisca in giudizio per la risoluzione contrattuale nei confronti del vitaliziante, il primo deve provare esclusivamente la fonte negoziale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il secondo è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento; qualora, invece, l'azione di risoluzione sia proposta da un terzo, grava su quest'ultimo l'onere di specifica allegazione dei fatti sui quali si fonda l'asserito inadempimento imputabile al vitaliziante e della prova della sussistenza dei relativi fatti costitutivi.
Cass. civ. n. 1080/2020
In tema di vitalizio alimentare, stante la natura "intuitu personae" di tale contratto atipico ed in difetto di una pattuizione che contempli la possibilità che l'assistenza sia prestata anche da terzi, le prestazioni in favore del vitaliziato possono essere eseguite unicamente dal vitaliziante contrattualmente individuato.
Cass. civ. n. 13232/2017
L’accordo mediante il quale le parti stabiliscono la cessione di quote di piena o nuda proprietà di un bene immobile verso un corrispettivo, in parte rappresentato dalla prestazione mensile di una somma di danaro, ed in parte dalla prestazione di "assistenza morale" per la durata della vita del beneficiario, ha natura di contratto atipico, che si differenzia dalla rendita vitalizia in relazione agli autonomi obblighi di assistenza che lo connotano - in parte non fungibili e basati sull'"intuitus personae" - rispetto all'inadempimento dei quali, anche limitatamente ad un breve periodo, non è applicabile l’art. 1878 c.c., che esclude la risoluzione del contratto in ipotesi di mancato pagamento di rate di rendita scadute, ma la disciplina generale della risoluzione per inadempimento di cui all'art. 1453 c.c.
Cass. civ. n. 8432/1990
Il vitalizio alimentare, con il quale una parte si obbliga, in corrispettivo dell'alienazione di un immobile o dell'attribuzione di altri beni od utilità, a fornire all'altra parte vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita ed in correlazione ai suoi bisogni, è soggetto al rimedio della risoluzione per il caso d'inadempimento, tenendo conto che si tratta di contratto atipico, non riconducibile, per peculiarità dell'alea, delle prestazioni del vitaliziante e della funzione perseguita, nell'ambito della rendita vitalizia, e, quindi, sottratto all'applicazione diretta dell'art. 1878 c.c., in tema di esclusione della risoluzione in ipotesi di mancato pagamento di rate di rendita scadute, e che, inoltre, tale norma, la quale trova giustificazione nella non gravità della turbativa dell'equilibrio negoziale in presenza di inadempienza nel pagamento di dette rate di rendita, oltre che nella possibilità di un soddisfacimento coattivo del creditore, non è suscettibile di applicazione analogica al vitalizio alimentare, caratterizzato da prestazioni indispensabili per la sopravvivenza del creditore, in parte non fungibili e basate sullo
intuitu personae.
Cass. civ. n. 1683/1982
Al contratto di vitalizio alimentare, qualora le parti abbiano previsto l'esecuzione della prestazione da parte di soggetti diversi oppure abbiano stabilito che, per effetto della morte dell'obbligato alla prestazione, le ulteriori rate di queste siano dovute dai di lui eredi, è applicabile l'art. 1878 c.c. e, pertanto, il creditore, salvo l'espressa previsione, non può domandare la risoluzione del contratto per inadempimento, ma può solo far sequestrare e vendere i beni del suo debitore affinché con il ricavato della vendita sia possibile impiegare una somma sufficiente ad assicurare l'adempimento dell'obbligazione.
Cass. civ. n. 630/1977
La contrarietà di una clausola contrattuale ad una norma di legge meramente dispositiva non importa, di per sé sola, la necessità di interpretare la clausola medesima in senso restrittivo, poiché, invece, il concreto intento negoziale deve essere liberamente individuato sulla base dell'esame complessivo di tutti gli elementi acquisiti al processo. Pertanto, la clausola con la quale le parti di un contratto di rendita vitalizia hanno previsto, in deroga alla norma dispositiva di cui all'art. 1878 c.c., la risoluzione del contratto nel caso di mancato pagamento delle rate mensili, non deve essere necessariamente interpretata nel senso che essa si riferisca alla sola ipotesi di omesso pagamento delle rate nel termine e non anche all'ipotesi del pagamento delle rate in misura inferiore a quella risultante dall'adeguamento della rendita al tasso di svalutazione specificamente previsto in altro patto del negozio.