Perdita dei frutti. Riduzione del fitto
Se al diritto del locatore al fitto corrisponde l'obbligo di lui di far godere il fondo locato, ad una diminuzione di tale godimento deve corrispondere una diminuzione del canone, dato il carattere commutativo del negozio. Se l'affitto ha per oggetto il godimento di un bene produttivo l'affittuario è autorizzato, all'atto del contratto, a contare su determinati raccolti e frutti del fondo. Tale opinione è però stata nettamente respinta, negandosi da altri che alla mancata produzione dei frutti debba corrispondere necessariamente la diminuzione del canone, non essendo affatto vero che una determinata produzione costituisca l'oggetto del contratto e che a questa le parti abbiano riguardo nel determinare gli elementi contrattuali. Il proprietario per il contratto stesso di locazione è tenuto a garantire il libero godimento della cosa, ma non la possibilità di raccogliere una data quantità di frutti, possibilità che dipende in gran parte dal conduttore, cui unicamente spetta la direzione del fondo, libero di esperire le colture che vuole, e di procedere a quelle operazioni che crede più adatte per la buona riuscita della campagna agricola.
Il principio sancito dall'articolo in esame sarebbe dunque una deviazione dai principi sui quali è fondata la locazione, deviazione suggerita da criteri di equità. Nell'affitto, a differenza della locazione in generale, il locatore è tenuto a consegnare la cosa in istato da servire all'uso e alla produzione a cui è destinata (art. 1617), ma non deve affatto, per norma generale, garantire una determinata produttività. Le iniziative per incrementare la produttività della cosa spettano all'affittuario (art. 1620) e la legge si preoccupa a tale riguardo che il locatore non abbia a ricevere pregiudizi o ad acquistare nuovi obblighi. La norma in esame contiene quindi un'eccezione ai principi che regolano la locazione in generale e l'affitto in particolare, eccezione di cui è evidente l'equità.
Condizioni della garanzia. Prova della perdita
Perché la garanzia sia operativa occorre innanzi tutto che sia andata perduta almeno la metà dei frutti di un anno, e la perdita sia avvenuta prima della loro separazione dal suolo. Sorge questione se la metà dei frutti si determini in base alla quantità ovvero in ragione del valore venale dei raccolti. Sembra più esatto riferirsi ai prodotti in natura, non solo perché la legge parla di «frutti », di « conguaglio di frutti », senza alcun riferimento al loro valore, ma anche e soprattutto perché la quantità dei frutti è un termine relativamente fisso, mentre il valore è suscettibile di continue e sensibili variazioni. Se si desse all'affittuario una somma di danaro, in modo da reintegrare il valore del raccolto delle annate precedenti, resterebbe sempre a suo carico il danno effettivo dello scarso raccolto, giacché per procurarsi i frutti mancanti dovrà spendere una somma sicuramente superiore a cagione dell'aumento dei prezzi provocato dalla scarsita del raccolto.
La perdita deve essere avvenuta per caso fortuito e in tale nozione sono compresi tanto i fortuiti ordinari che quelli straordinari, come si desume dal testo del successivo art. 1637. Il legislatore, peraltro, distingue i fortuiti ordinari dagli straordinari anziché per categorie di casi, sulla prevedibilità o meno di essi in relazione ai luoghi e ad altre circostanze. Saranno quindi fortuiti ordinari la siccità, la grandine, il fulmine, il gelo, tutti eventi prevedibili avendo l'esperienza insegnato che accadono d'ordinario entro uno spazio di tempo non sono prevedibili e quindi costituiscono fortuiti straordinari i terremoti, le inondazioni, le frane, la guerra. Quest'ultimo avvenimento, anche se può considerarsi come un evento possibile, non si può mai prevedere quando avrà inizio.
Può ottenersi quindi la riduzione dell'affitto per un evento ordinario o straordinario, prevedibile o imprevedibile, purché non sia dovuto a colpa o dolo dell'affittuario.
L'evento fortuito deve colpire i frutti prima della loro separazione dal suolo, non importa se non siano proprio nati o se, dopo nati, siano periti prima della raccolta. L'ultimo capoverso infatti equipara il perimento alla mancata produzione dei frutti. Se i frutti sono separati, cioè tagliati, scavati, raccolti, la garanzia non funziona più quantunque non siano stati trasportati altrove. In questi casi il locatore ha adempiuto alla propria obbligazione e l'affittuario, divenuto proprietario dei frutti, deve subire le conseguenze della loro perdita. Oltretutto non sarebbe facile determinare in tal caso se la perdita dei raccolti sia dovuta a fortuito o non piuttosto ad incuria dell'affittuario non abbastanza sollecito a riporre i frutti in luogo sicuro.
La riduzione non può essere domandata se la perdita trovi compenso nei precedenti raccolti. Se ad es. il fondo affittato per più anni renda ordinariamente cento quintali di grano e il primo anno ne ha dati cento, il secondo centoventi e il terzo quaranta, l'affittuario non ha diritto alla riduzione di canone perché i venti quintali di eccedenza del secondo anno lo compensano della perdita sofferta nel terzo, in modo che questa risulti inferiore alla meta del raccolto medio.
Stabilisce il capoverso che qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti la riduzione è determinata alla fine dell'affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi. Soltanto alla fine dell'affitto potrà venir fatta la compensazione tra le varie raccolte. Non si potrà però parlare di abbuono se in nessuna delle annate si ebbe una perdita di metà almeno del normale raccolto. Così ad es. se un fondo è solito rendere cento quintali di grano e nei tre anni dell'affitto ne ha reso soltanto cinquantuno quintali per ciascun anno, nessuna riduzione di fitto può essere domandata. Dovendosi poi il conguaglio eseguire con i frutti raccolti in tutti gli anni, bisognerà tener conto sia delle annate buone che delle cattive.
La riduzione non può mai eccedere la metà del fitto, quale che sia la perdita subita dall'affittuario. Nella riduzione devono essere calcolati gli indennizzi che l'affittuario abbia conseguito o possa conseguire in relazione alla perdita sofferta. Ciò «in ogni caso » e cioè tanto quando il locatore sia intervenuto tanto quando sia rimasto estraneo alle pattuizioni tra l'affittuario e il terzo (di regola istituto assicuratore). Con ciò il locatore non trae alcun ingiusto arricchimento, dato il diritto di surrogazione dell'assicuratore sino alla concorrenza dell'ammontare dell'indennità verso il locatore a norma dell'art. 1916 del codice.
La prova della perdita dei raccolti spetta all'affittuario che chiede la riduzione del fitto. La prova dell'abbondanza dei raccolti precedenti, dovrebbe incombere al locatore che eccepisce l'inammissibilità della domanda, ma in realtà non si tratta di una vera e propria eccezione, ma della prova di un estremo dell'azione promossa dal conduttore per ottenere la riduzione. L'affittuario deve dimostrare la realtà della perdita sofferta che, per essere tale, non deve essere compensata dalle altre raccolte e quindi deve provare anche l'entità delle raccolte precedenti.
Poiché all'affittuario che ha subito una grave perdita e non è compensato dai precedenti raccolti può essere gravoso di pagare l'intero fitto e di attendere lo scadere del contratto per veder eseguito il conguaglio, l'autorità giudiziaria può, in via provvisoria, dispensare l'affittuario dal pagamento di una parte del fitto che sia proporzionale alla perdita subita. L'istanza va proposta dall'affittuario sia con azione che con eccezione.