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Articolo 1726 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Revoca del mandato collettivo

Dispositivo dell'art. 1726 Codice Civile

Se il mandato è stato conferito da più persone con unico atto(1) e per un affare d'interesse comune, la revocanon ha effetto qualora non sia fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa(2).

Note

(1) L'unicità dell'atto deve essere intesa in senso sostanziale e non formale.
(2) In caso di giusta causa basta la revoca di un solo mandante per estinguere il mandato, anche se si tratta di mandato plurimo, cioè conferito con più atti da più mandanti.

Ratio Legis

Il mandato che sorge dalla volontà di più soggetti non può che estinguersi con il concorso della volontà di tutti questi soggetti.

Spiegazione dell'art. 1726 Codice Civile

La solidarietà nel mandato con pluralità di subietti

La pluralità di subietti è sempre causa di responsabilità solidale: sono solidalmente responsabili i mandanti nel mandato collettivo, i mandatari in quello congiuntivo. I mandatari inoltre, come si è visto a proposito dell'art. 1716, sono obbligati in solido non solo nel mandato congiuntivo ma anche quando pur non essendo stati nominati per agire congiuntamente abbiano comunque operato in tal modo. Rispondono ancora a norma dell'art 1294 della mancata esecuzione del mandato oltre che del modo di esecuzione dello stesso.


La revoca del mandato collettivo

Il mandato collettivo è caratterizzato : a) dalla pluralità dei subietti ; b) dall'unicità dell'atto di conferimento; c) dall'interesse di tutti i mandanti nell'affare.
Alla comunanza dell'interesse si ricollega direttameute la norma che salvo il caso di una giusta causa di revoca il mandato non può essere revocato se non sono d'accordo tutti i mandanti. La volontà di ciascuno è legata ed è dipendente da quella degli altri: uno o più dei mandanti non possono disconoscere l'interesse degli altri alla esecuzione dell'affare a opera del mandatario; quando essi conferirono il mandato s'impegnarono reciprocamente all'esecuzione. L'eccezione della facoltà di revoca anche isolata per giusta causa si spiega con il riflesso che in questo caso la revoca si reputa d'interesse comune di tutti.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

533 L'articolo 611 prevede il caso del mandato conferito da più persone con un medesimo atto e dichiara inefficace la revoca fatta da solo uno dei mandanti.
In questa ipotesi, che presuppone l' unicità dell'atto di conferimento come indice di inseparabilità dell'affare, questo appartiene a tutti i mandanti e, dovendo il mandatario agire nell'interesse indivisibile di tutti i mandanti, il mandato non può essere revocato da uno dei mandanti contro l'interesse degli altri. Esempio frequente di mandato collettivo è quello conferito dal debitore ed ai creditori per la liquidazione dell'attivo del primo.

Massime relative all'art. 1726 Codice Civile

Cass. civ. n. 17443/2016

Nella perizia contrattuale la revoca ex art. 1726 c.c. del mandato collettivo conferito ai periti può avvenire, oltre che sul comune accordo di tutti i mandanti, anche su iniziativa di alcuni soltanto di essi, con effetti estintivi immediati "ex nunc" in presenza di giusta causa, spettando al giudice, in caso di contestazione, accertarne con sentenza dichiarativa la sussistenza dei presupposti, senza che, peraltro, la proposizione di tale azione costituisca condizione di efficacia della revoca stessa.

Cass. civ. n. 22529/2011

Si ha mandato collettivo - per la cui revoca, a norma dell'art. 1726 c.c., occorre il consenso di tutti i mandanti - quando la volontà di ciascuno di essi sia legata da vicendevole dipendenza a causa di un affare comune, che interessi egualmente tutti i vari mandanti per l'identità dell'oggetto o del contenuto, cioè di un affare unico, indivisibile ed indistinto, non bastando la semplice coincidenza di interessi diversi e divisi, associati solo casualmente o per opportunità, la quale può dar luogo, invece, ad un mandato plurimo.

Cass. civ. n. 20482/2011

Il mandato collettivo non si perfeziona per il mero fatto che l'incarico venga conferito da più persone per il medesimo atto, ma richiede anche che il conferimento congiunto venga disposto per un affare d'interesse comune. Tale requisito non può farsi derivare dalla mera presenza di un unico atto di conferimento dell'incarico, ma è necessario dimostrare che la volontà di ciascun mandante sia legata alla volontà degli altri e che, di conseguenza, ognuno di essi si sia determinato al conferimento dell'incarico in ragione dell'adesione degli altri, in vista del compimento dell'affare unico, indivisibile ed indistinto. Ne consegue che, in conformità alla previsione dell'art. 1726 c.c., ove manchi la prova di tale unicità di interessi, la revoca del mandato non deve necessariamente provenire da tutti i mandanti.

Cass. civ. n. 16678/2002

Qualora più persone conferiscano mandato ad una terza persona, si ha mandato collettivo solo se coesistono due requisiti: esso deve essere conferito con un unico atto nonché per un interesse comune. Di per sé, il conferimento del mandato con unico atto costituisce un elemento a favore della coincidenza di interessi, ma non dimostra tuttavia, l'esistenza di un affare unico, indivisibile e indistinto. Solo nel caso in cui sia dimostrata l'unicità dell'affare la volontà di ciascun mandante è legata da una dipendenza causale tale da giustificare l'applicazione della norma contenuta nell'art. 1726 c.c., che prevede, per la sola ipotesi del mandato collettivo, l'inefficacia della revoca prestata da uno solo dei mandanti (nel caso di specie, facendo applicazione del principio di diritto sopra enunciato, la S.C. non ha ritenuto che si abbia mandato collettivo qualora i comproprietari di un bene indiviso conferiscano ad un terzo mandato per la vendita del bene).

Cass. civ. n. 4283/2002

L'arbitraggio con cui le parti demandano ad un terzo arbitratore la determinazione, in loro sostituzione, di uno o più elementi di un contratto concluso ma incompleto, è figura assimilabile ad un mandato collettivo; ne consegue che il negozio costituente la fonte dei poteri del terzo può essere revocato anche ad opera di una sola parte qualora ricorra una giusta causa, trovando applicazione l'art. 1726 c.c.

Cass. civ. n. 3609/1999

La disciplina dell'art. 1726 c.c. in tema di mandato collettivo, secondo la quale la revoca effettuata da uno solo dei mandanti non ha effetto, non riguarda il caso della rinunzia del mandatario (arbitro libero o perito), che produce necessariamente l'effetto dello scioglimento del mandato anche collettivo, restando irrilevante che la rinunzia possa essere frutto di un'intesa con uno dei mandanti.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1726 Codice Civile

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G.I. chiede
martedì 27/02/2024
“Buonasera, sottopongo a Vostra attenzione quanto segue:
mio nonno, deceduto, risultava titolare di un libretto postale. Gli eredi del medesimo risultano mia madre, residente in Italia, mia nonna, iscritta Aire, residente in Francia, e mio zio, anch'egli residente in Francia.
Orbene, dovendo mio zio e mia nonna per tramite notaio francese stilare una procura speciale che autorizzi mia madre a gestire le burocrazia relative a summenzionato libretto postale, essendo divenuti appunto eredi legittimati a ricevere quanto contenuto in ridetto libretto, gradivo capire se esista la possibilità di stilare un' unica procura speciale dove di mio zio e mia nonna, in unica procura appunto, conferiscano poteri di procuratore verso mia madre, oppure se è necessario che le procure siano due distinte. Quanto richiesto nasce dal fatto che siccome mio zio e mia nonna dovranno nominare procuratore speciale mia madre a che questa risolva esattamente le stesse burocrazie per entrambi, mi chiedevo se quanto in parola fosse possibile, atteso che Poste Italiane non mi ha saputo rispondere.

Ringrazio in anticipo

Cordialità


Consulenza legale i 05/03/2024
Costituisce principio generale, proprio del nostro ordinamento giuridico, quello secondo cui quando un atto non necessita di essere compiuto, per sua intrinseca natura, dal diretto interessato, la rappresentanza è sempre ammessa; anzi, può dirsi che un eventuale esclusione dell’agire rappresentativo deve essere espressamente accettata, in quanto il potere di sostituire altri a sé stesso è una delle libertà di cui il gode il soggetto in materia contrattuale.
L’unica eccezione a detto principio si rinviene nei c.d. atti personalissimi, quali il testamento e la sua revoca, il matrimonio e più in generale gli atti di diritto familiare (sono tali il riconoscimento di figlio naturale, le convenzioni matrimoniali, le donazioni).

Quanto fin qui detto consente, dunque, di poter preliminarmente affermare che nel caso in esame, l’esercizio del potere rappresentativo non può essere in alcun modo contestato, avendo ad oggetto il compimento di atti non aventi contenuto personalissimo, ma che un qualunque altro soggetto, diverso dal titolare del relativo potere, può legittimamente compiere.

Accertato ciò, si rende adesso necessario analizzare come funziona in concreto l’esercizio del potere rappresentativo.
La rappresentanza, com’è noto, presuppone il potere di spendere il nome altrui (c.d. contemplatio domini), potere che comprende non soltanto la facoltà di dichiarare che il c.d. negozio rappresentativo è compiuto a nome del rappresentato (con conseguente efficacia per costui, che diviene parte sostanziale del rapporto), ma anche quella di formare la volontà negoziale, eventualmente secondo le direttive ricevute dal diretto interessato.
L’attribuzione di tale potere si realizza mediante l’utilizzo del negozio di procura, il quale si presenta come un negozio unilaterale a carattere latamente autorizzatorio, negozio che, secondo quanto espressamente disposto dall’art. 1392 del c.c., non ha effetti se non riveste le forme specificatamente prescritte per il negozio che il rappresentante deve concludere (c.d. forma per relationem).

L’unilateralità del negozio di procura trova giustificazione nella circostanza che l’effetto di essa consiste nell’attribuzione al rappresentante di un potere, cioè di una situazione attiva che costui potrà decidere di esercitare o meno, risolvendosi sotto questo aspetto il potere stesso in una semplice facoltà.
Con ciò si vuol fare osservare che il rappresentante, in forza della sola procura, non è obbligato a gestire l’affare in nome e per conto del rappresentato, il quale, dunque, non gode di alcuna garanzia al riguardo (così, se Tizio attribuisce a Caio mediante procura l’incarico di vendere la casa, deve anche accettare il rischio che la casa non sia mai venduta qualora il procuratore preferisca occuparsi di altri affari, senza poter nulla rimproverare a quest’ultimo).

Per ovviare a tale inconveniente e vincolare il rappresentante, il dominus (ovvero il soggetto rappresentato) deve stipulare un contratto in forza del quale la gestione dell’affare in nome e per conto assume carattere obbligatorio.
Di regola, tale contratto si identifica nel mandato (disciplinato dagli artt. 1703 e ss. c.c.), in forza del quale, appunto, una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra.
Pertanto, si avrà che ad un rapporto esterno, costituito dalla procura, si somma un rapporto interno, costituito dal contratto di mandato: la prima attribuisce il potere di spendere il nome e fonda la relativa legittimazione di fronte ai terzi, mentre il secondo obbliga il rappresentante a gestire l’affare, concludendo il negozio rappresentativo.

Dalla commistione di questi due negozi giuridici dottrina e giurisprudenza ne fanno discendere l’applicabilità alla rappresentanza di alcune norme del mandato e viceversa.
In particolare, per ciò che qui interessa, tra le norme del contratto di mandato che possono estendersi analogicamente alla procura non può che ricomprendersi l’art. 1726 c.c., norma che, nel disciplinare la revoca del mandato collettivo (come risulta dalla sua stessa rubrica), implicitamente ammette che più persone possano con un unico atto e per un affare di interesse comune conferire mandato (con rappresentanza) ad un unico soggetto.

E’ proprio in questa norma, dunque, che si deve rinvenire il fondamento normativo dell’atto che si ha intenzione di compiere e che la società dinanzi alla quale la procura dovrà essere utilizzata non potrà in alcun modo contestare, pena l’illegittimità di ogni suo eventuale rifiuto.


Silvano chiede
domenica 03/04/2011 - Lombardia

“Se non tutti i condomini sono d'accordo nella revoca dell'amministratore di condominio, può trovare applicazione in questa ipotesi, l'art 1726 cod. civ.?”

Consulenza legale i 04/04/2011

Nell’ipotesi di revoca dell’amministratore di condominio esiste una disciplina specifica data dall’art. 1129 del c.c. in combinato disposto con l’art. 1136 del c.c., per cui l’assemblea può in ogni tempo revocare l’amministratore, con deliberazione approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. L’amministratore può, altresì, essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino in alcuni casi: se ha omesso di comunicare all’assemblea l’esistenza di limiti relativi alle sue attribuzioni in caso di esercizio della rappresentanza processuale, (ultimo comma dell’art. 1131 del c.c.); se non ha reso per due anni di seguito il conto della sua gestione o se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.