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Articolo 60 Testo unico sul pubblico impiego (TUPI)

(D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165)

[Aggiornato al 17/09/2024]

Controllo del costo del lavoro

Dispositivo dell'art. 60 TUPI

1. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce le modalità di acquisizione della consistenza del personale, in servizio e in quiescenza presso le amministrazioni pubbliche, e delle relative spese, ivi compresi gli oneri previdenziali e le entrate derivanti dalle contribuzioni, anche per la loro evidenziazione, limitatamente al personale dei ministeri, a preventivo e a consuntivo, mediante allegati al bilancio dello Stato. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato elabora, altresì, il conto annuale che evidenzi anche il rapporto tra contribuzioni e prestazioni previdenziali relative al personale delle amministrazioni statali.

2. Le amministrazioni pubbliche presentano, entro il mese di maggio di ogni anno, alla Corte dei conti e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, il conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate secondo le modalità di cui al comma 1. Il conto è accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regolamenti e dagli atti di programmazione. Le comunicazioni previste dal presente comma sono trasmesse, a cura del Ministero dell'economia e delle finanze, anche all'Unione delle province d'Italia (UPI), all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani (UNCEM), per via telematica.

3. Gli enti pubblici economici, le aziende e gli enti che producono servizi di pubblica utilità, le società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, nonché gli enti e le aziende e gli enti di cui all'art. 70, comma 4 e la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, relativamente ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il predetto Dipartimento della funzione pubblica.

4. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle risorse finanziarie destinate al personale del settore pubblico, avvalendosi di tutti i dati e delle informazioni disponibili presso le amministrazioni pubbliche. Con apposite relazioni in corso d'anno, anche a richiesta del Parlamento, la Corte riferisce altresì in ordine a specifiche materie, settori ed interventi.

5. Il Ministero dell'economia e delle finanze, anche su espressa richiesta del Ministro per la semplificazione e pubblica amministrazione, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tali verifiche vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato esercitano presso le predette amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di cui all'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38 e all'art. 2, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, sia i compiti di cui all'art. 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93.

6. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica è istituito l'Ispettorato per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro delegato. L'Ispettorato vigila e svolge verifiche sulla conformità dell'azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, sull'efficacia della sua attività con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, sul corretto conferimento degli incarichi, sull'esercizio dei poteri disciplinari, sull'osservanza delle disposizioni vigenti in materia di controllo dei costi. Collabora alle verifiche ispettive di cui al comma 5. Nell'ambito delle proprie verifiche, l'Ispettorato può avvalersi della Guardia di Finanza che opera nell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti dalle leggi vigenti. Per le predette finalità l'Ispettorato si avvale altresì di un numero complessivo di dieci funzionari scelti tra esperti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'interno, o comunque tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando o fuori ruolo, per il quale si applicano l'art. 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e l'art. 56, comma 7, del Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Per l'esercizio delle funzioni ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte anche d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'art. 53. L'Ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l'amministrazione interessata ha l'obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall'ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell'individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all'art. 55, per l'amministrazione medesima. Gli ispettori, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l'obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla Procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate.

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Fabio S. chiede
lunedì 21/06/2021 - Lombardia
“Buongiorno siamo un gruppo di sanitari (medici ed infermieri) che abbiamo dato vita da un paio di mesi ad una APS con lo scopo di formare, divulgare, informare, promuovere attività di crescita ed educazione di sanitari ma anche popolazione laica. Come ben sa l'attività è no profit.
esiste qualche obbligo verso le aziende sanitarie dove lavoriamo (pubbliche)?
Grazie”
Consulenza legale i 27/06/2021
Il D.P.R. 16 aprile 2013 n. 6 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) all’art. 5 prevede che:
“1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio. Il presente comma non si applica all’adesione a partiti politici o a sindacati.
2. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni nè esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.”.

Elemento costitutivo dell’obbligo di comunicazione è quindi l’interesse conflittuale.

Perché sussista l’obbligo di comunicazione lo scopo sociale dell’associazione deve porsi in potenziale conflitto con la finalità perseguita dall’unità produttiva ove il lavoratore presta la propria attività.
In altre parole, l’associazione deve porsi in concorrenza con l’azienda sanitaria presso cui presta servizio il socio come dipendente pubblico.

Ad esempio, nell’ipotesi in cui sia l’azienda sanitaria, sia l’APS si occupino di formazione dei sanitari, sussisteranno i presupposti per un obbligo di comunicazione nei confronti dell’ufficio di appartenenza.

Occorre, inoltre, tenere in considerazione le normative che disciplinano le attività extralavorative del pubblico dipendente e che potrebbero entrare in conflitto con il rapporto pubblico, come potrebbe essere appunto l’adesione all’APS.

Il D. Lgs. 30.03.2001 n. 165, all’art. 53 (Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi), dispone:
  • al comma 1, che resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957 (che esaminerò in seguito);
  • al comma 5, che in ogni caso, il conferimento operato direttamente dall’amministrazione, nonché l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d’impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.
  • al comma 7, che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi.Il comma 12 prevede l’unico caso di incarico a titolo gratuito ma lo vincola solo tra le amministrazioni pubbliche e non per quelle private (così introdotto dall’art. 1, comma 42 della legge n. 190 del 2012).
L’art. 60 del D. Lgs. n. 165/2001 “limpiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”.

La violazione del divieto di cui al comma 60 o la mancata comunicazione di cui al comma 58, nonchè le comunicazioni risultate non veritiere anche a seguito di accertamenti ispettivi dell’amministrazione, costituiscono giusta causa di recesso per i rapporti di lavoro disciplinati dai contratti collettivi nazionali di lavoro e costituiscono causa di decadenza dall’impiego per il restante personale, sempreché le prestazioni per le attività di lavoro subordinato o autonomo svolte al di fuori del rapporto di impiego con l’amministrazione di appartenenza non siano rese a titolo gratuito, presso associazioni di volontariato o cooperative a carattere socio-assistenziale senza scopo di lucro.

In definitiva, un’incompatibilità potrebbe sussistere nel caso in cui l’attività presso l’APS sia svolta a titolo oneroso.

Invece, non dovrebbe sussistere alcun obbligo di comunicazione per l’attività prestata nell’associazione a titolo gratuito.

Nel luglio 2013 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha cercato di riordinare la normativa, emanando una circolare contenente i criteri generali in materia di incarichi vietati ai dipendenti pubblici.
Gli incarichi vietati sono quelli caratterizzati da abitualità, professionalità e conflitto di interessi con la pubblica amministrazione di appartenenza.

Tanto premesso, l'incarico di amministratore di una ONLUS presenta i caratteri dell'abitualità e della professionalità, anche in assenza del fine di lucro. La circolare vieta, quindi, di accettare cariche in società costituite a fine di di lucro, non nell’ambito della Onlus.

Tuttavia, considerando la normativa nel suo complesso, si ritiene che il pubblico dipendente possa ricoprire il ruolo di amministratore di una ONLUS esclusivamente a patto di non percepire alcun compenso della persona giuridica che rappresenta legalmente.

Si invita pertanto a chiedere l’autorizzazione a ricoprire il ruolo di amministratore dell’APS in via preventiva all’amministrazione di appartenenza.

Pur in assenza di compenso, si ricorda che sarà necessario tenere in considerazione l’eventuale incompatibilità ai sensi del D.P.R. 6/2013 e il relativo obbligo di comunicazione.