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Articolo 51 Testo unico degli enti locali (TUEL)

(D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267)

[Aggiornato al 07/07/2024]

Durata del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati

Dispositivo dell'art. 51 TUEL

1. Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di cinque anni.

2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente ricandidabile alle medesime cariche. Per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del terzo mandato. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non si applicano ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti(1).

3. Per l'ipotesi di cui al comma 2, primo periodo, è consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie.

Note

(1) Il comma 2 è stato modificato dall'art. 4, comma 1 del D.L. 29 gennaio 2024, n. 7, convertito con modificazioni dalla L. 25 marzo 2024, n. 38.

Massime relative all'art. 51 TUEL

Cons. Stato n. 744/2018

Il limite del cd. doppio mandato, oggi contemplato dall'art. 51 T.U.E.L., è stato inizialmente previsto dalla L. 81/1993 con cui era stata introdotta l'elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia. La ratio della norma viene generalmente ricondotta all'esigenza di bilanciare i nuovi e maggiori poteri riconosciuti, proprio dal sistema di elezione diretta, al sindaco e al presidente di provincia rispetto a quelli delle giunte e dei consigli, così introducendo un limite - in soli termini di continuità - alla permanenza al vertice dell'Amministrazione di un determinato soggetto. Ed infatti la L. 81/1993 ha solamente previsto l'immediata rieleggibilità alla medesima carica dopo due mandati consecutivi, senza con ciò pregiudicare un eventuale terzo mandato, previa opportuna interruzione. Questo Consiglio di Stato ha più volte chiarito la rispondenza di tale norma alla necessità di favorire il ricambio ai vertici dell'amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell'uso del potere dell'amministrazione locale, in modo da spezzare il vincolo personale tra elettore ed eletto per sostituire alla personalità del comando l'impersonalità di esso ed evitare clientelismo. Cionondimeno, l'ineleggibilità per un terzo mandato consecutivo per il sindaco od il presidente della provincia ha sempre sollevato - sia sul piano politico che su quello giuridico - notevoli perplessità, tanto che ne è stata a più riprese posta in dubbio la costituzionalità.

Cass. civ. n. 6128/2015

In materia elettorale, il divieto di immediata rieleggibilità a sindaco di chi abbia ricoperto tale carica per due mandati consecutivi, previsto dall'art. 51, secondo comma, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, mirando ad assicurare, nelle elezioni al governo locale, la tutela della “par condicio", suscettibile di essere alterata da rendite di posizione, opera anche qualora, durante uno dei mandati, il Comune sia stato gestito da un commissario prefettizio, non potendosi escludere la configurabilità del mandato stesso in presenza di una siffatta gestione, ed altresì prescindendo la citata norma (salva l'eccezione introdotta dal suo terzo comma) dalla consecutività dell'effettivo espletamento delle funzioni di sindaco.

In materia elettorale, la regola della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato di chi abbia già per due volte ricoperto la carica di sindaco non subisce deroga nel caso di interposizione di una gestione commissariale per anticipato scioglimento del consiglio comunale.

Cons. Stato n. 114/2014

È legittimo il decreto con il quale il Prefetto ha disposto il commissariamento di un Comune (nella specie, si trattava del Comune di San Marzano di San Giuseppe, in provincia di Taranto), che sia motivato con riferimento alla intervenuta decadenza del Sindaco, a seguito dell'accertamento dell'esistenza di una causa di ineleggibilità dello stesso, accertata e dichiarata dal Giudice ordinario, in quanto eletto in violazione del divieto di rielezione per un terzo mandato, dettato dall'art. 51, comma 2, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante il T.U. degli Enti locali). In tal caso, infatti, devono ritenersi legittimi i poteri esercitati dal Prefetto che, in forza di quanto previsto dall'art. 19, comma 4, del R.D. n. 383 del 1934, dispone il commissariamento del Comune fino al rinnovo degli organi ordinari all'esito di un nuovo turno elettorale e nomina un Commissario prefettizio per l'esercizio delle funzioni spettanti normalmente al Sindaco, alla Giunta ed al Consiglio comunale.

C. Conti n. 94/2010

L'elezione del sindaco al terzo mandato consecutivo, in violazione dell'art. 51. comma 2, t.u.e.l., approvato con D.P.R. 267/2000, determina la responsabilità erariale dello stesso e di tutto il Consiglio comunale illegittimamente operante, a titolo di colpa grave. Il danno per l'ente è circoscritto alla sola indennità di funzione.

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Consulenze legali
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Emanuele V. chiede
giovedì 05/04/2018 - Lombardia
“In un comune con meno di 15.000 abitanti, da quando decorre, esattamente, il termine di cui al comma 3, dell'art. 51 del TUEL? Decorre, cioè, dalla data di proclamazione del Sindaco a seguito della redazione del verbale dell'adunanza del presidenti delle sezioni, OPPURE, come credo, dalla convalida degli eletti (incluso in sindaco) che avviene durante la seduta del primo consiglio comunale ai sensi dell'art. 41, comma 1, seduta dalla quale, penso, decorrano i 5 anni di cui al comma 1, del citato Art. 51 TUEL?”
Consulenza legale i 12/04/2018
Per dirimere il quesito è necessario innanzitutto tener conto del fatto che, per quanto riguarda il Sindaco, non esiste un'espressa previsione normativa in ordine al momento in cui egli entra in carica (lo stesso vale per il Presidente della Provincia).

A tal proposito, il Consiglio di Stato, V Sez., con sentenza n. 4694/2006, ha stabilito che “il sindaco e il presidente della provincia si insediano immediatamente per effetto della proclamazione consacrata nell’apposito verbale del competente Ufficio centrale e da quel momento sono abilitati a compiere tutti gli atti di loro competenza. Da cio discende che, dopo l’entrata in vigore del t.u. 267/2000, il giuramento non e piu la condizione per l’assunzione delle funzioni, come disciplinato nei precedenti ordinamenti”.

Tale assunto si basa sul fatto che non è contestabile il fatto che il Sindaco si insedi immediatamente, per effetto della avvenuta proclamazione da parte dell'Ufficio elettorale centrale, alla stessa stregua di quanto accade per tutti gli altri consiglieri (in tal senso dispone eloquentemente l’art. 38, comma 4, che recita: «I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ...») e che, nel medesimo istante, cessi il mandato dei loro predecessori.

Tale considerazione deriva innanzitutto dall'analisi dell'attuale sistema elettorale, caratterizzato da una forte personalizzazione del Sindaco, figura che viene oramai indicata direttamente dal corpo elettorale.

Il Sindaco, fin dal momento della proclamazione, è abilitato a compiere tutti gli atti di sua competenza (ivi inclusi i provvedimenti posti in essere in qualità di ufficiale del Governo). Il Testo unico non accenna ad alcuna limitazione oggettiva dell’attività giuridica dell'organo in questione e, tanto meno, si rinviene una norma che restringa l’esercizio delle rispettive potestà pubbliche alle sole funzioni transitorie e strumentali.

Una differente ricostruzione condurrebbe difatti a ritenere, una volta scartata l’idea di un’inconcepibile interruzione del fluire di siffatte essenziali funzioni amministrative, locali e statali, che all’assolvimento di tali compiti debba provvedere il precedente organo monocratico, sebbene non piu in carica fin dalla proclamazione del vincitore della competizione elettorale, ancora in forza di una prorogatio, indiscutibilmente eccezionale (come tutte le figure di prorogatio), della quale tuttavia non vi è traccia nell’ordinamento settoriale (e, dunque, all’interprete ne è impedita la configurazione in via ermeneutica e praeter legem).

Per quanto riguarda il giuramento prestato durante la seduta di insediamento, non va sottaciuta la circostanza che l’art. 50, comma 11, del T.u.e.l. si riferisce unicamente alla seduta d’insediamento del Consiglio e non all’investitura del Sindaco e del Presidente della Provincia in capo ai quali, già nel pieno delle loro funzioni in occasione della prima adunanza consiliare, grava soltanto l’obbligo di prestare il giuramento di osservare lealmente la Costituzione, parametro fondamentale di ogni azione di governo: in altre parole, è inevitabile che tra l’entrata in carica del singolo consigliere e l’insediamento del consiglio d’appartenenza vi sia una cesura temporale, atteso che un consigliere da solo, quantunque già investito del munus, non può esercitare alcuna funzione poiché il suo mandato è destinato a svolgersi nell’ambito dell’organo collegiale cui appartiene e del quale, pertanto, deve essere intervenuto il regolare insediamento (oltre alla rituale costituzione).

Il medesimo ragionamento non si attaglia, per contro, alla diversa fattispecie dell’insediamento del Sindaco e del Presidente della Provincia i quali, in quanto organi monocratici di vertice dell’ente, scelti direttamente dalla collettivita di riferimento, entrano immediatamente in carica non appena eletti.

Per tali motivi, è da considerarsi pacifico che il mandato del Sindaco eletto inizia a partire dall'accertamento definitivo operato dall'adunanza dei presidenti delle sezioni.