La norma ha la finalità di definire i caratteri fondamentali del mutamento d’uso rilevante, comportante un aggravio del carico urbanistico generato dall’immobile sui servizi ed infrastrutture.
Infatti, prima della novella il legislatore nazionale aveva lasciato alle Regioni il compito di definire il regime abilitativo delle varie tipologie di mutamento d’uso, senza però occuparsi di individuare prima di tutto quali fossero i mutamenti d’uso urbanisticamente rilevanti e quali, invece, i mutamenti privi di portata urbanistica.
Tale lacuna è stata colmata prima dalla giurisprudenza e poi con l’introduzione nel Testo Unico dell’articolo in commento; tuttavia, in dottrina si è evidenziato che proprio l’apertura del comma 1, che fa salve le diverse previsioni delle leggi regionali, potrebbe vanificare l’intento del Legislatore in quanto sembra consentire alle Regioni una completa riscrittura della norma.
Altre problematicità sono state rilevate in merito all’inquadramento delle disposizioni contenute nell’articolo 23
ter, che pur ponendosi come principi fondamentali alle quali le Regioni si devono adeguare nel termine previsto dal terzo comma, tradiscono la propria natura di dettaglio alla luce della facoltà derogatoria attribuita alle leggi regionali dall’
incipit del comma 1.
Il mutamento di destinazione d’uso preso in considerazione può verificarsi anche senza la realizzazione di opere edilizie ed è considerato rilevante, nel senso sopra menzionato, quando comporti il passaggio ad una diversa categoria funzionale tra quelle elencate al primo comma dell’articolo in commento.
La destinazione originaria, della quale tenere conto al fine di verificare se vi sia stato o meno un mutamento rilevante, non è data dall’uso di fatto del bene, bensì è quella prevista dagli atti pianificatori o edilizi o, in mancanza, alla stregua del criterio ausiliario-catastale (ai sensi dell’art.
9 bis del Testo Unico).
Con le recentissime riforme intervenute nel 2020, infatti, è stato abbandonato il criterio che aveva riguardo al mero dato della quantità di superficie utile, che però tralasciava altri importanti parametri relativi agli aspetti funzionali, più che quantitativi, dell’utilizzo dell’immobile.
Qualora il cambio di destinazione d’uso avvenga all’interno della medesima categoria funzionale, invece, esso è sempre ammesso e considerato per definizione urbanisticamente irrilevante.