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Articolo 23 quater Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 10/10/2024]

Usi temporanei

Dispositivo dell'art. 23 quater Testo unico edilizia

(1)1. Allo scopo di attivare processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e favorire, nel contempo, lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale, il comune può consentire l'utilizzazione temporanea di edifici ed aree per usi diversi da quelli previsti dal vigente strumento urbanistico.

2. L'uso temporaneo può riguardare immobili legittimamente esistenti ed aree sia di proprietà privata che di proprietà pubblica, purché si tratti di iniziative di rilevante interesse pubblico o generale correlate agli obiettivi urbanistici, socio-economici ed ambientali indicati al comma 1.

3. L'uso temporaneo è disciplinato da un'apposita convenzione che regola:

  1. a) la durata dell'uso temporaneo e le eventuali modalità di proroga;
  2. b) le modalità di utilizzo temporaneo degli immobili e delle aree;
  3. c) le modalità, i costi, gli oneri e le tempistiche per il ripristino una volta giunti alla scadenza della convenzione;
  4. d) le garanzie e le penali per eventuali inadempimenti agli obblighi convenzionali.

4. La stipula della convenzione costituisce titolo per l'uso temporaneo e per l'esecuzione di eventuali interventi di adeguamento che si rendano necessari per esigenze di accessibilità, di sicurezza negli ambienti di lavoro e di tutela della salute, da attuare comunque con modalità reversibili, secondo quanto stabilito dalla convenzione medesima.

5. L'uso temporaneo non comporta il mutamento della destinazione d'uso dei suoli e delle unità immobiliari interessate.

6. Laddove si tratti di immobili o aree di proprietà pubblica il soggetto gestore è individuato mediante procedure di evidenza pubblica; in tali casi la convenzione specifica le cause di decadenza dall'assegnazione per gravi motivi.

7. Il consiglio comunale individua i criteri e gli indirizzi per l'attuazione delle disposizioni del presente articolo da parte della giunta comunale. In assenza di tale atto consiliare lo schema di convenzione che regola l'uso temporaneo è approvato con deliberazione del consiglio comunale.

8. Le leggi regionali possono dettare disposizioni di maggior dettaglio, anche in ragione di specificità territoriali o di esigenze contingenti a livello locale

Note

(1) Tale disposizione è stata inserita dall'art. 10, comma 1. lettera m-bis) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76.

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F.C. chiede
mercoledģ 14/07/2021 - Puglia
“Oggetto: applicabilità dell' art. 23 quater del DPR 380/01 e ss.mm.ii. o ulteriori
Quesito: Un mio cliente si trova di fronte alla difficoltà di collocare un proprio immobile destinato ad attività collettiva DM 1444/69 nell' ambito di un vecchio PEEP 167 "Piano dell' Edilizia Economia e Popolare" del 1999, le cui norme tecniche di esecuzione dello strumento attuativo definiscono puntualmente per attività collettive : uffici di interesse comunale, biblioteca di quartiere,sala per conferenze, sedi di associazioni, assistenza sanitaria, sociale, religiosa e di volontariato. L' immobile in questione è stato realizzato con regolare p.d.c unico nell' ambito di un più ampio intervento di immobili residenziali del predetto PEEP e ultimato nel 2012, ed è ubicato al piano terra dell' edificio condominiale residenziale. Lo stesso è dotato di agibilità e di ogni standard funzionale e igienico sanitario (>3,00 mt, presenza di numero adeguato o ampliabile di servizi igienici, rapporto aerilluminante adeguato, accesibilità disabili, etc...), ma sia da parte del comune che da private non vi è domanda relativamente agli usi previsti per le attività collettive. Tuttavia molte sono le richieste riferite ad altre attività, come ad esempio attività commericiali (discount/supermercati), palestre, centro ludico per l' infanzia privato , a cui puntualmente ha dovuto rinunciare per via della destinazione d' uso d' origine.
Pertanto nell' ottica di un rilancio economico nonchè offerta e opportunità di lavoro è possibile stipulare una convenzione con tutti i presupposti contenuti nell' art. 23 quater del dpr 380/01 finalizzata all' utilizzo diverso nonchè destinazioni in cui il mercato locale trova una collocazione nel territorio? Ovvero vi è un' alternativa legittima che consente un uso diverso dell' immobile?
In particolare la richiesta di un ipotetico affittuario al mio committente è riferita alla realizzazione di attività di intrattenimento di cui codice ateco 932990 compatibile sotto il profilo degli standard edilizi e igienico sanitari e abbattimento barriere architettoniche con l'u.i. in oggetto.
Per ulteriori specifiche potrei inviare l' atto di convenzione del privato proprietario anche esecutore dell' intervento con il comune e le NTA della lottizzazione PEEP ed ulteriori altri atti.

Molto Cordialmente”
Consulenza legale i 23/07/2021
Preliminarmente, va rilevato che l’art. 23 quater, T.U. Edilizia costituisce una assoluta novità introdotta dal cosiddetto Decreto Semplificazioni del 2020.
Questo significa che non esistono ancora –per ovvi motivi- precedenti giurisprudenziali da poter richiamare al riguardo, anche se è comunque possibile svolgere alcune considerazioni utili in relazione al caso di specie.

La norma in questione dà la possibilità al Comune di autorizzare, senza previa approvazione di una variante di piano, che aree pubbliche o private ed edifici legittimamente costruiti vengano adibiti “ad usi diversi da quelli previsti dal vigente strumento urbanistico”.
Secondo quanto emerge dal testo dell’articolo, i presupposti per il ricorso a tale istituto sono i seguenti:
1) la duplice finalità di attivare processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e di favorire lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale;
2) la circostanza che si tratti di iniziative di rilevante interesse pubblico o generale correlate agli obiettivi suddetti;
3) la temporaneità dell’uso.
Ai fini dell’attuazione dell’intervento, è richiesta la stipulazione di una convenzione urbanistica, il cui contenuto fondamentale è indicato al comma 3 dell’articolo il parola, con la precisazione che le eventuali opere di adeguamento dell’immobile siano reversibili (in modo da poterlo rimettere in pristino una volta terminato l’uso temporaneo).
È prevista la possibilità per le Leggi regionali di adottare disposizioni di maggior dettaglio, anche in ragione di specificità territoriali o di esigenze contingenti a livello locale, ma non risulta che la Regione Puglia abbia ad oggi provveduto in tal senso.

Tanto premesso, la prima considerazione da fare è che, trattandosi di una norma che consente di derogare agli strumenti urbanistici, essa verrà probabilmente interpretata in senso restrittivo e in modo rigoroso, limitandone l’applicazione alle fattispecie che rispecchino completamente i suddetti requisiti.
Quanto alle finalità indicate dal comma 1, inoltre, si nota che esse richiamano concetti in relazione ai quali assume una fondamentale importanza la discrezionalità amministrativa, ossia la prerogativa della pubblica amministrazione di valutare –in modo insidacabile in sede giurisdizionale, ad eccezione dei casi in cui si sfoci nell’arbitrio- liberamente le modalità più opportune con le quali perseguire gli interessi pubblici ad essa affidati.
In tale contesto, pare difficoltoso ipotizzare un qualche obbligo in capo all’Amministrazione di fare ricorso all’art. 23 quater in luogo di altri strumenti previsti dall’ordinamento per attuare ad es. la valorizzazione di aree dismesse o non utilizzate.
Ne consegue che un eventuale diniego opposto dal Comune non potrebbe essere utilmente messo in discussione davanti al Giudice sotto tale profilo, in quanto esso -come sopra scritto- è sottratto al sindacato del Giudice amministrativo.

Qualche aiuto nell'interpretazione della norma è fornito dalla definizione delle iniziative per le quali è possibile utilizzare questo istituto, ossia solo quelle “di rilevante interesse pubblico o generale…”.
L’espressione è molto simile a quella contenuta nell’art. 14 in tema di permesso di costruire in deroga, con la differenza che qui è riferita ad “iniziative”, e non a singoli interventi edilizi, e che vi è l’aggiunta dell’aggettivo “rilevante”.
La giurisprudenza formatasi in merito all’art. 14 del T.U. ha chiarito che la nozione interesse pubblico comprende anche gli edifici privati destinati alla realizzazione di finalità di carattere generale a servizio della collettività, come ad esempio economici, culturali, sociali e così via (T.A.R. Milano, sez. II, 09 maggio 2017, n. 1045).

Alla luce delle differenze tra la formulazione delle due norme e ferma restando la suddetta definizione di interesse pubblico (in cui potrebbe astrattamente rientrare il caso in esame), pare allo scrivente che l’art. 23 quater si riferisca a interventi più strutturati e più ampi di una semplice “riconversione” di un singolo immobile da area ad interesse collettivo a locale di intrattenimento, senza contare che comunque si tratterebbe di una soluzione “a tempo determinato”.
In ogni caso, dato che la norma è di recentissima introduzione, non è assolutamente escluso che l’Amministrazione comunale interessata sia di diverso avviso, in considerazione della concreta utilità che un intervento di questo genere potrebbe portare alla zona.

Si potrebbe forse considerare in alternativa la strada accennata sopra del permesso di costruire in deroga ex art. 14 del T.U., che come visto può riguardare anche edifici privati e che –se rilasciato- consente appunto di derogare alle previsioni degli strumenti urbanistici generali sotto l’aspetto dei limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, nonché le destinazioni d'uso ammissibili.
Peraltro, il comma 1 bis dell’articolo da ultimo menzionato ammette il permesso in deroga anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia volti a finalità di rigenerazione urbana, di contenimento del consumo del suolo e di recupero sociale e urbano dell'insediamento.
In applicazione di tali principi, è stato ad esempio ritenuto legittimo un permesso in deroga relativo alla trasformazione di un parcheggio inutilizzato in attività commerciale, sulla considerazione che “il fine di carattere generale che deve essere perseguito attraverso lo strumento in discorso è un beneficio per la collettività riveniente dal cambio di destinazione d'uso dell'immobile, ancorché in deroga alle destinazioni stabilite in sede di pianificazione territoriale” (Consiglio di Stato sez. IV, 17 febbraio 2020, n. 1205).
Nel caso di specie, peraltro, si nota che –stando al quesito- l’immobile è già esistente e dotato di agibilità e di ogni standard funzionale e igienico sanitario e che l’eventuale titolo edilizio in deroga riguarderebbe principalmente la destinazione d’uso.
In caso di valutazione negativa dell’Ente circa la possibilità di autorizzare un uso temporaneo, potrebbe quindi rimanere aperta la possibilità di realizzare comunque l’intervento sulla base dell’art. 14, T.U. Edilizia.