L’articolo in esame, anzitutto, stabilisce i presupposti di legittimazione soggettiva ai fini dell’ottenimento del titolo abilitativo edilizio.
Un’interessante innovazione rispetto alla legislazione precedente è costituita dal riferimento all’”
immobile” e non all’”
area”, come invece recitava il testo originario dell’art. 4, L. n. 10/1977.
La nuova formulazione si spiega con la necessità di un migliore coordinamento con il precedente art.
10, che prevede il permesso di costruire non solo per le nuove costruzioni, bensì anche per i più rilevanti interventi che interessano il patrimonio edilizio esistente, come la ristrutturazione edilizia pesante e la ristrutturazione urbanistica.
Il primo soggetto che ha titolo a chiedere il rilascio del titolo abilitativo è naturalmente il
proprietario, che è il principale titolare dello
ius aedificandi.
In proposito, si ritiene che l’Amministrazione, pur non essendo tenuta a svolgere complessi accertamenti circa eventuali conflitti di interesse tra le parti private relativi all’assetto proprietario, abbia sempre il potere-dovere di
accertare la legittimazione soggettiva di chi richiede il permesso, verificando se egli sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o se, comunque, abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria.
Non è, però, sufficiente una disponibilità solo di fatto del bene, ma occorre la disponibilità giuridica di esso, ed è proprio a questo concetto che si riferisce l’espressione “
chi abbia titolo per richiederlo”.
In particolare, si ritengono legittimati a chiedere il rilascio del permesso di costruire tutti quei soggetti che possano vantare un
diritto reale o di
obbligazione che dia facoltà di eseguire le opere, come ad esempio l’
usufruttuario, i titolari del diritto di
superficie, d’
uso o
abitazione, il
conduttore o locatario, il
comodatario, il conduttore d’azienda.
Una dibattuta questione riguarda la legittimazione del promissario acquirente che ha sottoscritto un
contratto preliminare di compravendita immobiliare, in merito alla quale si sono sviluppati diversi e contrastanti orientamenti interpretativi.
Una prima opinione esclude in ogni caso la legittimazione, alla luce del fatto che il diritto ad edificare si acquisirebbe solo al momento della conclusione del contratto definitivo e del conseguente trasferimento della proprietà.
Un secondo orientamento, invece, riconosce la possibilità di ottenere il titolo abilitativo anche al promissario acquirente, alla luce della tutela in forma specifica azionabile da tale soggetto ai sensi dell’art.
2932 c.c..
Si è poi affermata una tesi intermedia, secondo la quale la legittimazione del promissario a conseguire il titolo abilitativo sussiste quando tale soggetto sia stato già immesso nel
possesso e nel godimento dell’immobile o quando tale facoltà gli venga espressamente riconosciuta nel contratto preliminare.
Il riferimento del secondo comma alla non revocabilità del permesso costituisce una conferma del suo carattere autorizzatorio e non concessorio, posto che con il rilascio del titolo abilitativo non viene attribuito o trasferito al privato alcun diritto da parte della P.A., bensì viene soltanto accertata la conformità dell’esercizio dello
ius aedificandi alle prescrizioni edilizie ed urbanistiche vigenti.
Il titolo abilitativo, inoltre, è trasmissibile da parte del soggetto legittimato ai sensi del primo comma dell’articolo 11 ai propri successori o agli aventi causa, contestualmente al trasferimento della relazione giuridica qualificata con l’immobile.
L’ultimo comma della norma in commento ribadisce il consolidato principio secondo cui il rilascio del permesso di costruire fa salvi i diritti dei terzi.
Ne consegue che il terzo che ritenga per qualsiasi ragione lesi i propri diritti ha sempre la possibilità di adire il Giudice ordinario al fine di ottenere il
ristoro in forma specifica, con il ripristino dello stato dei luoghi, o
per equivalente del danno subito.