AUTORE:
Francesca Bianculli
ANNO ACCADEMICO: 2018
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Firenze
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un innegabile e sempre più rapido progresso tecnologico, che ha avuto evidenti ripercussioni su ogni aspetto della vita umana. Dispositivi elettronici come computer, smartphone e tablet sono diventati essenziali per la nostra vita personale, professionale e sociale. La tecnologia informatica si può astrattamente ritenere una tecnologia neutrale, capace, grazie al suo potenziale, di offrire vantaggi ed opportunità ed al tempo stesso un humus fertile per chi la voglia utilizzare per fini criminosi.
Le riforme resesi necessarie per contrastare le problematiche sorte a seguito dell'avvento dell'era digitale hanno toccato aspetti sostanziali e procedurali del diritto penale. Da un lato, infatti, l'ordinamento giuridico italiano ed internazionale ha cercato di reagire al fenomeno della criminalità informatica attraverso l'introduzione di nuove fattispecie penali. Dall'altro lato, gli strumenti tecnologici si sono subito rivelati possibili contenitori di informazioni, utili a fini probatori. Le cosiddette "prove digitali" si annidano all'interno dell'accertamento di qualunque tipologia di reato, compresi reati comuni del tutto privi di una dimensione tecnologica. Le indagini informatiche - che comprendono la ricerca, l'acquisizione, la conservazione e l'archiviazione di prove digitali - devono necessariamente considerare il rischio elevato della volatilità dei dati informatici e della facile alterabilità degli stessi, dovendo altresì operare nel rispetto delle garanzie costituzionali riconosciute ai singoli individui. Stante la delicatezza e l'importanza del rapporto che lega il mondo della tecnologia con il mondo del diritto, il legislatore, sia a livello nazionale che internazionale, si è occupato della materia, attraverso una serie di interventi normativi culminati con la Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica del 2001, ratificata in Italia con la L. n. 48/2008.
Le riforme resesi necessarie per contrastare le problematiche sorte a seguito dell'avvento dell'era digitale hanno toccato aspetti sostanziali e procedurali del diritto penale. Da un lato, infatti, l'ordinamento giuridico italiano ed internazionale ha cercato di reagire al fenomeno della criminalità informatica attraverso l'introduzione di nuove fattispecie penali. Dall'altro lato, gli strumenti tecnologici si sono subito rivelati possibili contenitori di informazioni, utili a fini probatori. Le cosiddette "prove digitali" si annidano all'interno dell'accertamento di qualunque tipologia di reato, compresi reati comuni del tutto privi di una dimensione tecnologica. Le indagini informatiche - che comprendono la ricerca, l'acquisizione, la conservazione e l'archiviazione di prove digitali - devono necessariamente considerare il rischio elevato della volatilità dei dati informatici e della facile alterabilità degli stessi, dovendo altresì operare nel rispetto delle garanzie costituzionali riconosciute ai singoli individui. Stante la delicatezza e l'importanza del rapporto che lega il mondo della tecnologia con il mondo del diritto, il legislatore, sia a livello nazionale che internazionale, si è occupato della materia, attraverso una serie di interventi normativi culminati con la Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica del 2001, ratificata in Italia con la L. n. 48/2008.