AUTORE:
Davide Mancini
ANNO ACCADEMICO: 2023
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea (vecchio ordinamento)
ATENEO: Universitą degli Studi di Roma La Sapienza
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il presente lavoro intende svolgere un’analisi comparatistica – tra l’ordinamento comunitario e l’ordinamento statunitense – con riferimento ad una specifica misura di vigilanza bancaria: il banker removal power, ossia il potere attribuito all’autorità di vigilanza di rimuovere, a tutela della stabilità finanziaria, gli esponenti aziendali delle banche vigilate giudicati responsabili di una condotta antigiuridica nell’esercizio (deviato) delle proprie funzioni. In conclusione, il lavoro intende evidenziare la diversa natura di tale potere di garanzia della “sicurezza bancaria” nei due ordinamenti presi in esame.
Difatti, in Europa si è aderito ad una concezione preventiva-regolatoria del potere di rimozione degli esponenti aziendali – poiché siffatto potere costituisce una “misura di intervento precoce” finalizzata a prevenire una crisi bancaria (non ancora manifestata). Per tale ragione, il potere (regolatorio) di removal previsto dal nostro ordinamento risulta esercitabile, in fase pre-critica, al ricorrere di presupposti discrezionali, a cominciare dal “pregiudizio per la sana e prudente gestione”. Difatti, in qualità di misura di intervento precoce, si richiede un giudizio prognostico da parte dell’amministrazione per il suo esercizio. Tale giudizio prognostico consiste nella valutazione dell’idoneità ex ante di una siffatta misura alla salvaguardia della sana e prudente gestione della banca, escludendo che tale scopo possa essere perseguito da misure meno incisive. Di conseguenza, il potere (regolatorio) di removal italiano si “focalizza” sulla condizione oggettiva dell’istituzione bancaria, richiedendo alternativamente a fini applicativi: (a) un pregiudizio per la sana e prudente gestione della banca; ovvero (b) una grave violazione normativa o grave irregolarità amministrativa sul piano oggettivo; ovvero (c) un significativo deterioramento della situazione della banca. Dunque, in Italia può esserci rimozione anche senza colpevolezza (“impersonalità” del removal italiano).
D’altro canto, negli Stati Uniti si è aderito ad una concezione rimediale-sanzionatoria del potere di rimozione degli esponenti aziendali – poiché siffatto potere costituisce piuttosto una “azione formale di enforcement”, esercitabile (soltanto) in caso di inadeguatezza delle misure di vigilanza regolamentare ordinaria per il caso concreto, al fine di (a) rimediare ad una crisi bancaria (già manifestata) e (b) punire l’attuale colpevole e al tempo stesso dissuadere pro-futuro altri potenziali colpevoli. Per tale ragione, il potere (sanzionatorio) di removal statunitense risulta esercitabile, in fase critica, al ricorrere di presupposti vincolati strictu sensu: (i) condotta impropria (improper conduct); (ii) conseguenze negative (negative consequences); e (iii) intenzionalità (scienter). Difatti, in qualità di azione formale di enforcement, si richiede un giudizio diagnostico da parte dell’amministrazione per il suo esercizio. Tale giudizio diagnostico consiste nella valutazione della sussumibilità ex post del fatto concreto alla fattispecie astratta di rimozione. Di conseguenza, il potere (sanzionatorio) di removal statunitense si “focalizza” sulla condotta soggettiva del responsabile, richiedendo inter alia a fini applicativi proprio l’elemento psicologico della intenzionalità. Dunque, negli Stati Uniti non c’è rimozione senza colpevolezza (“personalità” del removal statunitense). In particolare, il potere di removal statunitense appare ricostruibile secondo “cerchi concentrici”: difatti, siffatto potere risulta (a) sanzionatorio verso il colpevole rimosso (cerchio minore), (b) rimediale verso la banca in crisi (cerchio maggiore) e (c) dissuasivo verso tutte le altre banche (cerchio massimo). Da ciò deriva peraltro la sua tendenziale polifunzionalità, il cui esercizio – dinanzi ad una crisi pressoché già manifestata – rappresenta al tempo stesso una sanzione, un rimedio ed un deterrente.
Viceversa, in Europa si è riconosciuta la tendenziale mono-funzionalità del removal, il cui esercizio – dinanzi ad una crisi non ancora manifestata – rappresenta una prevenzione di natura regolatoria, senza alcuna necessità di assumere funzioni ulteriori: in altri termini, la prevenzione basta e avanza. In sostanza, da un lato, in Europa il banker removal power si fonda sul principio secondo cui prevenire è meglio che curare (vigilanza bancaria "proattiva"); da qui, l’inserimento di tale potere tra le misure precoci di vigilanza, esercitabili dinanzi ad indici sintomatici di una crisi bancaria (non ancora manifestata).
D’altro canto, negli Stati Uniti il banker removal power si fonda sul principio secondo cui il rimedio è la cura migliore (vigilanza bancaria "reattiva"); da qui, l’inserimento di tale potere tra gli administrative enforcement orders, esercitabili (soltanto) in caso di comprovata inadeguatezza dei poteri di vigilanza ordinaria per il caso concreto, e dunque dinanzi ad indici conclamati di una crisi bancaria (già manifestata).
Difatti, in Europa si è aderito ad una concezione preventiva-regolatoria del potere di rimozione degli esponenti aziendali – poiché siffatto potere costituisce una “misura di intervento precoce” finalizzata a prevenire una crisi bancaria (non ancora manifestata). Per tale ragione, il potere (regolatorio) di removal previsto dal nostro ordinamento risulta esercitabile, in fase pre-critica, al ricorrere di presupposti discrezionali, a cominciare dal “pregiudizio per la sana e prudente gestione”. Difatti, in qualità di misura di intervento precoce, si richiede un giudizio prognostico da parte dell’amministrazione per il suo esercizio. Tale giudizio prognostico consiste nella valutazione dell’idoneità ex ante di una siffatta misura alla salvaguardia della sana e prudente gestione della banca, escludendo che tale scopo possa essere perseguito da misure meno incisive. Di conseguenza, il potere (regolatorio) di removal italiano si “focalizza” sulla condizione oggettiva dell’istituzione bancaria, richiedendo alternativamente a fini applicativi: (a) un pregiudizio per la sana e prudente gestione della banca; ovvero (b) una grave violazione normativa o grave irregolarità amministrativa sul piano oggettivo; ovvero (c) un significativo deterioramento della situazione della banca. Dunque, in Italia può esserci rimozione anche senza colpevolezza (“impersonalità” del removal italiano).
D’altro canto, negli Stati Uniti si è aderito ad una concezione rimediale-sanzionatoria del potere di rimozione degli esponenti aziendali – poiché siffatto potere costituisce piuttosto una “azione formale di enforcement”, esercitabile (soltanto) in caso di inadeguatezza delle misure di vigilanza regolamentare ordinaria per il caso concreto, al fine di (a) rimediare ad una crisi bancaria (già manifestata) e (b) punire l’attuale colpevole e al tempo stesso dissuadere pro-futuro altri potenziali colpevoli. Per tale ragione, il potere (sanzionatorio) di removal statunitense risulta esercitabile, in fase critica, al ricorrere di presupposti vincolati strictu sensu: (i) condotta impropria (improper conduct); (ii) conseguenze negative (negative consequences); e (iii) intenzionalità (scienter). Difatti, in qualità di azione formale di enforcement, si richiede un giudizio diagnostico da parte dell’amministrazione per il suo esercizio. Tale giudizio diagnostico consiste nella valutazione della sussumibilità ex post del fatto concreto alla fattispecie astratta di rimozione. Di conseguenza, il potere (sanzionatorio) di removal statunitense si “focalizza” sulla condotta soggettiva del responsabile, richiedendo inter alia a fini applicativi proprio l’elemento psicologico della intenzionalità. Dunque, negli Stati Uniti non c’è rimozione senza colpevolezza (“personalità” del removal statunitense). In particolare, il potere di removal statunitense appare ricostruibile secondo “cerchi concentrici”: difatti, siffatto potere risulta (a) sanzionatorio verso il colpevole rimosso (cerchio minore), (b) rimediale verso la banca in crisi (cerchio maggiore) e (c) dissuasivo verso tutte le altre banche (cerchio massimo). Da ciò deriva peraltro la sua tendenziale polifunzionalità, il cui esercizio – dinanzi ad una crisi pressoché già manifestata – rappresenta al tempo stesso una sanzione, un rimedio ed un deterrente.
Viceversa, in Europa si è riconosciuta la tendenziale mono-funzionalità del removal, il cui esercizio – dinanzi ad una crisi non ancora manifestata – rappresenta una prevenzione di natura regolatoria, senza alcuna necessità di assumere funzioni ulteriori: in altri termini, la prevenzione basta e avanza. In sostanza, da un lato, in Europa il banker removal power si fonda sul principio secondo cui prevenire è meglio che curare (vigilanza bancaria "proattiva"); da qui, l’inserimento di tale potere tra le misure precoci di vigilanza, esercitabili dinanzi ad indici sintomatici di una crisi bancaria (non ancora manifestata).
D’altro canto, negli Stati Uniti il banker removal power si fonda sul principio secondo cui il rimedio è la cura migliore (vigilanza bancaria "reattiva"); da qui, l’inserimento di tale potere tra gli administrative enforcement orders, esercitabili (soltanto) in caso di comprovata inadeguatezza dei poteri di vigilanza ordinaria per il caso concreto, e dunque dinanzi ad indici conclamati di una crisi bancaria (già manifestata).