AUTORE:
Claudio Francesco Privitera
ANNO ACCADEMICO: 2018
TIPOLOGIA: Laurea liv. I
ATENEO: Universitą Telematica
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Lo studio del fenomeno della criminalità organizzata non può che prendere vita dal lavoro compiuto da Edward Sutherland agli inizi del ‘900 sui white collar crimes, i crimini dei colletti bianchi, commessi da individui che rivestono un’elevata posizione sociale ed economica e nei cui confronti la società ripone grande fiducia, della quale si avvalgono per il perseguimento dei propri fini illeciti.
Nei tempi moderni uno dei reati che maggiormente preoccupa è l’associazione per delinquere, disciplinata dall’art. 416 del c.p.. Tale reato, ricompreso nei delitti contro l’ordine pubblico, si configura quando almeno tre soggetti, legati da un vincolo associativo stabile e permanente e avvalendosi di una struttura (anche minima) organizzata, perseguono un programma finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti. A partire dagli anni ’80 del secolo scorso dottrina e giurisprudenza sono state protagoniste di un acceso dibattito sulla configurabilità del concorso esterno ex art. 10 del c.p. nel reato associativo, ed è rimasta celebre la sentenza Demitry del 1994, che ne ha definitivamente riconosciuto l’ammissibilità con riferimento all’art. 416 bis del c.p..
Per ciò che riguarda il diritto europeo, è opportuno citare la sentenza Contrada vs. Italia del 2015 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nella quale viene posto in evidenza che un soggetto può essere condannato (nel caso specifico per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso) solo se, al momento della commissione dei fatti, il reato sia sufficientemente chiaro ed egli risulti consapevole della pena in cui incorre in conseguenza del suo comportamento. Dalla nostra analisi è emerso che il fenomeno della criminalità organizzata è di origine molto antica ed è stato studiato da illustri criminologi da più di un secolo.
Gli studiosi del '900 erano più improntati nella ricerca di una chiave sociale della delinquenza, convinti di poter trovare una "causa" per i comportamenti illeciti dei criminali, individuata nel loro background familiare e nella loro condizione di vita e posizione sociale. Il primo a distaccarsi nettamente da tale conclusione è stato Edwin Sutherland, che ha evidenziato come la commissione di reati non sia da ricercare necessariamente in tali elementi, poiché è dimostrato che sia coloro che versano in situazioni di difficoltà economica sia gli individui più agiati si rendono protagonisti di fatti illeciti.
Lo studio è proseguito con l'analisi del reato di associazione per delinquere, tipico esempio di illecito commesso dalla criminalità organizzata. Attraverso il nostro studio di tale reato e della principale giurisprudenza sul tema, si è evidenziata un'importante problematica, riguardante il concorso esterno (art. 110 del c.p.). Infatti, a lungo si è dibattuto sulla possibilità di ammettere tale istituto nel reato associativo, e tuttora non si è giunti ad una conclusione univoca e definitiva. Grazie alla sentenza Demitry della Corte di Cassazione del 1994 la questione è stata per lo più risolta con riferimento all'associazione per delinquere di stampo mafioso, mentre nei riguardi dell'art. 416 del c.p. i dubbi sono ancora molti. La problematica è stata affrontata a più riprese anche dagli organi europei, a dimostrazione dell'importanza del tema, ed a nostro avviso ancora lunga strada deve essere percorsa per risolvere una volta per tutte tale disputa. Quel che acuisce ulteriormente il problema è poi anche la rilevanza transnazionale del reato, che molto spesso non rimane confinato entro il territorio nazionale, ma tende a espandersi al di fuori di esso, anche grazie (o a causa di, a seconda del punto di vista) all'abbattimento delle barriere tra gli Stati. In ogni caso, la criminalità organizzata continuerà inevitabilmente a porsi come un grande problema dei nostri tempi, e il suo contrasto è e sarà impegnativo.
Per concludere, il presente lavoro, ed in generale lo studio della criminalità organizzata, dei suoi protagonisti e delle sue radici non può dirsi completato del tutto, e forse mai potrà esserlo, perché il fenomeno è in continua evoluzione, così come è in continua evoluzione la società. Sicuramente, però, sarebbe auspicabile un maggior interessamento da parte della società stessa, che troppo spesso pecca di omertà o viene sopraffatta dalla paura. Concludiamo con una frase pronunciata da Paolo Borsellino: "Chi ha paura muore ogni giorno. Chi non ha paura muore una volta sola".
Nei tempi moderni uno dei reati che maggiormente preoccupa è l’associazione per delinquere, disciplinata dall’art. 416 del c.p.. Tale reato, ricompreso nei delitti contro l’ordine pubblico, si configura quando almeno tre soggetti, legati da un vincolo associativo stabile e permanente e avvalendosi di una struttura (anche minima) organizzata, perseguono un programma finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti. A partire dagli anni ’80 del secolo scorso dottrina e giurisprudenza sono state protagoniste di un acceso dibattito sulla configurabilità del concorso esterno ex art. 10 del c.p. nel reato associativo, ed è rimasta celebre la sentenza Demitry del 1994, che ne ha definitivamente riconosciuto l’ammissibilità con riferimento all’art. 416 bis del c.p..
Per ciò che riguarda il diritto europeo, è opportuno citare la sentenza Contrada vs. Italia del 2015 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nella quale viene posto in evidenza che un soggetto può essere condannato (nel caso specifico per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso) solo se, al momento della commissione dei fatti, il reato sia sufficientemente chiaro ed egli risulti consapevole della pena in cui incorre in conseguenza del suo comportamento. Dalla nostra analisi è emerso che il fenomeno della criminalità organizzata è di origine molto antica ed è stato studiato da illustri criminologi da più di un secolo.
Gli studiosi del '900 erano più improntati nella ricerca di una chiave sociale della delinquenza, convinti di poter trovare una "causa" per i comportamenti illeciti dei criminali, individuata nel loro background familiare e nella loro condizione di vita e posizione sociale. Il primo a distaccarsi nettamente da tale conclusione è stato Edwin Sutherland, che ha evidenziato come la commissione di reati non sia da ricercare necessariamente in tali elementi, poiché è dimostrato che sia coloro che versano in situazioni di difficoltà economica sia gli individui più agiati si rendono protagonisti di fatti illeciti.
Lo studio è proseguito con l'analisi del reato di associazione per delinquere, tipico esempio di illecito commesso dalla criminalità organizzata. Attraverso il nostro studio di tale reato e della principale giurisprudenza sul tema, si è evidenziata un'importante problematica, riguardante il concorso esterno (art. 110 del c.p.). Infatti, a lungo si è dibattuto sulla possibilità di ammettere tale istituto nel reato associativo, e tuttora non si è giunti ad una conclusione univoca e definitiva. Grazie alla sentenza Demitry della Corte di Cassazione del 1994 la questione è stata per lo più risolta con riferimento all'associazione per delinquere di stampo mafioso, mentre nei riguardi dell'art. 416 del c.p. i dubbi sono ancora molti. La problematica è stata affrontata a più riprese anche dagli organi europei, a dimostrazione dell'importanza del tema, ed a nostro avviso ancora lunga strada deve essere percorsa per risolvere una volta per tutte tale disputa. Quel che acuisce ulteriormente il problema è poi anche la rilevanza transnazionale del reato, che molto spesso non rimane confinato entro il territorio nazionale, ma tende a espandersi al di fuori di esso, anche grazie (o a causa di, a seconda del punto di vista) all'abbattimento delle barriere tra gli Stati. In ogni caso, la criminalità organizzata continuerà inevitabilmente a porsi come un grande problema dei nostri tempi, e il suo contrasto è e sarà impegnativo.
Per concludere, il presente lavoro, ed in generale lo studio della criminalità organizzata, dei suoi protagonisti e delle sue radici non può dirsi completato del tutto, e forse mai potrà esserlo, perché il fenomeno è in continua evoluzione, così come è in continua evoluzione la società. Sicuramente, però, sarebbe auspicabile un maggior interessamento da parte della società stessa, che troppo spesso pecca di omertà o viene sopraffatta dalla paura. Concludiamo con una frase pronunciata da Paolo Borsellino: "Chi ha paura muore ogni giorno. Chi non ha paura muore una volta sola".