(massima n. 6)
È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 42, comma terzo, Cost., il combinato disposto dell'art. 7 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, numeri 2, 3 e 4, e art. 40 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (Legge urbanistica) e art. 2, comma 1, della legge 19 novembre 1968 n. 1187 (Modifica ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150), nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo, in quanto - posto che il problema di un indennizzo a seguito di vincoli urbanistici (come alternativa non eludibile tra previsione di indennizzo ovvero di un termine di durata massima dell'efficacia del vincolo) si può porre sul piano costituzionale quando si tratta di vincoli che a) siano preordinati all'espropriazione, ovvero abbiano carattere sostanzialmente espropriativo, nel senso di comportare come effetto pratico uno svuotamento, di rilevante entità ed incisività, del contenuto della proprietà, mediante imposizione, immediatamente operativa, di vincoli a titolo particolare su beni determinati, comportanti inedificabilità assoluta, qualora non siano stati discrezionalmente delimitati nel tempo dal legislatore dello Stato o delle Regioni, b) superino la durata che dal legislatore sia stata determinata come limite, non irragionevole e non arbitrario, alla sopportabilità del vincolo urbanistico da parte del singolo soggetto titolare del bene determinato colpito dal vincolo, ove non intervenga l'espropriazione, ovvero non si inizi la procedura attuativa (preordinata all'esproprio) attraverso l'approvazione di piani particolareggiati o di esecuzione, aventi a loro volta termini massimi di attuazione fissati dalla legge, c) superino sotto un profilo quantitativo la normale tollerabilità secondo una concezione della proprietà, che resta regolata dalla legge per i modi di godimento ed i limiti preordinati alla funzione sociale (art. 42, comma secondo, Cost.); che la reiterazione in via amministrativa dei vincoli urbanistici decaduti (preordinati all'espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo) ovvero la proroga in via legislativa o la particolare durata dei vincoli stessi prevista in talune regioni a statuto speciale non sono fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale; che essi assumono, invece, carattere certamente patologico, in assenza di previsione alternativa di indennizzo e fermo che l'obbligo di indennizzo opera una volta superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia), quando vi sia una indefinita reiterazione o una proroga "sine die" o all'infinito (attraverso la reiterazione di proroghe a tempo determinato che si ripetano aggiungendosi le une alle altre), o quando il limite temporale sia indeterminato, e cioè non sia certo, preciso e sicuro e, quindi, anche non contenuto in termini di ragionevolezza; e che restano al di fuori dell'ambito della indennizzabilità i vincoli incidenti con carattere di generalità e in modo obiettivo su intere categorie di beni (ivi compresi i vincoli ambientali-paesistici), i vincoli derivanti da limiti non ablatori posti normalmente nella pianificazione urbanistica, i vincoli comunque estesi derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata in regime di economia di mercato, i vincoli che non superano sotto il profilo quantitativo la normale tollerabilità e i vincoli non eccedenti la durata (periodo di franchigia) ritenuta ragionevolmente sopportabile - una volta oltrepassato il periodo di durata temporanea (periodo di franchigia da ogni indennizzo), il vincolo urbanistico, avente le anzidette caratteristiche, se permane a seguito di reiterazione, non può essere dissociato, in via alternativa all'espropriazione (o al serio inizio dell'attività preordinata all'espropriazione stessa mediante approvazione dei piani attuativi), dalla previsione di un indennizzo.