Cass. civ. n. 979/2009
In tema di domanda proposta dal curatore, ex art. 102 del r.d. n. 267 del 1942 (nel testo originario), di revocazione contro i crediti ammessi, qualora in corso di causa abbia luogo la chiusura del fallimento e l'evento - che implica la decadenza degli organi preposti al fallimento stesso - non venga dichiarato o notificato ai sensi dell'art. 300 cod. proc. civ., il processo prosegue e, in caso di condanna della curatela alla rifusione delle spese processuali, gli effetti della condanna stessa (in assenza di concordato omologato) si producono in capo all'ex fallito, il quale, pertanto, può essere eventualmente sottoposto ad esecuzione forzata.
Cass. civ. n. 2440/2006
Il ricorso per ottenere la revocazione del decreto del giudice delegato con il quale, in sede di verificazione, è stato ammesso un credito allo stato passivo, introducendo un procedimento di natura contenziosa, è soggetto all'applicazione dell'art. 82 c.p.c., in tema di obbligo delle parti di stare in giudizio per mezzo di procuratore legalmente esercente. Ne deriva che l'atto sottoscritto soltanto dalla parte-curatore (costituito, nella specie, dalla stessa istanza rivolta al giudice delegato per ottenere l'autorizzazione ad agire ai sensi dell'art. 102 legge fall.) è del tutto inidoneo all'instaurazione del rapporto processuale e del relativo procedimento ed è quindi affetto da nullità assoluta, la quale non trova deroga per il caso in cui un procuratore abbia in seguito firmato una comparsa aggiuntiva, integrando questa un atto autonomo e distinto da quello rivolto a costituire il contraddittorio, e non può essere sanata né dalla costituzione del convenuto, né per effetto della costituzione della curatela a mezzo di detto procuratore, successivamente nominato dal giudice delegato, in forza di mandato conferito in data posteriore alla notificazione del ricorso ma anteriore alla costituzione stessa, tenuto conto che la previsione in tal senso dell'art. 125, secondo comma, c.p.c. riguarda la diversa ipotesi in cui l'atto introduttivo sia stato sottoscritto da un difensore abilitato a quel patrocinio, pure se non ancora munito di procura. Tale vizio dell'atto introduttivo determina, inoltre, la nullità dell'intero giudizio di primo e di secondo grado e, ove rilevato in sede di legittimità, comporta la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata ai sensi dell'art.382, comma terzo, c.p.c.
Cass. civ. n. 17342/2002
La mancata riproposizione, nel vigente codice di procedura penale, della disposizione precedentemente dettata dall'art. 3 dell'abrogato codice di rito penale comporta che, una volta verificatisi due giudicati, uno civile ed un altro penale, che possono presentare contrasti tra loro, tale conflitto non comporta conseguenza alcuna, continuando ad esplicare i giudicati la loro efficacia nell'ambito dei rispettivi ordinamenti civile e penale (nella specie, il fallito A, una volta intervenuta la chiusura del fallimento, chiedeva che fosse disposta la restituzione in suo favore della somma relativa al credito accampato da B, accantonata in attesa della sentenza definitiva circa l'ammissibilità o meno del credito al passivo; il G.D., rilevata l'intangibilità del giudicato civile intervenuto sulla questione, accoglieva l'istanza; B, in sede di reclamo, chiedeva che il tribunale dichiarasse l'inefficacia del giudicato civile di revoca dell'ammissione del suo credito al passivo, in forza del giudicato penale di assoluzione reso nei suoi confronti in relazione a fatti che avevano determinato il giudizio di revocazione ex art. 102 legge fall.; il tribunale rigettava il reclamo, sul presupposto che la statuizione di revoca del decreto di ammissione del credito costituiva cosa giudicata; la S.C., enunciando il massimato principio, ha confermato tale ultima decisione).
Cass. civ. n. 7178/2002
In tema di istanza di revocazione di crediti ammessi al passivo fallimentare, regolata dall'art. 102 legge fall., non trovano applicazione le norme che disciplinano il procedimento di opposizione a stato a passivo previste negli artt. 98 e 99 della stessa legge che hanno carattere speciale, con la conseguenza che trovano applicazione le disposizioni ordinarie contenute nel c.p.c. con riguardo sia al termine per la costituzione in giudizio del ricorrente che ai termini per proporre le impugnazioni.
Cass. civ. n. 8022/2001
In tema di istanza di revocazione contro crediti ammessi ex art. 102 della legge fallimentare,deve ritenersi di natura senz'altro perentoria il termine fissato dal giudice per la notificazione del ricorso per revocazione e del pedissequo decreto, con la conseguenza che la mancata osservanza del detto termine determina la preclusione di ogni ulteriore attività processuale, senza che assuma, in contrario, alcun rilievo la circostanza che la controparte si sia costituita in giudizio senza nulla eccepire al riguardo. La possibilità di sanatoria a seguito di acquiescenza è ammessa, difatti, soltanto con riferimento alla forma degli atti processuali, e non anche relativamente all'inosservanza dei termini perentori, giusta disposto dell'art. 153 del codice di rito.
Cass. civ. n. 9069/1999
In tema di istanza di revocazione contro crediti ammessi ex art. 102 della legge fallimentare, l'errore essenziale di fatto si concreta non già in un inesatto apprezzamento del materiale probatorio od in una errata valutazione giuridica di un fatto, bensì in una falsa percezione della realtà da parte del giudice, che deve avere avuto carattere determinante rispetto all'ammissione del credito contestato. (Alla stregua di tale principio la Suprema Corte ha escluso che ricorresse un errore di fatto nella circostanza dell'ammissione al passivo di un credito fondato su decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, ma ancora oggetto di opposizione, osservando, altresì, che l'ulteriore circostanza che sul decreto prodotto ai fini dell'ammissione non risultasse la sua definitività, non avrebbe potuto condurre a diverso apprezzamento anche qualora si fosse ritenuto che il giudice delegato avesse erroneamente creduto definitivo il decreto, poiché — come esattamente aveva reputato il giudice di merito — tale erronea convinzione si sarebbe dovuta considerare conseguente ad un'inesatta valutazione delle risultanze probatorie e non ad una falsa percezione della realtà, quella dell'esistenza dell'opposizione, che non era stata portata all'attenzione del giudice delegato).