Il rimedio avverso il decreto di
perquisizione emesso dal
pubblico ministero è stato inserito in un nuovo articolo 252
bis, collocato in chiusura del capo II del Titolo III del Libro II del codice e intitolato
Opposizione al decreto di perquisizione emesso dal pubblico ministero.
La clausola di riserva che apre la disposizione circoscrive l’operatività del rimedio ai soli casi in cui alla perquisizione non sia conseguito un
sequestro. Conformemente al criterio di delega, i soggetti legittimati alla proposizione del rimedio sono stati individuati nella
persona sottoposta a indagini e in quella nei cui confronti la perquisizione sia stata disposta o eseguita.
Al riguardo, va notato che, in considerazione della natura
impugnatoria del rimedio, ad esso potrà fare ricorso la persona sottoposta a indagini, che non sia stata al contempo destinataria diretta della perquisizione (o delle relative attività esecutive), solo allorquando sussista un suo concreto interesse a far valere l’illegittimità della perquisizione. Tuttavia, trattandosi di un requisito di natura generale (art.
568, co. 4, c.p.p.), è parso superfluo farne espressa menzione nel testo della norma.
Quanto ai motivi per i quali l’opposizione può essere proposta, pur rilevandosi che essi non risultano esplicitamente indicati in alcuna delle norme del codice che al rimedio in questione fanno riferimento (oltre all’art.
263, co. 5, si vedano gli artt.
233, co. 1
bis,
366, co. 2,
408, co. 3,
461, co. 1,
667, co. 4,
678, co. 1
ter, c.p.p.), è parso comunque opportuno precisare che – coerentemente con la
ratio della sua introduzione – i vizi deducibili sono esclusivamente quelli che attengono ai presupposti sostanziali previsti dalla legge per l’effettuazione della perquisizione, solo in assenza dei quali l’ingerenza nelle libertà del singolo può definirsi “arbitraria”.
A tal fine, al comma 3 della nuova norma s’è previsto che il giudice debba «
accoglie[re] l’opposizione quando accert[i] che la perquisizione è stata disposta fuori dei casi previsti dalla legge».
In proposito, giova unicamente aggiungere come la soluzione appena indicata, calibrata in modo da soddisfare pienamente l’interesse dell’opponente all’accertamento dell’illegittimità della perquisizione subìta, senza tuttavia sfociare nell’invalidazione processuale del decreto oggetto di opposizione (e/o delle relative risultanze), è parsa altresì funzionale alla conferma dell’incontroverso orientamento giurisprudenziale secondo cui «
l’eventuale illegittimità dell’atto di perquisizione compiuto ad iniziativa della polizia giudiziaria non comporta effetti invalidanti sul successivo sequestro del corpo del reato [...], o delle cose pertinenti al reato, che costituisce un atto dovuto a norma dell’art. 253, comma 1, cod. proc. pen.; né effetti invalidanti sulla utilizzabilità del medesimo atto in funzione probatoria» (così, in tempi recenti, Sez. 1, n. 38605 del 15/07/2021, Cataldo, in motivazione, ove si richiamano: Sez. Un., n. 5021 del 27/03/1996, Sala, Rv. 204643-01; Sez. 2, n. 16065 del 10/01/2020, Giannetti, Rv. 278996-01; Sez. 6, n. 37800 del 23/06/2010, M’Nasri, Rv. 248685-01; Sez. 2, n. 40833 del 10/10/2007, Lonoce, Rv. 238114-01; Sez. 1, n. 18438 del 28/04/2006, Proietti, Rv. 234672-01; Sez. 2, n. 26685 del 14/05/2003, Noto, Rv. 225176-01; Sez. 5, n. 1276 del 17/12/2002, dep. 2003, Vetrugno, Rv. 223437-01; Sez. 1, n. 41449 del 02/10/2001, Mini, Rv. 220082-01).
Premesso infatti che, come ripetutamente rilevato dalla
Corte costituzionale, la disciplina in questione costituisce frutto «
di scelte di “politica processuale” che soltanto il legislatore è abilitato, nei limiti della ragionevolezza, ad esercitare» (sentenze n. 252 del 2020 e n. 219 del 2019), nel caso di specie appare del tutto evidente che il criterio di delega in attuazione non solo non consenta, ma addirittura espressamente precluda qualsiasi intervento volto a modificarne l’attuale configurazione.
Con il comma 2 della norma, infine, l’esperibilità del rimedio è stata subordinata al rispetto di un termine di dieci giorni, mutuato dalle disposizioni in tema di
riesame reale (art.
324), cui si è fatto riferimento anche per il
dies a quo di decorrenza, che è stato individuato nel momento dell’esecuzione del provvedimento, ovvero nella diversa e successiva data in cui l’interessato abbia avuto conoscenza dell’avvenuta perquisizione.
Per i residui profili procedurali è stata testualmente riprodotta la formula impiegata nell’articolo 263, co. 5, del codice («
possono proporre opposizione, sulla quale il giudice provvede a norma dell’articolo 127»), espressamente richiamato – come visto – nella
Relazione della Commissione Lattanzi.