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Articolo 103 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Garanzie di libertà del difensore

Dispositivo dell'art. 103 Codice di procedura penale

1. Le ispezioni [244 c.p.p.] e le perquisizioni [247 c.p.p.] negli uffici dei difensori sono consentite solo:

  1. a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati [60, 61 c.p.p.], limitatamente ai fini dell'accertamento del reato loro attribuito;
  2. b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.

2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici [225 c.p.p.] non si può procedere a sequestro [253 c.p.p.] di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato(1).

3. Nell'accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell'ufficio di un difensore, l'autorità giudiziaria a pena di nullità [177-186 c.p.p.] avvisa il consiglio dell'ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.

4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice(2).

5. Non è consentita l'intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni [266 c.p.p.] dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite.

6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza [254 c.p.p.] tra l'imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.

6-bis. È parimenti vietata l'acquisizione di ogni forma di comunicazione, anche diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l'imputato e il proprio difensore, salvo che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato(5).

6-ter. L'autorità giudiziaria o gli organi ausiliari delegati interrompono immediatamente le operazioni di intercettazione quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientra tra quelle vietate(5).

7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati [191 c.p.p.]. Fermo il divieto di utilizzazione di cui al primo periodo, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta(3)(4).

Note

(1) Comma così modificato ex art. 1, l. 7-12-2000, n. 397 (Indagini difensive).
(2) L'operatività dei limiti e delle garanzie previste per le ispezioni e perquisizioni da eseguire negli uffici dei difensori non è subordinata alla condizione che tali atti siano disposti dall'autorità giudiziaria nello stesso procedimento in cui è svolta l'attività difensiva. Ne consegue, ad esempio, che deve ritenersi illegittima la perquisizione di uno studio di un difensore disposta dal P.M. ed eseguita dalla p.g. senza l'osservanza delle prescrizioni dell'art. 103, commi 3 e 4, anche se con riferimento ad un procedimento diverso da quello in cui era svolta l'attività difensiva (Cass. Sez. Un. 24/1994). Il divieto di sequestrare presso i difensori previsto dal comma 2 non è limitato all'ipotesi in cui il sequestro è disposto nell'ambito dello stesso procedimento in cui si svolge l'attività difensiva. Inoltre, mentre per le ispezioni e per le perquisizioni la garanzia prevista è collegata ai locali dell'ufficio, per i sequestri (così come avviene anche per le intercettazioni e per il controllo della corrispondenza) la lettera del comma 2, con le parole iniziali («presso i difensori»), mostra che la garanzia è collegata direttamente alle persone (difensori e consulenti tecnici), sicché il divieto opera anche quando il sequestro si svolge in luogo diverso dall'ufficio. La norma estende le garanzie di libertà del difensore (già previste per i consulenti tecnici) anche agli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento in corso, e ciò in tema di sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa (che risulta vietato, salvo che costituiscano corpo del reato, ai sensi del co. 2 dell'art. 103 c.p.p.) e in tema di intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni intercorrenti tra il difensore, gli investigatori privati autorizzati e incaricati, i consulenti tecnici, e i loro ausiliari, nonché tra costoro ed i soggetti assistiti (intercettazioni, dunque, vietate ai sensi del co. 5 dell'art. 103 c.p.p. e, se operate, inutilizzabili ai sensi del comma 7 dello stesso articolo, sempre che il contenuto delle conversazioni sia inerente al mandato difensivo). Per quanto riguarda l'estensione qui operata, va notato che la tutela accordata agli investigatori privati è espressamente sottoposta ad una duplice condizione: -- che gli stessi risultino autorizzati (secondo la disciplina di settore, consistente nelle previsioni normative di cui al r.d. n. 773 del 18-6-1931, artt. 133-141, integrate dall'art. 222 disp. att.) allo svolgimento, in via generale, di detta attività; -- che vi sia un formale incarico (conferito dal difensore) relativo ad uno specifico procedimento. Va altresì notato, in punto di limiti alla sequestrabilità che l'art. 103 co. 2 espressamente consente, in deroga al generale divieto, il sequestro del corpo del reato anche presso i soggetti protetti (difensore, consulenti tecnici, investigatori privati).
(3) Il presente comma è stato così modificato dall'art. 9, D. Lgs. 29/12/2017, n. 216 con decorrenza dal 26/01/2018 ed applicazione alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 marzo 2019. Successivamente, il D. Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto (con l'art. 9, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 luglio 2019".
(4) Il D. Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28 ha disposto (con l'art. 9, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020".
(5) I commi 6-bis e 6-ter sono stati introdotti dall'art. 2, comma 1, lettera a) della L. 9 agosto 2024, n. 114.

Ratio Legis

Le garanzie di libertà dei difensori sono apprestate a salvaguardia della dignità professionale degli avvocati e del libero dispiegamento dell'attività difensiva e del segreto professionale, a tutela dell'inviolabilità della difesa, diritto fondamentale dell'individuo. Tali disposizioni mirano a prevenire il pericolo di abusive intrusioni e a garantire le condizioni indispensabili per l'esplicazione, in modo libero ed efficace, del mandato professionale. La legge 7-12-2000, n. 397 ha potenziato il ruolo di difensore anche nel corso della fase investigativa, riconoscendogli un ruolo attivo ai fini della raccolta ed acquisizione di fonti di prova. I difensori, anche a mezzo di consulenti tecnici e di investigatori privati autorizzati, possono svolgere le c.d. indagini difensive, dirette a ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito e conferire con le persone informate dei fatti.

Spiegazione dell'art. 103 Codice di procedura penale

In virtù dell’importanza del suo ruolo nel procedimento penale e proprio per salvaguardare la funzione difensiva e tutelare il segreto professionale, il legislatore ha ritenuto opportuno porre dei precisi limiti ai poteri investigativi dell’autorità giudiziaria nei confronti del difensore.

L’art. 103 c.p.p. limita ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni e controllo sulla corrispondenza quando è in gioco l’esercizio della difesa.

Per quanto riguarda le ispezioni e le perquisizioni, il comma 1 dell’art. 103 c.p.p. stabilisce che, se effettuate negli uffici dei difensori, sono consentite solo in due ipotesi:
  1. quando il difensore o coloro che stabilmente svolgono attività nello studio sono imputati (o indagati) e limitatamente all’accertamento dei fatti di reato loro attribuiti;
  2. quando bisogna rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o ricercare cose o persone specificamente predeterminate.

Inoltre, il comma 2 precisa che, presso i difensori, carte e documenti relativi alla difesa non sono sequestrabili, eccetto il caso in cui tale materiale sia corpo del reato.

Tale previsione, che limita il materiale sequestrabile solo al corpo del reato, è espressamente esteso anche a carte e documenti oggetto della difesa presso agli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento e i consulenti tecnici del difensore.

Concentrandosi sugli aspetti procedurali, il comma 3 stabilisce una relazione processuale tra l’Autorità giudiziaria e l’ordine forense. Infatti, nel caso di un’ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio di un difensore, l’Autorità giudiziaria deve avvisare il consiglio dell'ordine forense del luogo affinché il presidente o un consigliere delegato possa assistere alle operazioni e richiedere e ottenere copia del provvedimento.

Se il consiglio dell’ordine forense non viene avvisato dall’Autorità giudiziaria, si determina una nullità dell’atto compiuto ai sensi della lett. c) del comma 1 dell’art. 178 del c.p.p..

Come precisato dal comma 4, in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice, il giudice (o, durante la fase delle indagini preliminari, il pubblico ministero autorizzato) agisce personalmente alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori.

Poi, ai sensi del comma 5, il codice di rito stabilisce il divieto di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché dei consulenti tecnici e loro ausiliari. Inoltre, questo divieto si estende anche alle conversazioni o comunicazioni tra i soggetti appena richiamati e le persone da loro assistite.

Peraltro, il divieto di intercettazioni e comunicazioni previsto dal comma 5 opera anche nel caso in cui l’attività difensiva riguardi un procedimento diverso da quello in cui l’intercettazione è stata disposta.

Ancora, secondo la giurisprudenza, il divieto in questione non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi rivesta le qualità appena viste e per il solo fatto di tali qualifiche, ma ha ad oggetto soltanto le conversazioni e comunicazioni relative agli affari nei quali i legali esercitano la loro attività difensiva.

Poi, il comma 6 pone un ulteriore limite che è posto a tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni del difensore. Si tratta del divieto di controllo e di sequestro della corrispondenza quando si tratta di carteggio tra il difensore ed il suo assistito e purché esso sia riconoscibile secondo quanto richiesto dall’art. 35 delle disp. att. c.p.p.. Però, il divieto viene meno se c’è fondato motivo di ritenere che la corrispondenza costituisca corpo del reato.

Il limite posto del comma 6 è ulteriormente rafforzato dai commi 6-bis e 6-ter (introdotti con la Riforma Nordio, L. n. 114 del 2024).

Il comma 6-bis stabilisce il divieto di acquisizione di ogni forma di comunicazione, anche diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l’imputato e il proprio difensore. Anche in questo caso, si può derogare a questo divieto solo quando l’autorità giudiziaria ha fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.
Dunque, il legislatore non solo allarga la tutela delle comunicazioni difensive ad ogni forma di comunicazione realizzata in modo diverso da quella in presenza (e non soltanto alla corrispondenza), ma pone una previsione di protezione anche a fronte dell’inevitabile insorgere di nuove tecnologie.

Poi, il comma 6-ter precisa che l’autorità giudiziaria o gli organi ausiliari delegati hanno l’obbligo di interrompere immediatamente le operazioni di intercettazione quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientra tra quelle vietate.

Infine, l’ultimo comma prende in considerazione gli aspetti sanzionatori e stabilisce che i risultati dei mezzi di ricerca della prova non possono essere utilizzati se eseguiti in violazione di quanto disposto dall’art. 103 c.p.p.. Tuttavia, nel caso in cui tali comunicazioni e conversazioni siano comunque casualmente intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto (nemmeno sommariamente) e nel verbale delle operazioni devono essere indicate solo la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta.

Massime relative all'art. 103 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 19255/2017

In tema di garanzie di libertà del difensore, mentre per le perquisizioni e le ispezioni la garanzia di cui all'art. 103, comma primo, cod. proc. pen. è collegata all'esecuzione delle stesse presso gli uffici dei difensori, per i sequestri il divieto di acquisire documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato, è collegato direttamente alle persone dei difensori, ai sensi del secondo comma del citato art. 103, in linea con quanto previsto anche dall'art. 4 della direttiva 2013/48/UE; ne deriva che il divieto opera anche quando l'attività diretta al sequestro si svolge in luogo diverso dagli uffici dei difensori.

Cass. pen. n. 55253/2016

L'art. 103, comma quinto, cod. proc. pen., nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni dei difensori, riguarda l'attività captativa in danno del difensore in quanto tale ed ha dunque ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni - individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma - inerenti all'esercizio delle funzioni del suo ufficio e non si estende ad ogni altra conversazione che si svolga nel suo ufficio o domicilio. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto imune da censure un'ordinanza cautelare contenente riferimenti non al contenuto di specifiche intercettazioni tra imputato e difensore, ma al mero fatto storico del contatto tra di essi intervenuto, al fine di individuare l'utilizzatore della utenza che aveva chiamato quella in uso al legale).

Cass. pen. n. 26323/2014

Il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori, non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale qualifica, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata, in quanto la "ratio" della regola posta dall'art. 103 c.p.p. va rinvenuta nella tutela del diritto di difesa. (Fattispecie relativa alla intercettazione di un colloquio tra l'indagato ed un avvocato, legati da uno stretto rapporto di amicizia, per la cui utilizzabilità la Corte ha ritenuto necessario che il giudice del merito dovesse valutare: a) se quanto detto dall'indagato fosse finalizzato ad ottenere consigli difensivi professionali o non costituisse piuttosto una mera confidenza fatta all'amico; b) se quanto detto dall'avvocato avesse natura professionale oppure consolatoria ed amicale a fronte delle confidenze ricevute).

Cass. pen. n. 9884/2014

Quando procede a perquisizione nei casi previsti dall'art. 103 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, la polizia giudiziaria non ha l'obbligo di avvertire la persona sottoposta a controllo del diritto all'assistenza di un difensore perché tale tipologia di perquisizione, a differenza di quella contemplata dal codice di procedura penale, non presuppone necessariamente una preesistente notizia di reato e non è quindi funzionale alla ricerca e all'acquisizione della prova di un reato di cui consti già l'esistenza, ma può rientrare anche in un'attività di carattere preventivo.

Cass. pen. n. 12155/2012

Le guarentigie previste dall'art. 103 cod. proc. pen., non sono volte a tutelare chiunque eserciti la professione legale ma solo colui che rivesta la qualità di difensore in forza di specifico mandato conferitogli nelle forme di legge, essendo essenzialmente apprestate in funzione di garanzia del diritto di difesa dell'imputato; pertanto, esse non possono trovare applicazione qualora gli atti di cui all'art. 103 cod. proc. pen. - ispezioni, perquisizioni, sequestri - debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale sottoposto ad indagine.

Cass. pen. n. 15208/2010

I limiti imposti dall'art. 103 c.p.p. quali "garanzie di libertà del difensore", con specifico riferimento al sequestro, non possono riguardare documenti nella sfera di pertinenza esclusiva dell'imputato, privi di una finalizzazione attuale all'espletamento delle funzioni del difensore. (Fattispecie di sequestro, ritenuto legittimo, di documenti in bozza rinvenuti in luoghi in uso all'imputato e non già "presso il difensore").

Cass. pen. n. 38578/2008

L'art. 103, comma quinto, c.p.p., nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni dei difensori, riguarda l'attività captativa in danno del difensore in quanto tale ed ha dunque ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma inerenti all'esercizio delle funzioni del suo ufficio e non si estende ad ogni altra conversazione che si svolga nel suo ufficio o domicilio. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto utilizzabile, ai fini dell'identificazione della voce dell'indagato captata nel corso di una intercettazione telefonica, una conversazione intervenuta sulla medesima utenza tra la di lui moglie e quello che era il suo difensore ).

Cass. pen. n. 34065/2006

Il divieto di intercettazione di conversazioni o comunicazioni di difensori, previsto dall'art. 103, comma quinto, c.p.p., ha per oggetto soltanto conversazioni o comunicazioni inerenti alla funzione difensiva, individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, anche a seguito di una verifica successiva all'eventuale captazione che non sia stata disposta nei confronti del difensore in quanto tale. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto utilizzabili, ai fini dell'identificazione del presunto responsabile di un reato, la cui utenza telefonica cellulare era stata sottoposta ad intercettazione, elementi tratti da una conversazione del medesimo soggetto con quello che era il suo difensore in un procedimento civile, trattandosi di elementi non attinenti alla funzione difensiva di cui il legale era stato investito).

Cass. pen. n. 31177/2006

Le guarentigie previste dall'art. 103 c.p.p., in quanto volte a tutelare non chiunque eserciti la professione legale, ma solo chi sia «difensore» in forza di specifico mandato a lui conferito nelle forme di legge (e ciò essenzialmente in funzione di garanzia del diritto di difesa dell'imputato), non possono trovare applicazione qualora gli atti indicati nel citato art. 103 debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale che sia egli stesso la persona sottoposta a indagine. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che il pubblico ministero abbisognasse dell'autorizzazione del giudice, ai sensi del comma quarto dell'art. 103 c.p.p., per l'effettuazione di perquisizione nello studio di un legale sottoposto a indagine per truffa in danno di suoi clienti).

Cass. pen. n. 35656/2003

L'art. 103, comma 5, c.p.p., nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni dei difensori, mirando a garantire l'esercizio del diritto di difesa, ha ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni relative agli affari nei quali i legali esercitano la loro attività difensiva, e non si estende, quindi, alle conversazioni che integrino esse stesse reato (nella specie, l'avvocato aveva preavvertito il suo cliente delle iniziative assunte dalle forze di polizia, fornendo consigli su come evitare la cattura e commettendo così il reato di favoreggiamento).

Cass. pen. n. 10664/2003

Per l'operatività del divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori, lo svolgimento dell'attività difensiva non deve risultare necessariamente da uno specifico e formale mandato, conferito secondo le modalità previste dall'art. 96 c.p.p., potendo desumersi l'esistenza di un mandato fiduciario anche dalla natura stessa dell'incarico, circostanza questa che può essere confermata dallo stesso contenuto delle captazioni, oltre che dalla documentazione prodotta dall'interessato.

Cass. pen. n. 2816/2003

È legittimo il sequestro di un server informatico (completamente sigillato) presso lo studio di un avvocato indagato di concorso in bancarotta fraudolenta, al fine di verificare, con le garanzie del contraddittorio anticipato, la natura effettivamente pertinenziale rispetto al reato ipotizzato di atti e documenti sequestrati, così escludendo indebite conseguenze sulle garanzie del difensore in violazione dell'art. 103 c.p.p..

Cass. pen. n. 3513/1997

In tema di garanzie di libertà del difensore, l'autorizzazione del giudice prevista dal quarto comma dell'art. 103 c.p.p. costituisce una deroga alla disciplina ordinaria relativa al compimento di perquisizioni e sequestri nel corso delle indagini preliminari; tuttavia, una volta che detta autorizzazione sia intervenuta, il pubblico ministero rimane dominus delle indagini, sicché egli può dar corso o meno al compimento dell'atto investigativo o comunque scegliere i tempi della sua esecuzione sulla base di proprie valutazioni discrezionali vincolate esclusivamente dal fine cui devono essere orientate (art. 358 c.p.p.). Ne deriva che la perquisizione presso lo studio di un difensore non deve necessariamente essere eseguita senza soluzione di continuità, dovendosi viceversa ritenere che il pubblico ministero sia legittimato, ove ne ravvisi la necessità o solamente l'opportunità, a completare le operazioni anche in tempi diversi, senza che ciò comporti l'obbligo di munirsi di nuova autorizzazione per ogni accesso, sempre che l'attività di ricerca si svolga nello stesso luogo e con riferimento al medesimo indagato ed alle medesime imputazioni indicate nel decreto del Gip.

In tema di garanzie di libertà del difensore, la disposizione di cui all'art. 103, quarto comma, c.p.p., secondo cui all'attività di ispezione, perquisizione e sequestro da compiersi presso gli studi professionali legali deve procedere personalmente il giudice ovvero il pubblico ministero, non può essere interpretata nel senso che le relative operazioni debbano essere materialmente e fisicamente effettuate dall'autorità giudiziaria; la ratio della norma, infatti, non è quella di precludere alla polizia giudiziaria l'accesso alle carte ed ai documenti dei difensori, come se per ciò stesso si verificasse la compromissione del segreto professionale, bensì quella, assai diversa, di assicurare la presenza agli atti de quibus del magistrato che, anche in virtù della sua preparazione tecnica, sappia individuare con precisione i limiti che l'art. 103 c.p.p., al primo ed al secondo comma, pone all'attività di ispezione, ricerca ed apprensione. Non esiste alcuna preclusione legislativa, pertanto, né tantomeno da ciò può derivare sanzione processuale alcuna, a che il giudice o il pubblico ministero il quale, partecipando all'atto, ne assume la responsabilità, si limiti a dirigere e controllare le operazioni esecutive materialmente svolte in funzione di ausilio dalla polizia giudiziaria, secondo i compiti istituzionali a questa assegnati dal codice di rito (art. 56 c.p.p.).

In tema di garanzie di libertà del difensore, non può ritenersi che tutte le «carte» e i «documenti» che si trovino presso lo studio ovvero l'abitazione di un professionista iscritto all'albo degli avvocati siano perciò stesso da considerarsi «oggetto della difesa» e pertanto sequestrabili solo se «corpo di reato». Per «oggetto della difesa», come indicano il senso letterale delle parole e la ratio della norma, deve intendersi infatti inerenza ad un procedimento giudiziario, anche eventualmente concluso, in relazione al quale il professionista espleti o abbia espletato un mandato difensivo espressamente conferito dall'interessato; rimane escluso da tale definizione, pertanto, tutto ciò che, pur attenendo in genere all'attività professionale del legale, esula dall'espletamento di un mandato difensivo come sopra inteso, e che può dunque essere legittimamente sequestrato anche se rientrante solamente fra le «cose pertinenti al reato», salva in ogni caso la tutela del segreto professionale, opponibile anche in tali ipotesi nelle forme di legge (art. 256, primo comma, c.p.p.).

Cass. pen. n. 2588/1995

I limiti imposti dall'art. 103 c.p.p. quali «garanzie di libertà del difensore», con specifico riferimento al sequestro non possono riguardare documenti nella sfera di pertinenza esclusiva dell'imputato, privi di una finalizzazione attuale ed attuosa allo espletamento delle funzioni del difensore. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha escluso la illegittimità del sequestro, operato nel corso di perquisizione presso l'indagato, di un documento intestato «pro memoria per l'Avv. ...»).

Cass. pen. n. 2337/1995

I divieti e le limitazioni stabiliti dall'art. 103 c.p.p. per gli atti ivi menzionati debbono ritenersi operanti con riguardo non ai soli soggetti che esercitano attività defensionale nel procedimento nell'ambito del quale si collocano gli atti predetti, ma a tutti coloro che, debitamente iscritti negli albi professionali, abbiano assunto difese in qualsivoglia altro procedimento.

Cass. pen. n. 1906/1995

Il divieto di perquisizione presso lo studio del difensore riguarda il professionista che assiste l'indagato nel procedimento a cui l'atto si riferisce; le garanzie di libertà del difensore previste dall'art. 103 c.p.p., infatti, in quanto inserite nel titolo settimo del codice che disciplina la figura del difensore dell'imputato, si riferiscono esclusivamente al professionista che assiste la parte privata nel procedimento penale, e non ad altri.

Cass. pen. n. 2576/1994

L'omesso avviso al locale Consiglio dell'ordine forense, nel caso di perquisizione dei locali adibiti a studio professionale del difensore e di sequestro del materiale ivi rinvenuto, si traduce in una inosservanza sanzionata da esplicita e tassativa nullità anche qualora gli atti sopra indicati siano stati eseguiti in presenza di altro avvocato in funzione di difensore del primo.

Cass. pen. n. 2604/1994

In tema di avvisi al difensore, nei casi in cui, ricorrendo una situazione di urgenza, la legge in luogo di prevedere la notifica dell'avviso, si limiti a stabilire che lo stesso deve essere dato al difensore, deve ritenersi sufficiente il procurare al destinatario dell'avviso l'effettiva conoscenza dell'avviso stesso, anche se questo è comunicato con forme diverse dalle notificazioni. Pertanto quando non sia possibile procurare tale effettiva conoscenza, è solo la conoscenza legale che può far ritenere osservata la norma che prescrive l'avviso, sicché in tal caso occorre usare le forme stabilite per le notificazioni che costituiscono il mezzo normalmente previsto dal legislatore per portare a conoscenza delle persone atti del procedimento da compiere o già compiuti. (Affermando tale principio la Cassazione ha annullato gli atti di perquisizione e di sequestro operati presso uno studio mancando la prova che la relativa comunicazione telefonica al Presidente del Consiglio dell'ordine, effettuata personalmente dal P.M. e ricevuta da una segretaria, senza l'osservanza delle forme di cui all'art. 149 c.p.p., avesse raggiunto il suo scopo; in particolare la Corte Suprema ha ravvisato evidente analogia di tale fattispecie con quella dell'avviso al difensore).

Cass. pen. n. 25/1994

In tema di garanzie di libertà dei difensori previste dall'art. 103 c.p.p., il divieto di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni opera anche nel caso in cui l'attività difensiva concerna un procedimento diverso da quello cui le intercettazioni atterrebbero. Peraltro il divieto in questione non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi rivesta la qualità di difensore e per il solo fatto di tale qualifica, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata.

L'operatività dei limiti e delle garanzie previsti dall'art. 103 c.p.p. per le ispezioni e perquisizioni da eseguire negli uffici dei difensori non è subordinata alla condizione che tali atti siano disposti dall'autorità giudiziaria nello stesso procedimento in cui è svolta l'attività difensiva. Ne consegue che deve ritenersi illegittima la perquisizione di uno studio di un difensore disposta dal P.M. ed eseguita dalla polizia giudiziaria senza l'osservanza delle prescrizioni dell'art. 103, terzo e quarto comma, c.p.p., anche se con riferimento ad un procedimento diverso da quello in cui era svolta attività difensiva. (La Cassazione ha altresì evidenziato che poiché le garanzie previste per le ispezioni e le perquisizioni dal terzo e quarto comma, dell'art. 103, c.p.p., si riferiscono ai soli atti disposti dall'autorità giudiziaria, resta fermo il potere della polizia giudiziaria di procedere a perquisizione nei casi di cui all'art. 352 stesso codice).

Cass. pen. n. 24/1994

Il divieto di sequestrare presso i difensori «carte o documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato», previsto dall'art. 103, secondo comma, c.p.p., non è limitato all'ipotesi in cui il sequestro è disposto nell'ambito dello stesso procedimento in cui si svolge l'attività difensiva o all'ipotesi in cui questa sia ancora in corso, ed opera, quindi, anche nel caso in cui tale attività concerna un procedimento diverso. Inoltre, mentre per le ispezioni e per le perquisizioni la «garanzia» prevista dal citato articolo è collegata ai locali dell'ufficio, per i sequestri (così come avviene anche per le intercettazioni e per il controllo della corrispondenza) la lettera del secondo comma, con le parole iniziali («presso i difensori»), mostra che la garanzia è collegata direttamente alle persone (difensori e consulenti tecnici), sicché il divieto opera anche quando l'attività diretta al sequestro si svolge in luogo diverso dall'ufficio.

Cass. pen. n. 3804/1993

Le garanzie di libertà dei difensori, previste dall'art. 103 c.p.p. sono apprestate a tutela non della dignità professionale degli avvocati, ma del libero dispiegamento dell'attività difensiva e del segreto professionale, che trovano il diretto supporto nell'art. 24 della Costituzione, che sancisce la inviolabilità della difesa, come diritto fondamentale della persona. Tali garanzie mirano a prevenire il pericolo di abusive intrusioni nella sfera difensiva, in quanto l'attività di ricerca negli studi professionali implica la possibilità di esame di carte e di fascicoli utili per l'esercizio autonomo della attività di difensore. Esse, perciò, non vanno limitate al difensore dell'indagato o dell'imputato nel cui procedimento sorge la necessità di attività di ispezione, ricerca o sequestro, ma vanno osservate in tutti i casi in cui tali atti vengono eseguiti nell'ufficio di un professionista, iscritto all'albo degli avvocati e procuratori, che abbia assunto la difesa di assistiti, anche fuori del procedimento in cui l'attività di ricerca, perquisizione e sequestro viene compiuta. (Nella specie, in applicazione del principio di diritto sopra massimato, è stato rigettato il ricorso del pubblico ministero avverso ordinanza del tribunale che aveva dichiarato la nullità, per violazione dell'art. 103 c.p.p., del sequestro di documenti a seguito di perquisizione disposta dal procuratore della Repubblica presso lo studio legale di un avvocato, indagato per il reato di cui all'art. 323 c.p.).

Le limitazioni e i divieti alla effettuazione di ispezioni, perquisizioni, sequestri e intercettazioni, previsti dall'art. 103 c.p.p. a garanzia della libertà dei difensori, operano a favore di qualsivoglia soggetto che, iscritto all'albo degli avvocati e procuratori, eserciti la professione legale e abbia quindi assunto la difesa di assistiti, anche quando tali difese riguardino procedimenti diversi da quello nell'ambito del quale gli atti anzidetti dovrebbero aver luogo.

Cass. pen. n. 3304/1993

Le limitazioni e i divieti alla effettuazione di ispezioni, perquisizioni, sequestri e intercettazioni, previsti dall'art. 103 c.p.p. a garanzia della libertà dei difensori, operano a favore di qualsivoglia soggetto che, iscritto all'albo degli avvocati e procuratori, eserciti la professione legale e abbia quindi assunto la difesa di assistiti, anche quando tali difese riguardino procedimenti diversi da quello nell'ambito del quale gli atti anzidetti dovrebbero aver luogo.

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