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Articolo 280 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Contenuto e disciplina dell'ordinanza del collegio

Dispositivo dell'art. 280 Codice di procedura civile

Con la sua ordinanza il collegio fissa l'udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sé nel caso previsto dall'articolo seguente (1).

Il cancelliere inserisce l'ordinanza nel fascicolo di ufficio e ne dà tempestiva comunicazione alle parti a norma dell'articolo 176 secondo comma (2).

Per effetto dell'ordinanza il giudice istruttore è investito di tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa.

Note

(1) Con l'ordinanza collegiale si riapre la fase istruttoria: le parti sono reinvestite delle loro facoltà processuali ed il giudice istruttore può esercitare di tutti i poteri relativi alla trattazione della causa, dovendo però sottostare ai limiti individuati nell'ordinanza collegiale.
(2) L'ordinanza collegiale deve essere tempestivamente comunicata alle parti dal cancelliere, mediante biglietto di cancelleria, ai sensi dell'art. 176 del c.p.c., a meno che la legge ne prescriva la notificazione, come nel caso del provvedimento ammissivo del giuramento decisorio, che deve essere personalmente notificato alla parte chiamata a prestarlo (in questo caso, la notificazione è curata dalla parte che ha deferito il giuramento e non dal cancelliere).

Spiegazione dell'art. 280 Codice di procedura civile

Il provvedimento con il quale il collegio rimette il procedimento in istruttoria (emesso quando non sia stata decisa la causa, ovvero quando siano state decise solo alcune domande) ha natura di ordinanza. In ordine al regime di tali ordinanze vale quanto disposto dal quarto comma dell'art. 279 del c.p.c., nella parte in cui prevede che le stesse non possono pregiudicare la decisione del collegio e che sono dunque sempre modificabili e revocabili.
Non avendo l’ordinanza natura decisoria, ma ordinatoria, non sarà autonomamente impugnabile, dovendosi attendere la decisione dell'intera controversia.

Il secondo comma si riferisce alla notificazione dell'ordinanza che rimette la causa in istruttoria, imponendone la notifica da parte del cancellerie.
Una volta che, in seguito all'ordinanza collegiale, viene riaperta la fase istruttoria, non solo il giudice istruttore è investito dei poteri per l'ulteriore trattazione della causa, ma anche le parti riacquistano tutte le facoltà che possono essere esercitate in questa fase, ivi compresa la facoltà di modificare la domande.

Quando la rimessione all'istruttore avviene ex art. 279 del c.p.c. comma 2 (ossia perché sono state decise questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito senza che il giudizio stesso sia stato definito), il giudice istruttore dovrà concedere, se richiesti e non concessi prima della rimessione, i termini di cui all'art. 184 del c.p.c. su richiesta delle parti.

Massime relative all'art. 280 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 13630/2010

In fattispecie regolate dalle norme del codice di rito anteriori alla riforma di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353, l'ordinanza collegiale che, per qualsiasi ragione, rimette la causa dinnanzi all'istruttore determina la riapertura della fase istruttoria nella quale, essendo restituiti al giudice istruttore tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa (art. 280 cod. proc. civ.), anche le parti debbono essere investite, senza limitazioni di sorta, di tutte le facoltà che esse possono normalmente esercitare in tale fase e della facoltà, quindi, di modificare le domande ("emendatio libelli"), le eccezioni e conclusioni in precedenza formulate e di produrre nuovi documenti e nuove prove. (Cassa con rinvio, App. Trieste, 11/08/2007).

Cass. civ. n. 11272/1995

L'ordinanza collegiale che, per qualsiasi ragione, rimette la causa dinnanzi all'istruttore determina la riapertura della fase istruttoria nella quale, essendo restituiti al giudice istruttore tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa (art. 280 c.p.c.), anche le parti debbono essere necessariamente investite, senza limitazioni di sorta, di tutte le facoltà che esse possono normalmente esercitare in tale fase e della facoltà, quindi, di modificare le domande (emendatio libelli), le eccezioni e conclusioni in precedenza formulate e di produrre nuovi documenti e nuove prove.

Cass. civ. n. 5806/1982

Nel sistema del codice di rito, le ordinanze collegiali hanno lo stesso carattere delibativo e provvisorio che hanno quelle del giudice istruttore, mirando all'unico fine di provvedere all'istruzione della causa, sicché esse, salve le limitazioni di cui all'art. 177 c.p.c., sono sempre modificabili e revocabili mediante la successiva sentenza, che rimane così il tipico e definitivo provvedimento decisorio, l'unico che debba essere impugnato per impedire il passaggio in giudicato di tutte le questioni che solo in essa hanno trovato definitiva soluzione.

Cass. civ. n. 4378/1982

Le ordinanze, anche se emesse dal collegio, conservano il carattere strumentale insito nella loro natura e funzione processuale, pur quando involgano questioni attinenti al merito, sicché non possono produrre effetti preclusivi o altrimenti pregiudizievoli per la decisione della causa e sono sempre modificabili e revocabili anche per implicito (salve le limitazioni di cui all'art. 177 c.p.c.) mediante la successiva sentenza, la quale rimane definitivo provvedimento decisorio. Né è configurabile un vizio di contraddittorietà tra la sentenza e la precedente ordinanza, risolvendosi il contrasto in una implicita revoca di quest'ultima.

Cass. civ. n. 5079/1978

L'ordinanza con la quale il collegio, decidendo una delle due cause riunite, disponga l'ulteriore istruzione riguardo all'altra causa, ha contenuto esclusivamente istruttorio ed è pertanto insuscettibile di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione.

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