L’art. 817 bis c.p.c. si occupa di disciplinare la questione attinente all'
eccezione di
compensazione.
Si prevede che gli arbitri possano conoscere dell'eccezione di compensazione nei limiti del valore della
domanda, anche se il controcredito non è compreso nell'ambito della
convenzione di arbitrato.
Scopo di questa norma è quello di soddisfare esigenze pratiche riscontrate sul campo, avendo la prassi insegnato che l'evolversi del procedimento arbitrale può portare ad una moltiplicazione delle domande.
Pertanto, esigenze di economia processuale hanno suggerito di risolvere più velocemente possibile quelle questioni che possono determinare rallentamenti o complicazioni procedurali.
La norma permette adesso di comporre contrapposti interessi, costituiti dalle domande riconvenzionali, aventi ad oggetto il controcredito, anche nel caso in cui la fonte del controcredito non sia ricompresa nell'oggetto della convenzione di arbitrato, purché nei limiti del valore della domanda.
Quest’ultima precisazione deve intendersi nel senso che se il controcredito è maggiore rispetto al credito fatto valere dall'attore, gli arbitri potranno dare riconoscimento del primo soltanto entro i limiti del valore del
credito dell'
attore.
L'eccezione prevista dalla norma in esame potrebbe essere ricondotta nella categoria degli accertamenti incidentali
ex lege, conoscibile dagli arbitri
incidenter tantum.
In ogni caso, si ritiene che l'allargamento dell'oggetto del processo a seguito dell'eccezione di
compensazione comporti la necessità di un'espressa accettazione degli arbitri e la possibilità che venga concessa una proroga del termine per la pronuncia del lodo.
E’ possibile affermare che sul controcredito opposto in compensazione oggi gli arbitri possano sempre decidere con
efficacia di giudicato, contrariamente all'orientamento precedentemente espresso dalla dottrina, secondo cui nell'ipotesi di controcredito estraneo all'accordo compromissorio gli arbitri avrebbero dovuto limitarsi a conoscere della questione
incidenter tantum.