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Articolo 186 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Terre e rocce da scavo

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 186 Codice dell'ambiente

Articolo abrogato dall’art. 39, comma 4, D.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205

[1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché: a) siano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti; b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo; c) l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate; d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale; e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto; f) le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d'uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione; g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L'impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p). 2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall'autorità titolare del relativo procedimento. Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purché in ogni caso non superino i tre anni. 3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (DIA). 4. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti né a VIA né a permesso di costruire o denuncia di inizio di attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista. 5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto. 6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L'accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti è svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell'ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4. 7. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L'autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA. 7-bis. Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni: a) un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali; b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane; c) un miglioramento della percezione paesaggistica. 7-ter. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall'estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle attività di lavorazione di pietre e marmi che presentano le caratteristiche di cui all'articolo 184-bis. Tali residui, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell'Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente derivanti dall'utilizzo della sostanza o dell'oggetto.]

Massime relative all'art. 186 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 18892/2017

La normativa in tema di terre e rocce da scavo, vigente nel 2009/2010, non imponeva espressamente l'obbligo di asseverare la sussistenza dei requisiti richiesti dall'art. 186, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 sicché le eventuali falsità di tali attestazioni non sono penalmente sanzionate dall'art. 483 cod. pen. In ogni caso, poiché l'attestazione, la cui falsità è penalmente sanzionata, consiste in un'affermazione o negazione di verità preesistente alla dichiarazione stessa e mai in una dichiarazione di volontà o in un giudizio, il reato di cui all'art. 483 cod. pen. al più potrebbe configurarsi con riferimento alla parte del progetto descrittiva della situazione esistente e, dunque, delle condizioni che legittimano l'utilizzo delle terre e rocce da scavo e non alla parte programmatica. Integra il reato di falsità ideologica in certificati (art. 481 cod. pen.), e non quello più grave di falsità ideologica in atto pubblico (art. 483 cod. pen), la falsa attestazione dell'esistenza delle condizioni previste dall'art. 186, comma 1, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per l'utilizzo di terre e rocce da scavo in siti diversi da quelli di produzione, compiuta in epoca antecedente alla entrata in vigore del D.M. 10 agosto 2012, n. 161. (Annulla con rinvio, App. Milano, 13 marzo 2017).

Cass. pen. n. 8026/2017

Anche a seguito dell'approvazione del D.P.R. n. 120/2017 (che ha introdotto una nuova disciplina della gestione delle terre e rocce da scavo), le modifiche del regime giuridico di tali rifiuti, pur avendo inciso su una serie di profili attinenti alle procedure di classificazione ed ai relativi requisiti, non hanno comunque inciso, in maniera decisiva o comunque rilevante, con riferimento ai profili che consentono di qualificare "rifiuto" e non "sottoprodotto" il materiale da scavo prodotto attraverso lavori edili, ovvero: 1) la necessità di una scrupolosa osservanza delle procedure previste per il successivo riutilizzo del materiale e per il suo trasporto in un sito diverso da quello di produzione; 2) la presenza, nel materiale di risulta ottenuto dalle operazioni di scavo, di sostanze inquinanti. In tema di tutela dell'ambiente, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 260 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la qualifica di terre e rocce da scavo come sottoprodotti secondo i criteri di cui all'art. 4, comma 2, D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120, non impedisce che le stesse siano soggette alla normativa in tema di rifiuti quando si verifichi la totale inosservanza delle procedure previste per il successivo riutilizzo del materiale e per il suo trasporto in un sito diverso da quello di produzione ovvero in caso di presenza, nel materiale di risulta, di sostanze inquinanti. (Annulla senza rinvio, App. Palermo, 11 marzo 2015).

Cass. pen. n. 25429/2015

In tema di tutela penale dell'ambiente, non è configurabile il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata in presenza di un'attività di frammentazione o macinatura di terre e rocce da scavo, in quanto tale attività non costituisce un'operazione di trasformazione preliminare ai sensi dell'art. 186, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non determinando di per sé stessa alcuna alterazione dei requisiti merceologici e di qualità ambientale. (Fattispecie nella quale la Corte ha, però, ritenuto la rilevanza penale della condotta ascritta all'imputato, che si era concretizzata in una attività di vagliatura e di deposito ultrannuale). (Rigetta, Trib. Lucca, 24 giugno 2014). Ai sensi dell'art. 39, comma 4, D.Lgs. n. 205/2010, l'abrogazione dell'art. 186 del D.Lgs. n. 152/2006 è destinata ad operare solo a seguito dell'entrata in vigore dei D.M. previsti dall'art. 184-bis del cit. Decreto dovendo corrispondere il sottoprodotto ai requisiti qualitativi o quantitativi stabiliti da tali provvedimenti. Considerato che il citato art. 39, comma 4, prevede che l'abrogazione dell'art. 186 operi solo a far data dall'entrata in vigore dei D.M. in materia di sottoprodotti, il predetto articolo ha assunto natura di norma temporanea, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 2 cod. pen. la relativa disciplina si applica in ogni caso ai fatti commessi nella vigenza della normativa in materia di terre e rocce da scavo. Non sarebbe, infatti, possibile attribuire la qualifica di sottoprodotto a determinati materiali sulla base di disposizioni amministrative inesistenti all'epoca della loro produzione.

Cass. pen. n. 16078/2015

In tema di gestione dei rifiuti, l'applicazione della disciplina sulle terre e rocce da scavo (art. 186, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), nella parte in cui sottopone i materiali da essa indicati al regime dei sottoprodotti e non a quello dei rifiuti, è subordinata alla prova positiva, gravante sull'imputato, della sussistenza delle condizioni previste per la sua operatività, in quanto trattasi di disciplina avente natura eccezionale e derogatoria rispetto a quella ordinaria. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva ravvisato la sussistenza del reato di raccolta di rifiuti in relazione a terre e rocce da scavo miste a residui cementizi e bituminosi posizionati sulla superficie di un fondo agricolo e smaltiti successivamente all'inizio delle indagini, a mezzo di ditta specializzata previa compilazione dei prescritti formulari di identificazione). (Dichiara inammissibile, Trib. Brindisi, 11 dicembre 2013)

Cass. pen. n. 17380/2014

In tema di tutela dell'ambiente, per qualificare le terre e le rocce da scavo come sottoprodotto, l'art. 186 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a seguito dell'abrogazione disposta dall'art. 39, comma quarto, del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, ha assunto la natura di norma temporanea, destinata ad applicarsi ai fatti commessi fino all'entrata in vigore del prescritto D.M. di attuazione n. 161 del 2012, avvenuta il 6 ottobre 2012, in quanto non è possibile attribuire la qualifica di sottoprodotto a materiali sulla base di disposizioni amministrative non ancora vigenti al momento della loro produzione. (Dichiara inammissibile, Trib. Vigevano, 4 dicembre 2012).

Cass. pen. n. 10483/2014

Non è configurabile il reato di gestione di rifiuti abusiva in presenza di un'attività di frammentazione o macinatura di terre e rocce da scavo, in quanto tale attività non costituisce un'operazione di trasformazione preliminare ai sensi dell'art. 186, D.Lgs. n. 152/2006 non determinando di per sé stessa alcuna alterazione dei requisiti merceologici e di qualità ambientale del materiale.

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