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Articolo 145 Codice dei beni culturali e del paesaggio

(D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)

[Aggiornato al 10/10/2023]

Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione

Dispositivo dell'art. 145 Codice dei beni culturali e del paesaggio

1. La individuazione, da parte del Ministero, delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione, costituisce compito di rilievo nazionale, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di principi e criteri direttivi per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali.

2. I piani paesaggistici possono prevedere misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico.

3. Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.

4. I comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo.

5. La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo.

Massime relative all'art. 145 Codice dei beni culturali e del paesaggio

Corte cost. n. 172/2018

È dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lett. s), Cost. - l'art. 48 della Legge Reg. Siciliana n. 16 del 2017. La norma impugnata dal Governo limita, al comma 1, e con riferimento alle opere qualificate come di pubblica utilità, realizzate da enti pubblici o società concessionarie di servizi pubblici (con la sola esclusione dell'impiantistica di trattamento dei rifiuti comprese le discariche), i vincoli derivanti dal piano paesaggistico territoriale alle sole misure in grado di ridurre, compensare o eliminare le eventuali incompatibilità paesaggistiche, escludendo la possibilità di stabilire divieti assoluti di intervento. Inoltre prevede, al comma 2, che la procedura di valutazione della compatibilità paesaggistica, avviata con istanza del proponente, va conclusa, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza stessa, con delibera espressa della Giunta regionale, su proposta dell'assessore regionale per i beni culturali e l'identità siciliana. Infine altresì prevede, al comma 3, che le opere di cui al comma 1, nonché le attività estrattive che abbiano già ricevuto nulla osta, pareri favorevoli o autorizzazioni prima della data di adozione dei singoli piani paesaggistici territoriali, possano essere realizzate nel rispetto dei tempi, delle forme e delle modalità previste in questi atti, senza necessità di ulteriori valutazioni. La normativa regionale impugnata contrasta con la finalità principale del piano paesaggistico - la tutela dell'interesse primario alla conservazione del paesaggio - che può prevedere anche divieti assoluti di intervento, conformemente agli artt. 143, comma 9, e 145, comma 3, Cod. beni culturali. Sotto altro profilo, la disciplina regionale contrasta con l'art. 146 Cod. beni culturali, perché determina un sostanziale svuotamento del contenuto dei poteri riservati alla competenza tecnico-scientifica degli uffici amministrativi preposti alla tutela paesaggistica, ai quali soltanto spetta di compiere la verifica concreta di conformità tra l'intervento progettato e le disposizioni del piano, individuando la soluzione più idonea a far sì che l'interesse pubblico primario venga conseguito con il minor sacrificio possibile degli interessi secondari. Senza prevedere alcuna forma di partecipazione al procedimento da parte di organismi tecnici, e non distinguendo tra procedimenti autorizzatori già conclusi e procedimenti ancora in itinere alla data di adozione dei piani, l'art. 48 citato contrasta poi con la disciplina dell'autorizzazione paesaggistica dettata dall'art. 146 Cod. beni culturali, in particolare con i commi 4, 5, e 6. La conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato. Il legislatore statale, tramite l'emanazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, qualificate norme di grande riforma economico-sociale, conserva il potere, nella materia "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali, di vincolare la potestà legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale. Il piano paesaggistico ha la funzione di strumento di ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, non solo ai fini della salvaguardia e valorizzazione dei beni paesaggistici, ma anche nell'ottica dello sviluppo sostenibile e dell'uso consapevole del suolo, in modo da poter consentire l'individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio.

Cons. Stato n. 32/2018

Ancorché la tutela paesaggistica apprestata dallo Stato costituisca un limite inderogabile, tuttavia è esclusa l'illegittimità di norme regionali che non deroghino, in pejus, agli standard fissati a livello statale, bensì stabiliscano norme di tutela più rigorose, salvo il sindacato di ragionevolezza.

Il rapporto che intercorre tra gli strumenti di pianificazione paesistica e i piani urbanistici è simile a quello che caratterizza il rapporto tra le competenze statali in materia di tutela dell'ambiente e del paesaggio (ambito trasversale riservato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato) e quelle delle Regioni nelle materie di loro specifica attribuzione.

Se è vero che le previsioni dei piani paesaggistici sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici (così come esplicitamente dispone l'art. 145, comma 3, D.Lgs. n. 42/2004, Codice dei beni culturali), non vi è alcuna preclusione a che gli strumenti urbanistici dettino, eventualmente, nell'ambito di propria competenza, disposizioni aggiuntive anche più restrittive dello strumento sovraordinato.

Corte cost. n. 197/2014

È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., l'art. 34 della legge della Regione Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, che sostituisce l'art. 17, comma 2, della legge regionale n. 56 del 1977, nella parte in cui non prevede la partecipazione degli organi del Ministero per i beni e le attività culturali al procedimento di conformazione agli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica delle varianti al piano regolatore generale, comunale e intercomunale. L'esclusione della partecipazione di qualsivoglia organismo ministeriale dall'iter procedimentale di approvazione delle varianti e revisioni dei menzionati piani, si pone in evidente contrasto con la normativa statale (art. 145, comma 5, del D.Lgs. n. 42 del 2004) che impone che lo Stato partecipi alla verifica di conformità al PPT della variante al PRG, in linea con le prerogative ad esso riservate dall'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., come anche riconosciute dalla costante giurisprudenza costituzionale - impone che la Regione adotti la propria disciplina di conformazione assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo. Infatti, l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica è assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale. Al contrario, la generale esclusione della partecipazione degli organi ministeriali nei procedimenti di adozione delle varianti, nella sostanza, finisce per degradare la tutela paesaggistica da valore unitario prevalente e a concertazione rigorosamente necessaria, in mera esigenza urbanistica. - Sulla necessità che lo Stato partecipi alla verifica di conformità al PPT della variante al PRG, v. le citate sentenze nn. 235/2011 e 211/2011. - Sul principio della gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, dettato dall'art. 145, comma 5, del D.Lgs. n. 42 del 2004, v. le sentenze nn. 193/2010, 272/2009 e 182/2006. - Sulla degradazione della tutela paesaggistica da valore unitario prevalente e a concertazione rigorosamente necessaria, in mera esigenza urbanistica, v. la sentenza n. 437/2008.

Cons. Stato n. 3518/2012

Il generale principio della temporaneità delle misure di salvaguardia, aventi natura eccezionale e derogatoria, e della ragionevole durata del loro termine di efficacia, vincola le Amministrazioni in generale, ed anche le Regioni, al fine di evitare un incontrollato trascinamento in avanti della durata delle suddette misure impeditive, onde scongiurare il rischio che all'effetto tipico, di natura meramente cautelare, si sovrapponga quello improprio di una permanente compressione del diritto di proprietà (ciò anche con riferimento alla tutela di valori ambientali).

Corte cost. n. 193/2010

Sono incostituzionali gli artt. 26 e 27, L.R. 29 giugno 2009, n. 19, Piemonte, nella parte in cui prevedono che per le aree naturali protette classificate parco naturale o zone naturali di salvaguardia è redatto un piano di area, che ha valore di piano territoriale regionale e sostituisce le norme difformi dei piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello e che i piani naturalistici hanno valore di piani di gestione dell'area protetta e le norme in essi prevedute sono vincolanti ad ogni livello.

Cons. Stato n. 5459/2009

L'art. 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio - D.Lgs. n. 42/2004, secondo cui i piani paesistici contengono misure di salvaguardia, è da ritenersi norma di riforma economico sociale direttamente applicabile nella Regione Sardegna, idonea a limitare la potestà legislativa regionale in materia di urbanistica ed edilizia.

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