(massima n. 1)
È dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lett. s), Cost. - l'art. 48 della Legge Reg. Siciliana n. 16 del 2017. La norma impugnata dal Governo limita, al comma 1, e con riferimento alle opere qualificate come di pubblica utilità, realizzate da enti pubblici o società concessionarie di servizi pubblici (con la sola esclusione dell'impiantistica di trattamento dei rifiuti comprese le discariche), i vincoli derivanti dal piano paesaggistico territoriale alle sole misure in grado di ridurre, compensare o eliminare le eventuali incompatibilità paesaggistiche, escludendo la possibilità di stabilire divieti assoluti di intervento. Inoltre prevede, al comma 2, che la procedura di valutazione della compatibilità paesaggistica, avviata con istanza del proponente, va conclusa, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza stessa, con delibera espressa della Giunta regionale, su proposta dell'assessore regionale per i beni culturali e l'identità siciliana. Infine altresì prevede, al comma 3, che le opere di cui al comma 1, nonché le attività estrattive che abbiano già ricevuto nulla osta, pareri favorevoli o autorizzazioni prima della data di adozione dei singoli piani paesaggistici territoriali, possano essere realizzate nel rispetto dei tempi, delle forme e delle modalità previste in questi atti, senza necessità di ulteriori valutazioni. La normativa regionale impugnata contrasta con la finalità principale del piano paesaggistico - la tutela dell'interesse primario alla conservazione del paesaggio - che può prevedere anche divieti assoluti di intervento, conformemente agli artt. 143, comma 9, e 145, comma 3, Cod. beni culturali. Sotto altro profilo, la disciplina regionale contrasta con l'art. 146 Cod. beni culturali, perché determina un sostanziale svuotamento del contenuto dei poteri riservati alla competenza tecnico-scientifica degli uffici amministrativi preposti alla tutela paesaggistica, ai quali soltanto spetta di compiere la verifica concreta di conformità tra l'intervento progettato e le disposizioni del piano, individuando la soluzione più idonea a far sì che l'interesse pubblico primario venga conseguito con il minor sacrificio possibile degli interessi secondari. Senza prevedere alcuna forma di partecipazione al procedimento da parte di organismi tecnici, e non distinguendo tra procedimenti autorizzatori già conclusi e procedimenti ancora in itinere alla data di adozione dei piani, l'art. 48 citato contrasta poi con la disciplina dell'autorizzazione paesaggistica dettata dall'art. 146 Cod. beni culturali, in particolare con i commi 4, 5, e 6. La conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato. Il legislatore statale, tramite l'emanazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, qualificate norme di grande riforma economico-sociale, conserva il potere, nella materia "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali, di vincolare la potestà legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale. Il piano paesaggistico ha la funzione di strumento di ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, non solo ai fini della salvaguardia e valorizzazione dei beni paesaggistici, ma anche nell'ottica dello sviluppo sostenibile e dell'uso consapevole del suolo, in modo da poter consentire l'individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio.