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Articolo 176 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

(D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Effetti sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare

Dispositivo dell'art. 176 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

1. L'apertura della liquidazione giudiziale della società determina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all'articolo 2447 bis, primo comma, lettera b), del codice civile quando impedisce la realizzazione o la continuazione dell'operazione. In caso contrario, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, può decidere di subentrare nel contratto in luogo della società, assumendo, a decorrere dalla data del subentro, tutti i relativi obblighi.

2. Se il curatore non subentra nel contratto, il finanziatore può chiedere al giudice delegato di essere autorizzato, sentito il comitato dei creditori, a realizzare o a continuare l'operazione, in proprio o affidandola a terzi; in tale ipotesi il finanziatore può trattenere i proventi dell'affare e può insinuarsi al passivo della procedura in via chirografaria per l'eventuale credito residuo.

3. Nelle ipotesi ai commi 1, secondo periodo e 2, resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 2447 decies, terzo, quarto e quinto comma, del codice civile.

4. Qualora, nel caso di cui al comma 1, non si verifichi alcuna delle ipotesi previste ai commi 1, secondo periodo e 2, si applica l'articolo 2447 decies, sesto comma, del codice civile.

Spiegazione dell'art. 176 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

Va premesso che la s.p.a. può costituire patrimoni destinati in via esclusiva ad uno specifico affare, ovvero convenire che, nel contratto di finanziamento di uno specifico affare, il rimborso del finanziamento stesso avvenga tramite destinazione dei proventi dell'affare finanziato, o mediante parte di essi.

Ciò premesso, l'apertura della l.g. non comporta automaticamente lo scioglimento del contratto di finanziamento dedicato, producendosi quest'ultimo esclusivamente quando la procedura concorsuale impedisce la realizzazione o la continuazione dell'operazione.
Se l'impedimento non si verifica, il curatore, una volta sentito il comitato dei creditori (parere obbligatorio, ma non vincolante), può subentrare alla società assumendo i relativi obblighi.

In caso di mancato subentro, e a tutela delle aspettative del finanziatore, la norma prevede che quest'ultimo possa chiedere al g.d. di essere autorizzato, sentito il comitato dei creditori, a realizzare o continuare l'operazione in proprio o con affidamento a terzi, potendo inoltre trattenere i proventi dell'affare in pagamento del proprio credito da finanziamento e di insinuarsi al passivo in via chirografaria per l'eventuale credito residuo.
Questo diritto spetta parimenti nell'ipotesi in cui «non ne fosse ab origine prevista contrattualmente tale destinazione».

L'articolo in esame prevede inoltre, sempre a garanzia del finanziatore, che il subentro del curatore o la prosecuzione dell'affare da parte del finanziatore non impediscono la separazione patrimoniale dei proventi, sui quali non possono concorrere i creditori della società.

L'ult. comma, infine, prevede che qualora non si verifichi il subentro del curatore, o la prosecuzione da parte del finanziatore, trova applicazione l'art. 2447-decies, co. 6° c.c., che prevede la cessazione delle limitazioni conservative per i creditori sociali, e che il finanziatore possa insinuarsi al passivo per il proprio credito al netto dei proventi dell'operazione già maturati, a condizione che una copia del contratto di finanziamento dedicato sia stata depositata per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese, e che la società avesse adottato un sistema di incasso e contabilizzazione preordinato a rilevare separatamente i proventi dell'affare rispetto a quelli restanti della società.

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