Esercizio della servitù di presa d'acqua in relazione al tempo: estivo e invernale, diurno e notturno, feriale e festivo
L'
art. 1085 del c.c. si riferisce all'esercizio di presa d'acqua in rapporto al tempo, diviso questo in estivo e invernale, diurno e notturno, feriale e festivo.
a) Stabilita una
servitù di presa d'acqua per l'estate o per l'inverno, questa potrà essere presa, se per l'estate, dall'equinozio di primavera a quello d'autunno. Non è determinato se il giorno in cui cade l'equinozio iniziale debba essere computato a favore di chi sta per cominciare l'esercizio della servitù, cessando questo nel giorno che precede l'avvento dell'equinozio finale, oppure viceversa. Stando al modo comune di computazione dei termini si deve però intendere che l'esercizio comincia nel giorno susseguente a quello in cui cade l'equinozio iniziale e finisce nel giorno in cui cade l'equinozio finale.
b) Stabilita una
servitù di presa d'acqua per il giorno, oppure per la notte, nel primo caso potrà essere esercitata dal levare al tramontare del sole, nel secondo dal tramonto al levare. In questo senso va ed è stata intesa l'espressione della legge, giorno e notte «
naturali ».
c) Stabilita infine una
servitù di presa d'acqua per giorni feriali o festivi, l'ultimo comma dell'
art. 1085 del c.c. dispone che nel secondo caso (giorni festivi) l'acqua continuerà ad essere dovuta in quei giorni, e quelli soli, che vigevano come feste di precetto al tempo in cui l'uso fu convenuto o si è cominciato a possedere. Perciò se altre feste vengono aggiunte o se alcune di quelle altre vigenti vengono in seguito soppresse, l'uso della servitù rimane invariato. Quid nel primo caso (giorni feriali)? La determinazione dei giorni festivi porta certo implicita anche quella dei giorni feriali. Senonché l' immutabilità stabilita nell'ultimo comma dell'art.
1085 riguarda esplicitamente l'uso delle acque nei soli giorni festivi e non se ne può dedurre che anche l'uso dell'acqua nei giorni feriali continui a cadere nei soli giorni che erano feriali al tempo in cui l'uso fu convenuto o fu cominciato il possesso.
Determinazione della quota e del turbo in ordine all'esercizio della servitù
Nelle distribuzioni per ruota («
ruota » qui è un termine che designa non lo strumento distributore, ma il susseguirsi ininterrotto dell'uso dal primo utente all'ultimo, e quindi nuovamente dal primo e cosi via, chiamandosi «
turno » l'uso d'ogni singolo utente), il tempo che l'acqua impiega per giungere alla bocca di derivazione, si consuma — dice l'
art. 1086 del c.c. — a carico dell'utente che comincia il turno, che però è compensato di questo svantaggio all' inizio dell'uso, con l' attribuzione della coda d'acqua, che, al momento in cui cessa il suo turno, si trovi immessa nel canale distributore. Praticamente la durata di un turno va dall'apertura alla chiusura dell'incile, che dà il via all'acqua nel canale distributore. Pertanto, supposto un turno di due ore per Tizio, se la sua bocca di derivazione si trova a tale distanza dall'incile, che l'acqua impieghi 5 minuti a percorrere l'intervallo, i primi cinque minuti del turno passano per Tizio a vuoto, cioè - dice la legge - si consumano a suo carico, ma allo spirare delle due ore, chiuso l'incile, resterà nel canale tanta acqua da riempire l'intervallo fra l'incile medesimo e la bocca di derivazione di Tizio. Questa quantità, detta «
coda dell' acqua», spetta a Tizio, che in tal modo è compensato del detrimento iniziale.
Diritto nelle acque sorgenti o sfuggite
Può accadere che lungo il canale distributore scaturiscano delle sorgenti e che dall'incile, anche se chiuso, sfugga tuttavia una certa quantità d'acqua. Quest'acqua per il disposto dell'articolo in esame non potrà essere da alcuno degli utenti trattenuta o derivata, che al tempo del suo turno.