La norma rappresenta un’importantissima innovazione rispetto al vecchio codice del 1865. Nella redazione originaria, l’autorizzazione a procedere alla divisione poteva essere data dal testatore, senza distinzioni, quindi anche nel caso in cui l’esecutore testamentario fosse erede o legatario. Nel progetto del Guardasigilli, invece, fu introdotta al riguardo la limitazione che poi passò nel codice; limitazione opportuna per evitare una situazione di conflitto, in questa ipotesi troppo stridente, e che avrebbe, nella maggior parte dei casi, ostacolato l’applicazione della disposizione. La disposizione è pienamente giustificata dalle ragioni che si leggono nella relazione della Commissione reale, dove si osserva che nulla vieta che l’esercizio del diritto del padre di famiglia di addivenire alla divisione inter liberos possa essere affidato all’esecutore testamentario, a mezzo, cioè, della persona di fiducia, cui il testatore attribuisce l’incarico così delicato di effettuare la sua volontà testamentaria. La disposizione è stata poi illustrata dal Presidente della Commissione delle Assemblee legislative facendo notare che l’esecutore, il quale è quasi sempre persona autorevole, che conosce bene la situazione familiare ed esercita un ascendente sui coeredi, può, con il suo intervento, eliminare moltissimi inconvenienti ed infinite liti fra gli eredi. Secondo la nuova norma, dunque, la divisione da parte dell'esecutore è ammissibile se è stata disposta dal testatore e se l’esecutore non è né erede, né legatario.
La norma aggiunge che, quando l'esecutore procede alla divisione, si osserva il disposto dell’art.
733. Siccome il richiamo è generico e comprende quindi tutto l’articolo, ciò significa: 1) che
se il testatore ha stabilito particolari norme per stabilire le porzioni, queste norme sono vincolanti per gli eredi, salvo che l’effettivo valore dei beni non corrisponda alle quote stabilite dal testatore; 2) che,
in mancanza di disposizioni del testatore, se l’esecutore procede lui (anche avvalendosi dell’opera di persona tecnica)
alla stima e formazione delle quote, la divisione vincola pure gli eredi, a meno che l’autorità giudiziaria la riconosca contraria alla volontà del testatore o manifestamente iniqua. Questi limiti dell'azione giudiziaria da parte degli eredi interessati chiariscono che
l’esecutore testamentario, quando procede alla divisione, assume funzioni analoghe a quelle dell’arbitrators; e che la divisione da lui proposta ha molte analogie con l’arbitraggio, in quanto non decide controversie, ma interviene per la determinazione degli elementi che servono di base alla divisione extragiudiziale. Con la differenza, però, che l’incarico è conferito dal testatore e non dalla libera volontà degli eredi, e che la divisione proposta vincola gli eredi medesimi per disposizione di legge, salvi i casi in cui, come si è visto, possono proporre l’impugnazione.
Bisogna notare, poi, che, nella discussione presso la Commissione reale e presso la Commissione delle Assemblee legislative, fu proposto di permettere al testatore di istituire l’esecutore testamentario come arbitro amichevole compositore di tutte le controversie che potessero sorgere tra coeredi circa la successione, ma la proposta non fu accolta. Dunque, eccettuato il caso della divisione entro i limiti ora accennati, l’esecutore non ha, per sé, alcuna veste di decidere liti tra eredi, salvo, naturalmente, che costoro non abbiano a lui volontariamente deferito il giudizio, o nella forma dell’arbitrato regolare, o in quella dell’arbitrato irrituale.
Resta da aggiungere che il secondo comma dell’art. 706 precisa che, prima di procedere alla divisione, l’esecutore deve sentire gli eredi. Nella relazione della Commissione reale si rileva, al riguardo, che l'inosservanza di tale prescrizione è motivo di nullità della divisione; ma il parere degli eredi non ha efficacia vincolante.