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Sezione II - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Della reintegrazione della quota riservata ai legittimari

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
271 Chiarito, sia nella nuova intestazione della Sezione I del Capo X, sia nelle norme in essa comprese, che nella riserva sono inclusi anche diritti che non conferiscono la qualità di erede, mi è sembrato che non vi fossero inconvenienti a conservare nel nuovo testo l'intitolazione che nel progetto definitivo era stata data alla Sezione II, perché con essa meglio si esprime il fine al quale tende l'azione di riduzione. Dal punto di vista sostanziale sono state apportate le seguenti innovazioni rispetto al progetto: 1) si è stabilito espressamente nell'art. 553 del c.c. che i legittimari devono imputare ai sensi dell'art. 564 del c.c. quanto hanno ricevuto da colui al quale succedono; 2) si è chiarito che, solo se il legittimario ha accettato con beneficio d'inventario, è negato ai creditori del defunto di chiedere la riduzione e di approfittarne; 3) si è risolta espressamente una vecchia questione, e cioè se l'insolvenza del donatario soggetto a riduzione debba restare a carico del legittimario o dei precedenti donatasi o se piuttosto non debba gravare sui legittimari e sui donatari insieme: è stata consacrata quest'ultima opinione, stabilendosi in un nuovo articolo (art. 562 del c.c.) che il valore della donazione che non può essere recuperato grava sulla massa ereditaria; 4) si è corretta nell'art. 563 del c.c. l'imprecisa qualificazione di azione di riduzione e di rivendicazione data all'azione promossa dai legittimari contro i terzi ai quali siano stati trasferiti gli immobili donati: invero l'azione di riduzione si intenta esclusivamente contro il donatario; una volta pronunziata la riduzione, il legittimario fa valere contro il terzo una azione per la restituzione degli immobili; 5) si è ammessa l'azione di riduzione anche per la restituzione dei beni mobili oggetto della donazione, facendo salvi gli effetti del possesso di buona fede, i quali non operano, come è noto, per tutte le categorie di beni mobili; 6) si è risolto un dubbio agitatosi sotto l'impero del vecchio codice, ammettendo anche il terzo a liberarsi dall'obbligo di restituire le cose donate, mediante il pagamento del loro valore; 7) si è precisato nell'art. 564 del c.c. che l'azione di riduzione può essere esercitata anche dal legittimario che abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario e che ne sia decaduto; 8) si è chiarito, sempre a proposito delle condizioni per l'esercizio dell'azione di riduzione, che, quando le donazioni e i legati sono stati fatti a chiamati come coeredi, il legittimario può sempre agire in riduzione a prescindere dall'accettazione beneficiata, anche se quei chiamati abbiano rinunziato all'eredità; 9) infine si è affermato che il legittimario, il quale succede per rappresentazione, deve imputare le donazioni e i legati fatti al suo ascendente. Va ricordato al riguardo che il progetto preliminare, risolvendo un'annosa questione, aveva stabilito nell'art. 114 che la rappresentazione non dovesse aver luogo in caso di unicità di stirpe. Senonché questa regola sembrò ingiusta e inopportuna, specialmente in relazione all'ampia portata data all'istituto della rappresentazione. Pertanto nel progetto definitivo fu ammessa la rappresentazione anche nel caso di unicità di stirpe (art. 11, ultimo comma). Tuttavia venne disposto che, pur avendo luogo il diritto di rappresentazione, il discendente non fosse tenuto all'imputazione delle donazioni fatte al suo ascendente. Ho considerato che in tal modo si sarebbe esclusa la conseguenza più importante della successione iure repraesentationis e si sarebbe anzi affermato un principio del tutto contrastante con il concetto stesso di rappresentazione, il quale, facendo subentrare il rappresentante al posto del rappresentato, intende tenere immutate, a salvaguardia dei terzi, le aspettative già consolidate, Per queste ragioni ho posto, nel terzo comma dell'art. 564, la regola dell'obbligo dell'imputazione delle donazioni e dei legati fatti all'ascendente.