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Articolo 2550 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Pluralitā di associazioni

Dispositivo dell'art. 2550 Codice Civile

Salvo patto contrario, l'associante non può attribuire partecipazioni per la stessa impresa o per lo stesso affare ad altre persone senza il consenso dei precedenti associati.

Ratio Legis

La norma comporta l'obbligo dell'associante di non attribuire altre partecipazioni senza il consenso dei precedenti associati. Tale disposizione è applicabile solo nell'ipotesi in cui l'attribuzione della nuova partecipazione sia successiva la primo contratto di associazione.

Spiegazione dell'art. 2550 Codice Civile

La norma si giustifica con il rilievo che i nuovi apporti al medesimo affare o alla medesima impresa ne modificano la consistenza economica rendendo così possibile un ampliamento dell'attività che produce il conseguente aggravamento del rischio rispetto a quello inizialmente assunto dal primo associato. Considerato che la disposizione ha carattere eccezionale, comprimendo la libertà di contrarre, la si e ritenuta non applicabile al caso di associante titolare di più imprese ovvero di un'impresa e di separato affare che associ ad impresa o affare altra rispetto a quella cui corre l'associazione in partecipazione (De Acutis). Allorquando l'imprenditore associante alieni l'azienda, diviene applicabile l'articolo 2558; perciò si verifica la successione legale nel contratto di associazione in partecipazione in capo all'acquirente tranne nel caso di contratto di contratto stipulato intuitu personae ossia nel caso si tratti di alienante piccolo imprenditore (De Ferra). Se invece l'alienazione di azienda riguarda l'associato, la successione ex art. 2558 non opera se, trattandosi di contratto rientrante tra i rapporti di impresa dell'associato, l'associazione in partecipazione preveda l'attribuzione convenzionale a quest'ultimo di poteri di gestione oppure l'apporto consista in una prestazione di fare (De Ferra). Se l'associante e una società e questa si fonde con una o più altre società, la tutela dell'associato si realizza nell'ambito dell'art. 2503, e cioè nell'ambito delle opposizioni dei creditori, essendo inapplicabile alla fusione la disciplina del trasferimento di azienda (De Ferra). Se la fusione riguarda invece la società associata, l'associazione in partecipazione non subisce conseguenze, tranne per il caso in cui che la esecuzione dell'apporto sia differita nel tempo o rateizzata, perché allora all'associante creditore spetta la tutela di cui all'art. 2503 (De Ferra). La violazione del divieto non genera nullità, perché non si tratta di norma imperativa, ma inadempimento ed eventuale responsibilità; secondo una parte della dottrina, il consenso dei precedenti associati sarebbe condizione di opponibilità, a loro, delle associazioni in partecipazione successive (Mignone).

Massime relative all'art. 2550 Codice Civile

Cass. civ. n. 2715/1996

Nel contratto di associazione in partecipazione, l'art. 2550 c.c., comportante l'obbligo dell'associante, salvo patto contrario, a non attribuire altre partecipazioni senza il consenso dei precedenti associati, č applicabile soltanto nell'ipotesi in cui l'attribuzione della nuova partecipazione sia successiva al primo contratto di associazione ed importi, quindi, una modificazione di quote di partecipazione agli utili dell'impresa e dell'affare e non nel caso in cui l'attribuzione della posizione di associato a due distinte persone abbia luogo contestualmente con due distinte scritture redatte in pari data, in guisa da non potersi stabilire a chi delle due, quale precedente associato, spetti di dare il consenso prescritto dalla legge.

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