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Articolo 1654 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Inderogabilità

Dispositivo dell'art. 1654 Codice Civile

Le disposizioni che precedono sono inderogabili(1).

Note

(1) Articolo implicitamente abrogato dall'art. 29, comma 2, L. 11/2/1971 n. 11.

Ratio Legis

La norma è volta a disporre una tutela rafforzata dal coltivatore diretto.

Spiegazione dell'art. 1654 Codice Civile

Inderogabilità delle norme nell'affitto a coltivatore diretto

Il codice non soltanto riconosce e tutela gli interessi particolari del locatore e del piccolo affittuario nell'affitto a coltivatore diretto, ma li considera di portata generale e tali da non potere essere sacrificati alla volonta dei singoli contraenti. Tutte le disposizioni che precedono sono inderogabili, sia quella relativa ai casi fortuiti ordinari, sia quella relativa al subaffitto, alla morte dell'affittuario, ai miglioramenti, alle anticipazioni e alla sostituzione del locatore all'affittuario. L'inderogabilità riguarda entrambi i contraenti per cui nessuna delle parti può preventivamente rinunciare alle provvidenze dettate a suo favore e se rinuncia v'è stata, la clausola relativa deve considerarsi radicalmente nulla.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1654 Codice Civile

Cass. civ. n. 23628/2004

In tema di contratti agrari, all'esito della declaratoria d'illegittimità costituzionale degli artt. 9 e 62 legge n. 203 del 1982 (e delle norme dalle prime richiamate) per effetto della sentenza n. 138 del 2002 della Corte Cost. sono divenute prive d'effetto le tabelle per i canoni d'equo affitto e i redditi dominicali stabiliti, per effetto del suindicato art. 62 legge n. 203 del 1982, a norma del R.D.L. n. 589 del 1939R.D.L. 04/04/1939, n. 589, con la conseguenza che risultano legittimi, in mancanza di previsione normativa di livelli massimi d'equità (non potendo al riguardo nemmeno prospettarsi una "riviviscenza" della norma di cui all'art. 1, commi due e ss., legge n. 567 del 1962, a suo tempo abrogata, per incompatibilità, ai sensi dell'art. 58, secondo comma, legge n. 203 del 1982), gli accordi liberamente intervenuti tra le parti - anche senza l'assistenza delle rispettive organizzazioni di categoria - in ordine alla determinazione del canone d'affitto, e risulta conseguentemente priva di fondamento normativo la domanda di ripetizione, "ex" art. 28 legge n. 11 del 1971, delle somme corrisposte in eccedenza a detti livelli.

Corte cost. n. 318/2002

Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 9 e 62 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari) in quanto prevedono un meccanismo di determinazione del canone di equo affitto ancora basato, nonostante la intervenuta revisione degli estimi catastali, sul reddito dominicale stabilito a norma del regio decreto - legge 4 aprile 1939, n. 589 (Revisione generale degli estimi dei terreni) convertito, con modificazioni, in legge 29 giugno 1939, n. 976.

Il meccanismo di determinazione del canone di equo affitto di cui agli articoli 9 e 62 della legge n. 203 del 1982, basato sul reddito dominicale risultante dal catasto terreni del 1939, rivalutato in base ai meri coefficienti di moltiplicazione, risulta privo, ormai, di qualsiasi razionale giustificazione, per cui non può essere posto a base di una disciplina dei contratti agrari rispettosa della garanzia costituzionale della proprietà terriera privata e tale da soddisfare la finalità dell'instaurazione di equi rapporti sociali, ex art. 44 Cost.».

È fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 9 e 62 della L. 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari), sollevata in riferimento agli artt. 3, 42 e 44 della Costituzione, dal Tribunale di Pesaro con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Sono incostituzionali gli art. 9 e 62 l. n. 203 del 1982, non essendosi verificata la modifica del canone equo di affitto dei fondi rustici basato sul reddito dominicale di cui al r.d.l. n. 589 del 1939, conv., con modificazioni, dalla l. n. 976 del 1939, come previsto dall'art. 62 l. n. 203 del 1982 a seguito della intervenuta revisione degli estimi catastali già dal l gennaio 1988.

Corte cost. n. 153/1977

Il sistema di determinazione e aggiornamento dei canoni, quale risulta fondamentalmente dalle disposizioni dell'art. 3 della legge n. 814 del 1973, secondo comma, e dell'art. 1, quarto e quinto comma, della legge n. 814 del 1973, è illegittimo, con riferimento all'art. 3 Cost., e agli artt. 42, secondo comma, e 44, primo comma, della Costituzione. Occorre infatti ricordare, al riguardo, che i redditi imponibili dominicali risultanti dal catasto terreni in seguito alla revisione generale degli estimi disposta dal R.D.L. 4 aprile 1939 n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939 n. 976, furono stabiliti sulla base della media dei prezzi correnti dei prodotti e dei mezzi di produzione nel triennio 1937-1939; e che, d'altra parte, il nuovo catasto, formato a norma del T.U. 8 ottobre 1931 n. 1572, è oggi in larga misura inidoneo a rispecchiare l'effettiva realtà dei fondi rustici sia per quanto concerne le qualità di coltura e le classi di produttività, sia per la consistenza dei fabbricati, impianti ed investimenti fissi, non valutati in catasto. Perciò anche prescindendo dai casi marginali di grave sperequazione dei canoni, si deve riconoscere che la misura dei coefficienti di moltiplicazione dei redditi dominicali, stabilita tra un minimo di 24 volte ed un massimo di 55 volte, è assolutamente inidonea a consentire alle Commissioni tecniche provinciali la formazione di tabelle che conducano alla determinazione di canoni equi, tali da assicurare, accanto alla giusta remunerazione del lavoro, una remunerazione non irrisoria del capitale fondiario e degli investimenti effettuati dai proprietari. Infatti la legge riconosce e garantisce la proprietà privata, e in particolare aiuta la piccola e media proprietà terriera, alla quale può bensì imporre obblighi e vincoli, ma per il duplice fine del razionale sfruttamento del suolo e del conseguimento di equi rapporti sociali, senza incidere eccessivamente sulla sostanza del diritto di proprietà, a beneficio di altri soggetti privati, pur meritevoli di speciale tutela. Alla declaratoria di illegittimità dell'art. 3, secondo comma, consegue per gli stessi motivi quella del sesto ed undicesimo comma della stessa norma.

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