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Articolo 1631 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Estensione del fondo

Dispositivo dell'art. 1631 Codice Civile

Per l'affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di difetto dell'estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme contenute nel capo della vendita [1537].

Ratio Legis

Il rinvio alle norma sulla vendita si giustifica in ragione della analogia della situazione disciplinata da tale norma e da quelle richiamate (v. 1537, 1538, 1539, 1540, 1541 c.c.).

Spiegazione dell'art. 1631 Codice Civile

Richiamo alle regale della vendita

Il locatore è tenuto a consegnare all'affittuario l'estensione dei fondi indicata nel contratto. Se l'estensione effettiva dei fondi consegnati sia maggiore o minore di quella pattuita, i diritti e gli obblighi rispettivi del locatore e dell'affittuario sono determinati dalle regole che disciplinano la medesima ipotesi nel contratto di vendita.

Due articoli distinti vanno pertanto tenuti presenti, l'art. 1537 del codice che regola la vendita a misura e l'art. 1538 successivo che disciplina la vendita a corpo con indicazione della misura. Adattando tali articoli all'affitto dei fondi rustici, può dirsi che quando un determinato fondo sia affittato con l'indicazione della sua misura e per un canone stabilito in ragione di un tanto per ogni unità di misura, l'affittuario ha diritto ad una riduzione, se la misura effettiva del fondo è inferiore a quella indicata nel contratto. Se la misura, invece, risulta superiore a quella indicata nel contratto, l'affittuario deve corrispondere un supplemento di canone, ma ha facoltà di recedere dal contratto, qualora l'eccedenza oltrepassi la ventesima parte della misura dichiarata.

Quando invece il canone di fitto sia determinato in relazione al corpo del fondo e non alla sua misura, sebbene questa sia stata indicata, non si fa luogo a diminuzione o supplemento del corrispettivo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto. Nel caso in cui debba pagarsi un supplemento di fitto, l'affittuario ha la scelta di recedere dal contratto o di corrispondere il supplemento. Il diritto dell'affittuario ad una riduzione del canone potrà essere fatto valere: a) quando l'affittuario non esiga la consegna della quantità pattuita; b) quando non sia possibile al locatore di consegnare un'estensione supplementare in maniera da integrare quella indicata nel contratto. Il legislatore del '42 ha mantenuto il differente trattamento fatto al conduttore nelle due ipotesi di minore o maggiore estensione del fondo, ma in realtà una riforma al riguardo non sarebbe stata inopportuna, dal momento che non è facile scorgere ragioni convincenti per tale differenza. L'unica ragione addotta dalla dottrina, e cioè che si deve presumere che l'affittuario (al pari dell'acquirente) disposto ad affittare una quantità maggiore, lo sia pure per la minore, mentre tale presunzione non avrebbe ragione di essere nel caso opposto, e tutt'altro che convincente, perché, in tema di affitto di fondi rustici, la minore estensione può, in certi casi, non permettere quell'utilità che l'affittuario si riprometteva dallo sfruttamento del fondo dell'estensione pattuita.

Sia nell'affitto a misura che in quello a corpo con indicazione della misura l'affittuario, anziché corrispondere il supplemento ha diritto di recedere dal contratto e quando esercita tale diritto di recesso, il locatore è tenuto a restituire il canone di fitto e a rimborsare le spese del contratto (art. 1539 cod. civ.).
Sia i diritto del locatore al supplemento, sia quello dell'affittuario alla diminuzione del canone o al recesso dal contratto si prescrivono in un anno dalla consegna del fondo (art. 1541 cod. civ.). È questo un caso in cui la data di consegna del fondo, che può essere differente da quella della stipulazione del contratto, ha rilevanza giuridica.
Si riteneva, sotto il regime del cessato codice, che le parti potessero nel contratto d'affitto e entro l'anno dal principio dell'esecuzione del contratto stesso, pattuire un termine diverso da quello fissato dalla legge per l'accertamento dell'estensione del fondo e per il conseguente aumento e per la diminuzione del fitto, qualora detta estensione fosse maggiore o minore di quella indicata nel contratto. Dato il principio dell'inderogabilità delle norme della prescrizione, per cui a norma dell'art. 2936 del codice è nullo ogni patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione, sembra che non sia più possibile pattuire un termine diverso da quello fissato nell'art. 1541.

Può darsi che due o più fondi siano stati affittati con lo stesso contratto per un solo e medesimo canone con l'indicazione della misura di ciascuno di essi e si trovi che la quantità è maggiore nell'uno e minore nell'altro: in questo caso si opera una compensazione fino alla debita concorrenza, salvo il diritto al supplemento o alla diminuzione del canone in conformità delle disposizioni anzidette (art. 1540 cod. civ.).

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1631 Codice Civile

Corte cost. n. 318/2002

Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 9 e 62 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari) in quanto prevedono un meccanismo di determinazione del canone di equo affitto ancora basato, nonostante la intervenuta revisione degli estimi catastali, sul reddito dominicale stabilito a norma del regio decreto - legge 4 aprile 1939, n. 589 (Revisione generale degli estimi dei terreni) convertito, con modificazioni, in legge 29 giugno 1939, n. 976.

Cass. civ. n. 4496/1977

Nel caso in cui l'estensione di un fondo rustico concesso in affitto venga a ridursi per parziale destinazione del fondo stesso ad uso non agricolo da parte del concedente, il canone deve considerarsi indeterminato per causa sopravvenuta ed il suo mancato pagamento, fino ad una nuova determinazione convenzionale o giudiziale, non può provocare la risoluzione del contratto per inadempimento.

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