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Articolo 1551 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Inadempimento

Dispositivo dell'art. 1551 Codice Civile

In caso di inadempimento di una delle parti, si osservano le disposizioni degli articoli 1515 e 1516(1), salva per i contratti di borsa l'applicazione delle leggi speciali [76 l.f.].

Se entrambe le parti non adempiono le proprie obbligazioni nel termine stabilito, il riporto cessa di avere effetto, e ciascuna parte ritiene ciò che ha ricevuto al tempo della stipulazione del contratto(2).

Note

(1) La parte non inadempiente può anche decidere di avvalersi del rimedio della risoluzione per inadempimento (1453 c.c.) o per violazione del termine essenziale (1457 c.c.) e chiedere il risarcimento del danno (1218 c.c.).
(2) Le parti possono escludere l'applicazione di tale comma espressamente o stabilendo che il termine non è essenziale (1457 c.c.). Tale pattuizione non è vessatoria se posta a favore di entrambe le parti (1341 c.c.).

Ratio Legis

L'inadempimento di una delle parti giustifica sia la risoluzione che l'esecuzione coattiva, in applicazione dei principi generali.
L'inadempimento di entrambi i contraenti fa presumere il venir meno del loro interesse alla stipula sulla presunzione della essenzialità per entrambi del termine (v. 1457 c.c.) e, pertanto, legittima la cessazione degli effetti del contratto ma anche la ritenzione di quanto ricevuto.

Spiegazione dell'art. 1551 Codice Civile

Essenzialità del termine

Trattandosi di un contratto unitario reale, che si perfeziona con la consegna dei titoli al riportatore, obbligato a sua volta a trasferirne altrettanti della stessa specie alla scadenza, dietro rimborso del prezzo, ne deriva:
a) che la mancata consegna dei titoli, nella prima fase, non può concretare ancora un fatto di inadempienza, ma impedisce il sorgere del contratto, salvo eventuali responsabilità in contrahendo.
b) che le principali inadempienze possono consistere: a riguardo del riportatore, nel non pagare il prezzo alla prima consegna, o nel non consegnare il tantumdem dei titoli alla scadenza; a riguardo del riportato, nel non prestarsi al ricevimento dei titoli, o nel non versarne il prezzo pattuito a scadenza.

Ciascuna di queste principali inadempienze, per l'organicità del rapporto, caratterizzato da un termine essenziale che tutto lo investe, si ripercuote sulla funzionalità del contratto nel suo insieme, e ne opera di diritto la risoluzione a norma dell'art. 1457. È da notare, peraltro, che nel riporto, data la bilateralità del rapporto e il comune interesse dei contraenti di garantirsi contro le possibili oscillazioni dei prezzi di borsa, il termine è essenziale, o quanto meno deve presumersi essenziale per entrambe le parti. Ne deriva che nessuna di esse sia tenuta a costituire l'altra in mora per l'esecuzione, e neppure a quella offerta preventiva e a quella diffida di cui tratta, per le vendite comuni di cose mobili (art. 1517). Basta, in proposito, che alla scadenza, il contraente disposto ad adempiere la propria obbligazione, ne faccia comunicazione all'altro dichiarandogli in pari tempo, ai sensi dell'art. 1456 cod. civ., che, in caso di inadempienza, intende valersi della risoluzione di diritto, come se il contratto contenesse la clausola risolutiva espressa (art. 1457 cod. civ.). Ed allora le conseguenze saranno quelle che il rapporto verrà a cadere in tutta la sua organicità, con diritto alla piena reintegrazione patrimoniale da parte del contraente adempiente. Quanto alla misura del risarcimento, peraltro, dovrà seguirsi, per quanto possibile, la norma dell'art. 1518, particolarmente applicabile in materia, trattandosi generalmente di titoli quotati in borsa.

Quanto, poi, alle altre possibili inadempienze, che abbiano tratto alle obbligazioni accessorie, di carattere continuativo, del rapporto — come quelle inerenti ai diritti ed obblighi nascenti dai titoli, per cui, specialmente il riportatore, come vedemmo, è tenuto a particolari adempimenti — la valutazione dell' importanza che assumano nell'economia del contratto dovrà farsi caso per caso dal giudice, con riguardo alle circostanze concrete della situazione, e tenuta presente la norma generale di cui all'art. 1455, per cui il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa rilevanza per l'interesse dell'altra. Basterà, in ipotesi, la condanna al risarcimento, mantenendosi fermo, per tutt'altro, il contratto.


Disciplina dell'inadempimento. Danni

Se questi, peraltro, sono i principi generali applicabili, nel silenzio della legge, per la disciplina dell'inadempimento, agli effetti della risoluzione in danno, essi non esauriscono la materia laddove l'interesse delle parti può manifestarsi, eventualmente, piuttosto per l'esecuzione specifica, o altrimenti, in relazione ad un significativo comportamento passivo di entrambe, per l'estinzione.
Ora, di queste due ipotesi appunto - che possono presentare caratteristici aspetti nella specialità della materia - si occupa particolarmente l'articolo in esame.
Nella prima parte dell'articolo, così, si contempla anzitutto l'esecuzione coattiva, la quale può assumere regolamento diverso, a seconda che si tratti di riporto comune, o di riporto in borsa, cadendo allora nella disciplina speciale, di tali contratti.
Nel primo caso l'articolo si limita ad un rinvio nel sistema stesso del codice. Data, cioè, l'analogia del secondo trasferimento del riporto con la compravendita di cose mobili, le regole poste per questa sono richiamate senz'altro in subiecta materia, anche per il contratto speciale.

Nel capoverso dell'articolo, poi si dà una soluzione pratica razionale al caso di inadempienze reciproche.
Poiché, per vero, in tale ipotesi (che riguarda la seconda fase del contratto) le posizioni delle parti si controbilancerebbero, onde, per la conseguente compensazione delle rispettive pretese, mancherebbe in ciascuna di esse l'interesse a pretendere la risoluzione in danno, come parimenti mancherebbe il diritto a domandare l'esecuzione coattiva per il noto principio inadimplen tinon est adimplendum (art. 1460), così il legislatore ha ritenuto di poter equiparare il comportamento ugualmente negativo delle parti ad una volontaria e reciproca desistenza, o risoluzione consensuale del rapporto: nel senso che questo cessi di avere effetto e ciascuna parte ritenga ciò che ha ricevuto al tempo della stipulazione del contratto.
In altri termini: il rapporto, scindendosi nella sua organicità, resta fermo per il primo trasferimento e più non si esegue per il secondo, così resta conservato l'equilibrio fra le controprestazioni, trattenendosi dal riportatore i titoli ricevuti e dal riportato il denaro.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

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