Pagamenti di debiti in moneta estera
La facoltà che l'
art. 1278 del c.c. accorda al debitore di pagare, anzichè in moneta estera, in moneta legale del suo Stato al corso del cambio nel giorno della scadenza, cessa, secondo l'art. 1279, se la moneta estera sia stata nel titolo dell'obbligazione indicata con la clausola «
effettivo », o altra equivalente. Il debitore deve, in tal caso, eseguire il pagamento nella moneta estera convenuta. La facoltà accordata al debitore è infatti una
facultas alternativa che non toglie che oggetto del debito sia la moneta estera e questa soltanto. Il creditore pertanto che in tal modo si è premunito, ha il diritto di esigere il pagamento del suo credito nella moneta estera convenuta.
Sennonchè può ben avvenire che la moneta convenuta, oltre a non avere corso legale nello Stato (circostanza che non toglie che essa possa venir pagata al creditore con effetto liberatorio per il debitore) non sia neppure in uso, o in corso nello Stato stesso, sicché al debitore «
non sia possibile procurarsela ». Ora, per questo caso, che dovrà naturalmente venir provato dal debitore, l'art. 1279 riammette la
facultas alternativa in solutione, accordando al debitore di liberarsi pagando in moneta legale al corso del cambio nel giorno della scadenza. II fatto di non potersi il debitore procurare le monete estere che dovrebbe pagare non toglie il fatto che queste però esistono, senza di che non avrebbe senso accordare al debitore di pagarle in moneta legale al corso del cambio. Si tratta dunque di una facilitazione accordata al debitore di addossare al creditore la noia e le spese necessarie per procurarsi, effettivamente quelle date monete a lui dovute. La clausola «
effettivo » non è sacramentale e l'art. 1279 espressamente avverte che può essere sostituita con qualsiasi altra espressione equivalente
Occorre pertanto indagare quale sia lo
scopo al quale le parti mirano con le clausole «
effettivo » e con le altre equivalenti, e se, e fino a qual punto, questo scopo possa essere raggiunto. Ora ciò a cui le parti mirano è in pratica di
evitare la conseguenza dannosa della svalutazione della moneta legale, svalutazione, d'altra parte, che ha pure conseguenze dannose per la pubblica economia, paralizzando il corso delle contrattazioni e il credito col gettare incertezze e dubbi laddove sarebbe desiderabile la certezza. Dato quindi che la moneta estera è, economicamente, moneta al pari di quella interna, nulla sembra si possa scorgere di illecito o meno corretto, in clausole con le quali le parti, nelle loro contrattazioni, pattuiscono la restituzione dei loro crediti in monete estere, come nel mutuo, nelle vendite, nelle affittanze ecc. Esempio: ti avevo dato in affitto un mio fondo per € 10.000: sopravvenuta una guerra e iniziata la svalutazione della moneta, ti rinnovo il contratto, ma solo a condizione che mi paghi il fitto in una certa quantità di grano, di uva e frutta e simili.