(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
94 L'
art. 113 del c.c. disciplina il matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile. Al riguardo è da rilevare che possono verificarsi tre ipotesi; quella, in cui manchi del tutto l'investitura da parte della pubblica autorità: l'altra, in cui l'investitura sia giuridicamente nulla; la terza, in cui l'investitura sia viziata. Evidentemente, quest'ultima ipotesi non deve essere prevista dalla legge, perché, secondo i principi generali, tutti gli atti compiuti dal pubblico ufficiale che abbia ottenuto l'investitura, sia pure viziata, sono sempre validi. La disposizione di questo articolo deve quindi riferirsi solo alle due ipotesi, nelle quali gli atti compiuti dall'ufficiale apparente sarebbero nulli. Essa intende derogare al principi generali per tutelare il vincolo matrimoniale, che ha un rilevante interesse sociale. Peraltro, nello stabilire la validità dell'atto compiuto, la norma pone come condizione la buona fede degli sposi. Questa condizione ha suscitato la preoccupazione di possibili impugnative del matrimonio promosse in mala fede dai coniugi. Ma si è creduto di lasciare immutato il testo del progetto, perché la deroga ai principi non può non avere una portata limitata e, d'altra parte, è giustificata solo nel caso in cui gli sposi ignorino la mancanza della qualità di pubblico ufficiale in colui che ha celebrato il matrimonio. Tale disciplina è conforme a un concetto di ordine generale, comune anche ad altri istituti giuridici, per il quale è richiesta la buona fede per la tutela di colui che entra in rapporti con chi apparentemente si trovi in una determinata posizione giuridica.