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Articolo 22 Testo unico sul pubblico impiego (TUPI)

(D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165)

[Aggiornato al 17/09/2024]

Comitato dei garanti

Dispositivo dell'art. 22 TUPI

1. I provvedimenti di cui all'articolo 21, commi 1 e 1-bis, sono adottati sentito il Comitato dei garanti, i cui componenti, nel rispetto del principio di genere, sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Comitato dura in carica tre anni e l'incarico non è rinnovabile.

2. Il Comitato dei garanti è composto da un consigliere della Corte dei conti, designato dal suo Presidente, e da quattro componenti designati rispettivamente, uno dal Presidente della Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, uno dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, scelto tra un esperto scelto tra soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell'organizzazione amministrativa e del lavoro pubblico, e due scelti tra dirigenti di uffici dirigenziali generali di cui almeno uno appartenente agli Organismi indipendenti di valutazione, estratti a sorte fra coloro che hanno presentato la propria candidatura. I componenti sono collocati fuori ruolo e il posto corrispondente nella dotazione organica dell'amministrazione di appartenenza è reso indisponibile per tutta la durata del mandato. Per la partecipazione al Comitato non è prevista la corresponsione di emolumenti o rimborsi spese.

3. Il parere del Comitato dei garanti viene reso entro il termine di quarantacinque giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere.

Massime relative all'art. 22 TUPI

Cass. civ. n. 1478/2015

In materia di dirigenza pubblica, quando si procede all'irrogazione di una sanzione disciplinare non assume rilievo il parere del Comitato dei garanti, che, ai sensi dell'art. 22 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, riguarda solo i casi di responsabilità dirigenziale e, comunque, non può mai operare in danno del lavoratore, esonerando il datore di lavoro dalle valutazioni di sua competenza.

Cass. civ. n. 8329/2010

In tema di dirigenza pubblica, il previo conforme parere del Comitato dei Garanti, previsto dagli artt. 21 e 22 del D.Lgs. n. 165 del 2001 per il personale statale, estensibile anche alle pubbliche amministrazioni non statali in forza della norma di adeguamento di cui all'art. 27, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, riguarda le sole ipotesi di responsabilità gestionale per il mancato raggiungimento degli obbiettivi nell'attività amministrativa e grave inosservanza delle direttive impartite dall'organo competente a ciò preposto e non anche le condotte realizzate in violazione di singoli doveri, restando salva l'applicabilità della disposizione nei casi in cui vi sia un indissolubile intreccio tra tale tipo di responsabilità e quella disciplinare. Ne consegue che, ove siano contestate mancanze di rilevanza esclusivamente disciplinare, la sanzione può legittimamente essere irrogata anche in assenza di detto parere ovvero con parere negativo.

Cass. civ. n. 3929/2007

Nel caso di contestazione del mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero dell'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente di una P.A. (nella specie rivestente il ruolo di Comandante della Polizia Municipale), il potere di intimazione del licenziamento, da parte dell'ente datore di lavoro, per giusta causa è condizionato, costituendone un indefettibile presupposto, dall'emissione del parere obbligatorio e vincolante del Comitato dei Garanti, previsto dall'art. 21 D.Lgs. n. 29/1993, come sostituito dall'art. 14 D.Lgs. n. 80/1998 (successivamente recepito nell'art. 22 D.Lgs. n. 165/2001) in funzione di garanzia ed a tutela del lavoratore contro la discrezionalità assoluta degli organi politici. Conseguentemente, mancando tale presupposto deve ritenersi che il provvedimento di licenziamento risulti (come nella fattispecie) adottato in carenza di potere, donde la sua nullità e inefficacia con la correlata prosecuzione "de iure" del rapporto di lavoro dirigenziale e il derivante obbligo, in capo all'ente datore di lavoro, di corrispondere, sino all'effettiva reintegrazione del dipendente, le retribuzioni dovute sia in relazione al rapporto di impiego che in ordine all'incarico dirigenziale (queste ultime, ovviamente, sino all'originaria scadenza dell'incarico stesso).

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