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Articolo 113 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS)

(R.D. 18 giugno 1931, n. 773)

[Aggiornato al 01/11/2024]

Dispositivo dell'art. 113 TULPS

(1)Salvo quanto è disposto per la stampa periodica e per la materia ecclesiastica(2), è vietato, senza licenza dell'autorità locale di pubblica sicurezza, distribuire o mettere in circolazione, in luogo pubblico o aperto al pubblico scritti o disegni(3).

E' altresì vietato, senza la predetta licenza, in luogo pubblico, o aperto o esposto al pubblico, affiggere scritti o disegni, o fare uso di mezzi luminosi o acustici per comunicazione al pubblico, o comunque collocare iscrizioni anche se lapidarie(3).

I predetti divieti non si applicano agli scritti o disegni delle autorità e delle pubbliche amministrazioni, a quelli relativi a materie elettorali, durante il periodo elettorale, e a quelli relativi a vendite o locazioni di fondi rustici o urbani o a vendite all'incanto(3).

La licenza è necessaria anche per affiggere giornali, ovvero estratti o sommari di essi(3).

Le affissioni non possono farsi fuori dai luoghi destinati dall'autorità competente.

La concessione della licenza prevista da questo articolo non è subordinata alle condizioni stabilite dall'art. 11, salva sempre la facoltà dell'autorità locale di pubblica sicurezza di negarla alle persone che ritenga capaci di abusarne. Essa non può essere data alle persone sfornite di carta di identità(3).

Gli avvisi, i manifesti, i giornali e gli estratti sommari di essi, affissi senza licenza, sono tolti a cura dell'autorità di pubblica sicurezza(3).

Note

(1) Vedi, anche, l'art. 663, Codice penale del 1930 sulla vendita, distribuzione o affissione abusiva di scritti o disegni e la L. 23 gennaio 1941, n. 166 (G.U. 3 aprile 1941, n. 80), recante norme integrative della disciplina delle pubbliche affissioni. Vedi, inoltre, la L. 12 dicembre 1960, n. 1591.
(2) Vedi, anche, per quanto concerne la repressione della circolazione di pubblicazioni oscene il R.D. 25 marzo 1911, n. 855.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 5 giugno 1956, n. 1 (G.U. 14 giugno 1956, n. 146), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nei commi primo, secondo, terzo, quarto, sesto e settimo del presente articolo, per la violazione delle quali la sanzione penale è prevista dall'art. 663 codice penale, come modificato dall'art. 2, D.Lgs.C.p.s. 8 novembre 1947, n. 1382.

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