AUTORE:
Mariagrazia Lamura
ANNO ACCADEMICO: 2020
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e Cremona
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La tesi affronta le problematiche emerse in materia di reati ambientali, muovendo da una preliminare analisi in ordine alle riforme intervenute in tale ambito in Italia, con particolare attenzione alle fattispecie dei c.d. eco-reati introdotti con la L. n°68/2015.
La ricerca offre spunti di riflessione relativamente all’introduzione della responsabilità dell’ente nel settore ambientale. Parimenti articolata l’individuazione dei requisiti necessari affinché i modelli di organizzazione, gestione e controllo adottati dagli enti risultino idonei ed efficaci in un’ottica di prevenzione della commissione delle fattispecie a tutela dell’ambiente.
È il D.lgs. 231/2001 a prevedere che le persone giuridiche debbano adoperarsi in questo senso. Tale intervento legislativo avrebbe dovuto ricomprendere la responsabilità degli enti anche per i reati in materia ambientale, ma non fu così poiché le possibili difficoltà che le imprese avrebbero dovuto affrontare hanno indotto il legislatore a discostarsi dall’introdurre i reati ambientali nel catalogo delle fattispecie generatrici della responsabilità da reato degli enti.
L’occasione per superare l’impasse l’ha creata la necessità di rispondere agli obblighi comunitari, derivanti dalle direttive 2008/99 CE, sulla tutela penale dell’ambiente, giungendo così all’emanazione del D.lgs. 121/2011, che si è distaccato dai precetti di derivazione europea.
Il legislatore italiano, infatti, anziché seguire le indicazioni comunitarie volte a costruire la responsabilità dell’ente attorno ad una serie di reati dichiaratamente di danno e pericolo concreto, puniti qualora commessi con intenzione o colpa grave, ha riproposto il sistema delineato dal codice dell’ambiente italiano, costruito in gran parte su fattispecie di natura formale e a pericolo astratto. L’analisi proseguirà tenendo presente che, affinché la responsabilità dell’ente sorga, occorre che il reato presupposto sia riconducibile all’ente sotto un duplice aspetto: oggettivo e soggettivo.
Per quanto attiene al primo aspetto, l’art. 5 del D.lgs. 231/2001 stabilendo il presupposto di imputazione, prevede che il reato, commesso da determinati soggetti (cosiddetti apicali), comporti la responsabilità di quest’ultima solamente ove sia commesso nel suo interesse o a suo vantaggio. Circa il profilo soggettivo, gli artt. 5, 6 e 7 del D.lgs. 231/2001 individuano le qualifiche delle persone legate a vario titolo all’ente, distinte nelle due fondamentali categorie di soggetti in posizione apicale e soggetti sottoposti all’altrui direzione, statuendo in tal modo che, oltre all’interesse o vantaggio dell’ente, è necessario che sussista un rapporto qualificato tra societas e autore del reato. L’elaborato proseguirà con l’analisi della legislazione americana in materia penale ambientale e della relativa casistica più famosa in giurisprudenza: disastri di Love Canal e della Valley of Drums. Il capitolo secondo si concentrerà su di un provvedimento in particolare: The Comprehensive Environmental Response, Compensation, and Liability Act, emanato dal Congresso nel 1980. Questa legge ha creato una tassa sulle industrie chimiche e petrolifere e ha fornito un'ampia autorità federale per rispondere direttamente a rilasci o minacce di rilasci di sostanze pericolose che potrebbero mettere in pericolo la salute pubblica o l'ambiente. In relazione alla legislazione americana ed alla casistica sarà attuato un confronto tra questa e la disciplina italiana, provando ad individuare analogie e differenze tra queste e precisando il diverso approccio al concetto di “disastro ambientale”.
Per quanto riguarda i casi di disastro innominato di matrice italiana, invece, saranno analizzati i casi di Bussi sul Tirino, Porto Marghera ed il caso Eternit, cercando di comprendere quali siano gli ostacoli che in sede processuale vengono incontrati dal giudice, in particolare nell’accertamento del nesso causale tra condotta posta in essere ed evento lesivo.
In conclusione, nell’ultimo capitolo, ci si soffermerà sulla possibilità che si possano raggiungere cambiamenti all’interno della disciplina italiana, cominciando da una più precisa individuazione del ruolo dell’ente nella prevenzione del reato, comprendendo quali siano quei fattori dai quali l’identificazione di questo ruolo non può prescindere.
Il contenuto dell’elaborato, nel terzo ed ultimo capitolo, mette in luce aspetti problematici che il nostro legislatore ha finora mancato di risolvere ed in virtù dei quali, in sede processuale, viene meno la concretizzazione di quella logica premiale di cui si caratterizza il D.lgs.231/2001 in materia di responsabilità dell’ente per gli illeciti amministrativi derivanti da reato. L'analisi continua senza mai distogliere lo sguardo dalla disciplina statunitense in merito a questo aspetto della materia, siccome sui cd. compliace programs dell’ordinamento giuridico nord-americano si fondano i contenuti del modello di organizzazione e gestione dell’ente così come stabilito nel D.lgs citato.
La ricerca offre spunti di riflessione relativamente all’introduzione della responsabilità dell’ente nel settore ambientale. Parimenti articolata l’individuazione dei requisiti necessari affinché i modelli di organizzazione, gestione e controllo adottati dagli enti risultino idonei ed efficaci in un’ottica di prevenzione della commissione delle fattispecie a tutela dell’ambiente.
È il D.lgs. 231/2001 a prevedere che le persone giuridiche debbano adoperarsi in questo senso. Tale intervento legislativo avrebbe dovuto ricomprendere la responsabilità degli enti anche per i reati in materia ambientale, ma non fu così poiché le possibili difficoltà che le imprese avrebbero dovuto affrontare hanno indotto il legislatore a discostarsi dall’introdurre i reati ambientali nel catalogo delle fattispecie generatrici della responsabilità da reato degli enti.
L’occasione per superare l’impasse l’ha creata la necessità di rispondere agli obblighi comunitari, derivanti dalle direttive 2008/99 CE, sulla tutela penale dell’ambiente, giungendo così all’emanazione del D.lgs. 121/2011, che si è distaccato dai precetti di derivazione europea.
Il legislatore italiano, infatti, anziché seguire le indicazioni comunitarie volte a costruire la responsabilità dell’ente attorno ad una serie di reati dichiaratamente di danno e pericolo concreto, puniti qualora commessi con intenzione o colpa grave, ha riproposto il sistema delineato dal codice dell’ambiente italiano, costruito in gran parte su fattispecie di natura formale e a pericolo astratto. L’analisi proseguirà tenendo presente che, affinché la responsabilità dell’ente sorga, occorre che il reato presupposto sia riconducibile all’ente sotto un duplice aspetto: oggettivo e soggettivo.
Per quanto attiene al primo aspetto, l’art. 5 del D.lgs. 231/2001 stabilendo il presupposto di imputazione, prevede che il reato, commesso da determinati soggetti (cosiddetti apicali), comporti la responsabilità di quest’ultima solamente ove sia commesso nel suo interesse o a suo vantaggio. Circa il profilo soggettivo, gli artt. 5, 6 e 7 del D.lgs. 231/2001 individuano le qualifiche delle persone legate a vario titolo all’ente, distinte nelle due fondamentali categorie di soggetti in posizione apicale e soggetti sottoposti all’altrui direzione, statuendo in tal modo che, oltre all’interesse o vantaggio dell’ente, è necessario che sussista un rapporto qualificato tra societas e autore del reato. L’elaborato proseguirà con l’analisi della legislazione americana in materia penale ambientale e della relativa casistica più famosa in giurisprudenza: disastri di Love Canal e della Valley of Drums. Il capitolo secondo si concentrerà su di un provvedimento in particolare: The Comprehensive Environmental Response, Compensation, and Liability Act, emanato dal Congresso nel 1980. Questa legge ha creato una tassa sulle industrie chimiche e petrolifere e ha fornito un'ampia autorità federale per rispondere direttamente a rilasci o minacce di rilasci di sostanze pericolose che potrebbero mettere in pericolo la salute pubblica o l'ambiente. In relazione alla legislazione americana ed alla casistica sarà attuato un confronto tra questa e la disciplina italiana, provando ad individuare analogie e differenze tra queste e precisando il diverso approccio al concetto di “disastro ambientale”.
Per quanto riguarda i casi di disastro innominato di matrice italiana, invece, saranno analizzati i casi di Bussi sul Tirino, Porto Marghera ed il caso Eternit, cercando di comprendere quali siano gli ostacoli che in sede processuale vengono incontrati dal giudice, in particolare nell’accertamento del nesso causale tra condotta posta in essere ed evento lesivo.
In conclusione, nell’ultimo capitolo, ci si soffermerà sulla possibilità che si possano raggiungere cambiamenti all’interno della disciplina italiana, cominciando da una più precisa individuazione del ruolo dell’ente nella prevenzione del reato, comprendendo quali siano quei fattori dai quali l’identificazione di questo ruolo non può prescindere.
Il contenuto dell’elaborato, nel terzo ed ultimo capitolo, mette in luce aspetti problematici che il nostro legislatore ha finora mancato di risolvere ed in virtù dei quali, in sede processuale, viene meno la concretizzazione di quella logica premiale di cui si caratterizza il D.lgs.231/2001 in materia di responsabilità dell’ente per gli illeciti amministrativi derivanti da reato. L'analisi continua senza mai distogliere lo sguardo dalla disciplina statunitense in merito a questo aspetto della materia, siccome sui cd. compliace programs dell’ordinamento giuridico nord-americano si fondano i contenuti del modello di organizzazione e gestione dell’ente così come stabilito nel D.lgs citato.