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Diritto penale -

Il delitto di "atti persecutori": l'evoluzione del reato tra criticitą e prospettive

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2023
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Teramo
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Nihil sub sole novi”, locuzione latina fortemente icastica che sottolinea come il fenomeno criminale dello stalking sia stato riscontrato sul piano statistico in tempi remoti e solo in tempi relativamente recenti, invece, è entrato nel mirino di studiosi di psicologia e sociologia in primis e, successivamente, dei giuristi.
L’obbiettivo del legislatore, con l’introduzione del reato de quo, è stato quello di evitare le delicate operazioni di ortopedia giuridica finalizzate ad adattare disposizioni penali, nate per differenti finalità e per fronteggiare fenomeni solo parzialmente analoghi, a condotte che - per numero e qualità - si sono manifestate con particolare evidenza.
A volte avviene che comportamenti particolari non trovino specifica collocazione nel diritto penale, come autonoma e precipua fattispecie criminosa, di talché vengono fatti rientrare, di volta in volta, in fattispecie diverse, che non sempre sembrano adeguate a disciplinare a pieno il fenomeno. Di conseguenza, si postula il conio, da parte del legislatore, di una specifica norma incriminatrice, che li contempli.
In anni più recenti, il legislatore, volendo colmare un vuoto di tutela verso i comportamenti persecutori, assillanti e invasivi della vita altrui, di cui sono vittime soprattutto, ma non esclusivamente, le donne, ha introdotto nel Codice Penale l’art. 612 bis, il quale prevede un’autonoma e più grave fattispecie di reato, in linea con quanto previsto da numerosi ordinamenti stranieri e con quanto ora è stabilito, quale obbligo convenzionale per lo Stato, da strumenti internazionali e, segnatamente, dall’art. 34 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica di Istanbul, ratificata e resa esecutiva in Italia la legge 27 giugno 2013, n. 77.
La fitta trama del diritto penale è intessuta nelle sue fondamenta di dogmi e di principi imprescindibili. Si tratta di regole primordiali ed irrinunciabili di giustizia, indispensabili affinché qualsiasi sistema penale, laico e democratico, funzioni correttamente. Al centro di questa fitta trama dimora il principio di legalità il cui fondamento è riconducibile alla garanzia dell’individuo di fronte ai rischi di sopraffazione insiti nel meccanismo e nel potere punitivo. Esso si compone di tre fondamentali corollari: il principio di irretroattività, quello di riserva di legge e, infine, il principio di tassatività e determinatezza. Focalizzandoci su questi ultimi, la fattispecie che li rispetta deve essere determinata nei suoi elementi essenziali: solo così si consente ai singoli di conoscere quali condotte sono lecite e quali non lo sono, evitando che i giudici possano usare discrezionalità nell'applicare la legge.
Diversi anni dopo l’introduzione della fattispecie di atti persecutori nell’ordinamento italiano, la Corte costituzionale - con sentenza n. 172 del 2014 - ha definito quelli che sono i confini della condotta punibile ai sensi dell’art. 612-bis. Infatti, era stata sollevata questione di legittimità costituzionale della norma dal Tribunale di Trapani, per supposta violazione dell’art. 25 comma 2 della Costituzione. In particolare, il giudice rimettente riteneva che l’impugnata norma incriminatrice non definisse in modo «sufficientemente determinato il minimum della condotta intrusiva temporalmente necessaria e sufficiente affinché potesse dirsi integrata la persecuzione penalmente rilevante». Inoltre, neppure risultava sufficientemente determinato cosa dovesse intendersi per perdurante e grave stato di ansia o di paura, così come in alcun modo definiti sarebbero stati i criteri per stabilire quando il timore dovesse essere considerato «fondato». Estremamente ampio ed eccessivamente elastico sarebbe stato poi il concetto di «abitudini di vita», di cui il legislatore non avrebbe perciò sufficientemente individuato i confini.
Di primaria importanza l’intervento della giurisprudenza di legittimità, la quale ha tentato di fornire una soluzione a quei dubbi che ancor oggi suscitano non poche perplessità. Dubbi che nascono a causa della natura polimorfica della fattispecie de qua e della formulazione, come evidenziato, elastica della fattispecie. Essa abbraccia un ampio ventaglio di situazioni: sebbene sia usuale associare lo stalking all’amore non corrisposto, come se i sentimenti e le passioni fossero le sole cause scatenanti del comportamento perverso, la realtà è più complessa. Tale comportamento abbraccia un’eterogenea gamma di relazioni interpersonali: coinvolge anche coloro i quali condividono uno stesso ambito lavorativo, o coloro che instaurano rapporti di vicinato in un contesto abitativo, condominiale, fino a coinvolgere quegli individui che addirittura non hanno mai stretto alcun tipo di legame, risultando lo stalker, in quest’ultima circostanza, totalmente estraneo alla vittima: come, ad esempio, nel caso dello star-stalking.
Il fenomeno de quo indossa le più svariate maschere in base a quali attori recitano e a quali palcoscenici questi calcano.

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