AUTORE:
Riccardo De Alberti
ANNO ACCADEMICO: 2023
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Milano
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il presente elaborato è dedicato all’analisi della tematica delle concessioni demaniali marittime, con particolare riferimento a quelle a scopo “turistico- ricreativo” (c.d. “concessioni balneari”).
Si è scelto di trattare questo tema, oltre che per l’interesse personale che ha da sempre suscitato in chi scrive il peculiare regime della concessione amministrativa, anche per la sua l’attualità. È noto, infatti, che la tematica, soprattutto negli ultimi tempi, è al centro di un vivace dibattito politico e mediatico, ma è anche di grande interesse dal punto di vista giuridico, per i numerosi ambiti coinvolti.
Il sistema italiano delle concessioni di beni demaniali marittimi trova la sua principale fonte normativa nel Codice della navigazione del 1942, che ha garantito una certa stabilità alla materia per più di cinquant’anni. Tuttavia, l’intervento di due fattori ha interrotto questo equilibrio per aprire una stagione di instabilità che è tutt’ora in corso. Si tratta innanzitutto della “svolta autonomistica” inaugurata con legge costituzionale n. 3/2001 - che ha riformato il titolo V della Costituzione dando l’avvio ad un processo di decentramento legislativo ed amministrativo – e, specialmente, dell’influenza del diritto dell’Unione europea, che si è manifestata tramite i suoi principi super liberisti.
Senza trascurare il primo di questi due fattori, il presente contributo ruoterà essenzialmente intorno al rapporto intercorrente tra i principi pro-concorrenziali dell’Unione europea e le norme interne che disciplinano il rapporto di concessione, con particolare riferimento al momento della sua assegnazione. Questo perché proprio la procedura di assegnazione è stata contestata dalle istituzioni europee, inizialmente con riferimento all’articolo 37 del cod. nav. (ora abrogato) il quale, prevedendo al comma secondo che fosse “data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze”, secondo la Commissione europea era colpevole di configurare “restrizioni alla libertà di stabilimento” comportando, in particolare, “discriminazioni in base al luogo di stabilimento” .
Concentrandosi inizialmente sul diritto di insistenza, la Commissione trascurò un altro “pericoloso” meccanismo già in essere nell’ordinamento italiano, ossia quello contemplato all’art. 1 comma 2 del D.L. 400/1993 come riformulato dall’art. 10 della L. 88/2001, che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni alla loro scadenza. Tuttavia, quando il legislatore italiano provvide - pressoché immediatamente - all’abrogazione dell’articolo in esame, con la promessa di una riforma del settore da attuarsi in conformità con i principi europei, dispose contestualmente la proroga delle concessioni in essere, rendendo questa volta edotte le istituzioni europee delle pericolosità dei meccanismi di rinnovo, che andavano a contrastare, oltre che con le norme del TFUE in materia di libertà di stabilimento, anche con l’articolo 12 della "direttiva servizi" (direttiva 123/2006 CE).
Da questo momento si sono susseguiti tutta una serie di avvenimenti, dei quali si è reso protagonista il nostro legislatore, che non hanno fatto altro che porre i riflettori sul nostro Paese, nonostante altri Stati europei versassero in una situazione, per certi versi, assimilabile a quella nazionale.
Si è trattato di un vero e proprio caos normativo, che ha determinato delle situazioni di grave incertezza non solo nei riguardi dei concessionari, ma anche per la pubblica amministrazione, portando a situazioni di conflitto, che sono sfociate in giudizi con esiti non sempre convergenti.
Si è scelto di trattare questo tema, oltre che per l’interesse personale che ha da sempre suscitato in chi scrive il peculiare regime della concessione amministrativa, anche per la sua l’attualità. È noto, infatti, che la tematica, soprattutto negli ultimi tempi, è al centro di un vivace dibattito politico e mediatico, ma è anche di grande interesse dal punto di vista giuridico, per i numerosi ambiti coinvolti.
Il sistema italiano delle concessioni di beni demaniali marittimi trova la sua principale fonte normativa nel Codice della navigazione del 1942, che ha garantito una certa stabilità alla materia per più di cinquant’anni. Tuttavia, l’intervento di due fattori ha interrotto questo equilibrio per aprire una stagione di instabilità che è tutt’ora in corso. Si tratta innanzitutto della “svolta autonomistica” inaugurata con legge costituzionale n. 3/2001 - che ha riformato il titolo V della Costituzione dando l’avvio ad un processo di decentramento legislativo ed amministrativo – e, specialmente, dell’influenza del diritto dell’Unione europea, che si è manifestata tramite i suoi principi super liberisti.
Senza trascurare il primo di questi due fattori, il presente contributo ruoterà essenzialmente intorno al rapporto intercorrente tra i principi pro-concorrenziali dell’Unione europea e le norme interne che disciplinano il rapporto di concessione, con particolare riferimento al momento della sua assegnazione. Questo perché proprio la procedura di assegnazione è stata contestata dalle istituzioni europee, inizialmente con riferimento all’articolo 37 del cod. nav. (ora abrogato) il quale, prevedendo al comma secondo che fosse “data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze”, secondo la Commissione europea era colpevole di configurare “restrizioni alla libertà di stabilimento” comportando, in particolare, “discriminazioni in base al luogo di stabilimento” .
Concentrandosi inizialmente sul diritto di insistenza, la Commissione trascurò un altro “pericoloso” meccanismo già in essere nell’ordinamento italiano, ossia quello contemplato all’art. 1 comma 2 del D.L. 400/1993 come riformulato dall’art. 10 della L. 88/2001, che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni alla loro scadenza. Tuttavia, quando il legislatore italiano provvide - pressoché immediatamente - all’abrogazione dell’articolo in esame, con la promessa di una riforma del settore da attuarsi in conformità con i principi europei, dispose contestualmente la proroga delle concessioni in essere, rendendo questa volta edotte le istituzioni europee delle pericolosità dei meccanismi di rinnovo, che andavano a contrastare, oltre che con le norme del TFUE in materia di libertà di stabilimento, anche con l’articolo 12 della "direttiva servizi" (direttiva 123/2006 CE).
Da questo momento si sono susseguiti tutta una serie di avvenimenti, dei quali si è reso protagonista il nostro legislatore, che non hanno fatto altro che porre i riflettori sul nostro Paese, nonostante altri Stati europei versassero in una situazione, per certi versi, assimilabile a quella nazionale.
Si è trattato di un vero e proprio caos normativo, che ha determinato delle situazioni di grave incertezza non solo nei riguardi dei concessionari, ma anche per la pubblica amministrazione, portando a situazioni di conflitto, che sono sfociate in giudizi con esiti non sempre convergenti.