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Diritto dell'unione europea -

Brevetti Essenziali e standard. Profili del diritto della concorrenza

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2020
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Teramo
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
I diritti di proprietà intellettuale sono il campo giuridico in cui gli interessi proprietari e pro-concorrenziali sono in costante tensione. Essendo una tipologia di diritti derivanti dall’invenzione, il soggetto proprietario ha sia l’esigenza di vedersi riconosciuti gli sforzi compiuti nel processo di ricerca e sviluppo, sia la necessità che la sua invenzione venga tutelata.
Il processo di R&D comporta ingente impiego di capitali ed è caratterizzato da un’alea circa il risultato finale: non è sempre detto che l’invenzione ottenuta sia meritevole di tutela. Per cui il soggetto che intende sviluppare una nuova tecnologia, solo se il prodotto della ricerca avrà i requisiti per essere considerato un’invenzione, potrà vedersi riconosciuto quel patrimonio giuridico di diritti che gli permettono di sfruttare economicamente l’invenzione e attribuirgli i diritti di paternità dell’invenzione. Lo strumento con cui si riescono a realizzare questi scopi è il brevetto. Tuttavia i DPI hanno uno scopo ulteriore: permettere lo sviluppo tecnologico consentendo a soggetti nuovi e/o già presenti nel mercato, di avere accesso ai nuovi trovati tecnologici, evitando di creare barriere o monopoli attraverso o nel mercato di determinata tecnologia. Per cui non è raro che tali diritti entrino in contrasto con le norme antitrust: visto che lo scopo di queste è tutelare mercato e consumatori, considerato pure i DPI sono per natura intrinseca anti-concorrenziali (si pensi, ad esempio, allo ius exludendi).
Un mezzo che permette di “risolvere” il naturale contrasto antitrust/DPI, è rintracciabile nei processi di standardizzazione. Uno standard tecnologico è un insieme di specifiche tecniche, contenute in innumerevoli brevetti selezionati allo scopo individuato di volta in volta, necessarie per migliorare l’interoperabilità e la connessione fra dispositivi e servizi; con la standardizzazione, brevetti ritenuti essenziali vengono incorporati nello standard reso disponibile a tutti gli implementer che abbiano la necessità di rendere i propri prodotti e servizi al passo con gli sviluppi tecnologici e di restare competitivi. Il mezzo con cui si permette questo scambio sono le licenze, con cui il titolare si vede riconosciuto il diritto ad una compensazione economica sotto forma di fees o royalties per l’uso della tecnologia e l’implementer può sfruttare liberamente la tecnologia entro i limiti di quanto stabilito con la licenza.
Con l’accelerazione tecnologica e l’ingigantimento della portata della standardizzazione, si è assistito a fenomeni di crescente tensione nel campo della concorrenza. Se da un lato, la standardizzazione dovrebbe consentire l’accesso allo standard agli operatori del mercato qualificati che ne facciano richiesta, dall’altro spesso i titolari di standard essential patents cercano di fare leva sul potere di mercato che tali brevetti possono conferirgli per distorcere a loro interesse la concorrenza, tramite comportamenti abusivi contrari alle norme antitrust. Tutt’oggi manca un intervento legislativo in qualsivoglia ordinamento che stabilisca come la materia antitrust vada rapportata a quella della standardizzazione: le corti locali e sovrastatali sono state la sede principale in cui far fiorire la disciplina, senza considerare che all’interno del panorama europeo, tolti rare e timidi interventi della Commissione europea e della Corte di Giustizia, di seguito smentiti dall’una e dall’altra istituzione, si sono sviluppati alcuni filoni giurisprudenziali all’interno di alcuni Stati Membri capaci di aggirare anche le deboli linee guida fornite di volta in volta dalla Commissione e i principi eccessivamente generali elaborati dalla Corte. La Commissione e la Corte hanno più volte cercato di fornire un quadro generale entro cui parametrare le forme di abuso che possono derivare dal possesso di SEP e dagli accordi di licenza con cui vengono licenziati tali brevetti, tuttavia, non si è mai andati oltre all’inquadramento ex art. 101 TFUE, e successivamente art. 102 TFUE, quando ci si è resi conto che la fattispecie degli accordi vietati fra imprese non era una forma di tutela appropriata al fenomeno divenuto via via più complesso con l’uso delle licenze FRAND (Fair, Reasonable and Non-Discriminatory).
Il presente lavoro cercherà di ricostruire quella che è stata l’evoluzione del sistema dei brevetti SE, analizzando le licenze FRAND e la complessità con cui queste si pongono nei confronti della tenuta del tradizionale sistema antitrust, provando, senza alcuna presunzione, a costruire una soluzione appropriata, ben tenendo a mente che essendo una materia fluida in costante evoluzione occorre una soluzione che per funzionare allo scopo sia dotata di ampi margini di flessibilità perché sempre più spesso ci si sta rendendo conto della necessità di una disciplina a sé stante.

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