Linee guida e buone pratiche
L’art. 5 disciplina le modalità con le quali gli esercenti le professioni sanitarie devono eseguire le prestazioni loro richieste. Si tratta di un aspetto di fondamentale rilevanza per ciò che concerne, in particolare, la responsabilità penale degli esercenti la professione sanitaria. Al primo comma viene affermato il principio per cui gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie, si devono attenere alle raccomandazioni indicate dalle linee guida elaborate da enti e istituzioni pubbliche e private, dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, le quali devono essere iscritte in un apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della Salute, che va aggiornato con cadenza biennale. In assenza di queste raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si devono comunque attenere alle buone pratiche clinico-assistenziali.
Nel precedente decreto Balduzzi, l’art. 3 comma 1 prevedeva:
“L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”. Questo comma è stato espressamente abrogato dal comma 2 dell’art.
6 della legge Gelli.
Mentre, nel decreto Balduzzi, i due riferimenti alle “linee guida” ed alle “buone pratiche” erano individuati sommariamente e posti sullo stesso piano, nell’articolo 5 della legge Gelli viene espressamente stabilito che alle buone pratiche bisogna attenersi solo “in mancanza” delle linee guida.
Le linee guida sono raccomandazioni di comportamento elaborate attraverso un processo sistematico di valutazione delle prove presenti nella letteratura scientifica allo scopo di assistere il professionista sanitario nella decisione delle modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche. Nell’art. 5 non si fornisce una definizione di linee guida, ma viene previsto un meccanismo organizzativo e procedurale molto analitico per la loro elaborazione e per il loro aggiornamento. Le linee guida finora elaborate delle società scientifiche saranno progressivamente sostituite dalle corrispondenti linee guida elaborate secondo le procedure della legge Gelli ma, finché ciò non avverrà, continueranno ad essere riferimento per l’attività professionale, purché rispondenti ai sopracitati criteri.
L’art. 5 indica quali soggetti hanno la titolarità ad emanare le linee guida e qual è il loro regime di pubblicità. Con la legge Gelli sparisce il generico riferimento alla “comunità scientifica” quale soggetto accreditante delle linee guida, che era invece presente nel precedente decreto Balduzzi, e viene creato un sistema di accreditamento delle società scientifiche e un regime di pubblicità certificato.
La titolarità a elaborare linee guida spetta ora a:
a) enti e istituzioni pubbliche e private;
b) società scientifiche (prevalentemente mediche);
c) associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie.
Più complesso risulta, invece, definire il concetto di buona pratica: ci si chiede se con tale espressione ci si riferisca a documenti, ad attività concrete, oppure ad entrambi. La legge Gelli innova la formula utilizzata dal decreto Balduzzi e parla di buone pratiche “clinico-assistenziali”, mentre in precedenza si parlava di buone pratiche “accreditate dalla comunità scientifica”. Questa più specifica formulazione è dovuta al fatto che le buone pratiche si possono tra loro distinguere in buone pratiche per la sicurezza e buone pratiche clinico-assistenziali.
Le
“buone pratiche per la sicurezza” possono essere definite come ogni attività, procedura o intervento basato su standard di qualità e sicurezza che, nell’ambito dell’assistenza sanitaria, si sia mostrato in grado di prevenire o alleviare i danni al paziente. Sono buone pratiche per la sicurezza quelle contemplate dall’art.
3 della legge Gelli, nonché le “Raccomandazioni ministeriali”, che consistono in documenti a carattere professionale, formati congiuntamente dal Ministero e da società e associazioni scientifiche, che trattano argomenti di carattere clinico-assistenziale-organizzativo ed hanno l’obiettivo di ridurre i rischi e promuovere l’assunzione di responsabilità da parte degli operatori. Lo stesso vale per i vari documenti regionali, variamente denominati, che perseguono gli obiettivi della sicurezza. Anche le check list della sala operatoria sono da annoverarsi tra le buone pratiche, in quanto finalizzate alla prevenzione degli errori e alla sicurezza sul lavoro. Le linee guida e le buone pratiche per la sicurezza non hanno la stessa cogenza: mentre dalle prime è possibile discostarsi se non risultano adeguate alle specificità del caso concreto, le seconde sono da ritenersi maggiormente vincolanti in quanto sono state pensate proprio per la sicurezza delle cure e non vi sono mai motivi per non attenersene (una buona pratica per la sicurezza è, ad esempio, il lavarsi le mani prima di intraprendere un’operazione chirurgica).
Le “buone pratiche clinico-assistenziali” sono, invece, quelle citate dall’art. 5, caratterizzate dalle finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale. Resta il dubbio se le buone pratiche siano solo quelle trasfuse in protocolli o anche tutte quelle diffuse nella prassi indipendentemente dal loro inserimento in protocolli. Gli interpreti sono maggiormente indotti a ritenere che l’espressione “buone pratiche clinico-assistenziali” debba essere considerata in senso estensivo e quindi ricomprendere sia le prassi professionali orientate alla tutela della salute, basate su prove di evidenza scientifica, che i documenti, comunque denominati (non solo quelli che recano la dicitura “buone pratiche”), purché elaborati con metodologia dichiarata e ricostruibile e basati sempre su evidenze scientifiche.
A proposito delle evidenze scientifiche, lo stesso art. 5 pare esprimere la loro preminenza nella pratica professionale. Sebbene la norma non ne parli espressamente, infatti, l’inciso “salve le specificità del caso concreto” lascia intendere che possa esserci un discostamento dalle linee guida tutte le volte in cui queste non siano adeguate al caso concreto, e questa valutazione è possibile solo sulla base di evidenze scientifiche.
Un altro elemento a favore della preminenza delle evidenze scientifiche è la scelta del legislatore di utilizzare la locuzione “raccomandazioni previste dalle linee guida”, con ciò lasciando supporre che le linee guida abbiano valore di informazione tecnico-scientifica e che siano suscettibili di integrazioni, perfezionamenti e modificazioni in ragione di evidenze scientifiche, pertinenti al caso concreto, intervenute dopo la loro redazione. Alla luce di ciò, pare possibile concludere che, in mancanza di linee guida elaborate secondo le procedure dell’art. 5, tutti gli altri documenti, variamente denominati, possono essere utilmente utilizzati, a condizione che siano coerenti con le evidenze scientifiche.
Iscrizione all’elenco delle società scientifiche
Il comma 2 attribuisce al Ministro della Salute il compito di regolamentare l’iscrizione delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche in un apposito elenco, stabilendo una serie di requisiti che queste devono possedere per farne parte. La disposizione fa riferimento solo ed esclusivamente alle società scientifiche ed alle associazioni tecnico-scientifiche, ma non anche agli altri titolari della produzione di linee guida, ossia gli enti e le istituzioni pubbliche e private; la ragione di tale esclusione non è ben chiara, in quanto non è dato comprendere quali potrebbero essere i criteri di individuazione di questi ultimi.
Sistema nazionale per le linee guida (SNLG)
Il comma 3 stabilisce che le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse vadano integrati nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG), organismo gestito dall’Istituto Superiore di Sanità, disciplinato nei compiti e nelle funzioni con decreto del Ministro della Salute. Dopo aver condotto una verifica della conformità della metodologia adottata a determinati standard - definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto - e della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni, l'Istituto Superiore di Sanità pubblica sul proprio sito internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal SNLG. Questa previsione introduce una novità importante poiché rende accessibili e conoscibili con precisione le indicazioni mediche fornite dalla comunità scientifica.
L'Istituto Superiore di Sanità è quindi chiamato ad intervenire in due fasi, attraverso: I) la definizione e la pubblicazione degli standard di riferimento; II) la verifica e pubblicazione, per ogni singolo documento di raccomandazioni o aggiornamento delle linea guida, sia della conformità della metodologia adottata, che della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate. La legge, dunque, attribuisce all’ISS un compito fondamentale ed alquanto impegnativo che difficilmente potrà essere assolto nell’ambito delle risorse “umane, finanziarie e strumentali” attualmente disponibili.