(massima n. 1)
Anche nel licenziamento che richieda per legge l'esistenza di una giustificazione, una volta accertata l'obiettiva esistenza dei fatti necessari per radicare il potere di recesso, restano irrilevanti eventuali profili di arbitrarietà e irrazionalità dei motivi dell'atto, così come l'esigenza di ipotesi di discriminazione diverse da quelle tipizzate dalla legge, sempreché non sia configurabile un motivo determinante contrario a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume. Infatti, avendo il licenziamento natura giuridica di diritto potestativo — il cui esercizio è volto a realizzare l'interesse del titolare del potere — non è consentito il riferimento alla nozione tecnica di discrezionalità e all'inerente dovere di imparzialità nella ponderazione dei diversi interessi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice di merito aveva rigettato l'impugnativa di licenziamento proposta dal dipendente di un'organizzazione sindacale locale di datori di lavoro, rilevando che la pretesa discriminazione sarebbe stata conseguenza di contrasti con i dirigenti circa i metodi di gestione dell'organizzazione e che comunque il licenziamento trovava oggettiva giustificazione in esigenze di ristrutturazione organica).