(massima n. 1)
Ai fini della determinazione della giusta retribuzione ai sensi dell'art. 36 Costituzione nei confronti di lavoratore dipendente da datore di lavoro non iscritto ad organizzazione sindacale firmataria di contratto collettivo nazionale di lavoro, residente in zona depressa, con potere di acquisto della moneta accertato come superiore alla media nazionale, il giudice del merito può discostarsi dai minimi salariali stabiliti dal contratto collettivo non direttamente applicabile al rapporto, assunto con valore parametrico, accertando che gli effetti della riduzione non comportino risultati di sfruttamento del lavoratore, e, quindi, alla triplice condizione che utilizzi dati statistici ufficiali, o generalmente riconosciuti, sul potere di acquisto della moneta, che tenga conto dell'effetto già di per sé riduttivo della retribuzione contrattuale, insito nel principio del minimo costituzionale, e che, infine, l'eventuale riduzione operata non leda il calcolo legale della contingenza stabilita dalla legge n. 38 del 1986. (Nella specie, la Suprema Corte, in applicazione della massima enunciata, ha annullato la sentenza di merito che, fra l'altro, aveva determinato la retribuzione calcolando il 70 per cento del minimo retributivo «contrattualizzato»).