(massima n. 1)
I trattamenti pensionistici integrativi aziendali hanno natura giuridica di retribuzione differita, ma, in relazione alla loro funzione previdenziale (che spiega la sottrazione alla contribuzione previdenziale dei relativi accantonamenti, disposta — in via di interpretazione autentica dell'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153 — dall'art. 9 bis del D.L. 29 marzo 1991, n. 103, aggiunto dalla legge di conversione 1 giugno 1991, n. 166), sono ascrivibili alla categoria delle erogazioni solo in senso lato in relazione di corrispettività con la prestazione lavorativa. Ne discende la non operatività del criterio di inderogabile proporzionalità alle quantità e qualità del lavoro e, più in genere — con particolare riferimento alle pensioni aggiuntive rispetto al trattamento previdenziale obbligatorio — della garanzia dell'art. 36, primo comma, Cost., in relazione all'art. 2099 c.c., perché in materia il parametro di sufficienza ai fini di un'esistenza libera e dignitosa è rappresentato dai livelli di trattamento assicurati dal secondo comma dell'art. 38 Cost. Conseguentemente l'autonomia privata non subisce, in linea generale, limiti alla determinazione del quantum dovuto e dei presupposti e requisiti di erogazione, né al riguardo è invocabile (tanto più per il carattere contrattuale della disciplina) un principio generale di parità di trattamento nel rapporto di lavoro, e neanche può ritenersi pertinente — con particolare riferimento alla esclusione del trattamento integrativo in caso di svolgimento di determinate attività lavorative — il vincolo di destinazione delle somme allo scopo pensionistico, posto dall'art. 2117 c.c. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice di merito aveva ritenuto legittima la clausola contrattuale collettiva escludente il diritto all'erogazione della pensione integrativa in costanza di prestazione di «servizio per aziende di credito», ed aveva interpretato la clausola stessa nel senso che non poneva un obbligo di non concorrenza ai sensi dell'art. 2125 c.c. ed era riferibile anche a prestazioni lavorative autonome a favore di società di gestione di fondi comuni d'investimento, la cui attività all'epoca era appena agli inizi e successivamente era stata espressamente presa in considerazione).