(massima n. 1)
In caso di sospensione dell'attivitā lavorativa per l'attualitā di una crisi aziendale implicante la possibilitā di intervento della cassa integrazione guadagni, la qualificazione giuridica delle somme corrisposte a titolo di anticipazione della prestazione previdenziale č consentita solo all'esito del procedimento per l'ammissione al trattamento di integrazione salariale, e in caso di mancato accoglimento della richiesta di intervento della C.I.G., tali importi costituiscono solo una parte della retribuzione, al cui pagamento il datore di lavoro continua ad essere interamente obbligato in base alla disciplina generale delle obbligazioni e dei contratti con prestazioni corrispettive, trovandosi in una situazione di "mora credendi" rispetto ad una sospensione unilateralmente da lui disposta, in difetto del relativo potere. Conseguentemente, la persistenza dell'obbligo retributivo in capo al datore di lavoro in caso di sospensione dell'attivitā lavorativa non seguita da intervento della c.i.g. comporta necessariamente l'assoggettamento a contribuzione previdenziale e assicurativa delle somme che risultano corrisposte a titolo di anticipazione dell'integrazione salariale, ma sono da imputare definitivamente alla retribuzione contrattualmente dovuta.(In applicazione di tale principio la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che dette somme potessero essere qualificate come atti di liberalitā, ai sensi dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969, per il solo fatto che fossero state oggetto di accordo transattivo).