(massima n. 1)
Il matrimonio celebrato all'estero tra cittadini italiani e tra italiani e stranieri, secondo le forme previste dalla legge straniera, ha immediata validità nel nostro ordinamento, e, quantunque sia stato contratto — in violazione dell'art. 86 c.c. — da chi non aveva libertà di stato, è destinato a produrre effetti finché non sia impugnato da uno dei soggetti legittimati (tra cui anche il pubblico ministero) e non sia emessa la pronuncia del giudice di nullità. Ne consegue che — stante il divieto di espulsione previsto dall'art. 19, lett. c) del D.L.vo n. 286 del 1998 per gli stranieri conviventi con il coniuge di nazionalità italiana — è illegittimo il provvedimento di espulsione nei confronti della cittadina straniera coniugata, a seguito di matrimonio contratto all'estero, con cittadino, italiano, benché quest'ultimo fosse vincolato da un matrimonio precedente, non potendo il matrimonio celebrato all'estero considerarsi immediatamente privo di effetti dall'autorità amministrativa finché non sia intervenuta una sentenza del giudice competente a decidere, con efficacia di giudicato, della nullità del matrimonio.